Pochi in Italia sanno che la più grande raffineria del mediterraneo come sito singolo è in Sardegna, capace di raffinare circa 300k bbl /giorno di petrolio equivalente (circa il 20% del fabbisogno italiano). Ed è di proprietà italiana.
Una manna di questi periodi. Anche per il Paese, che anche grazie a Saras può contare – si immagina – su volumi di petrolio raffinato, ossia di Diesel, utilissimi da qui a dicembre/marzo prossimo. A maggior ragione rilevando, dal sito della società, che la Saras sembrerebbe poter fare a meno del petrolio russo!
Il problema, forse, può essere la relativamente ardua comprensione per cui i raffinatori stranieri, sul lungo termine, abbiano generato montagne di utile negli ultimi 10 anni, mentre Saras tutto sommato molto meno. Sarà per inefficienza italica, chissà (noi non lo pensiamo), sarà per il vizietto tutto italiano di privatizzare i profitti e socializzare le perdite, alias il lombardo Don Rodrigo prestato alla ipotetica Bocconi, non so dirvi (ritengo di no).
Sta di fatto che coi margini di raffinazione ai massimi storici sembra inspiegabile oggi un prezzo di borsa così depresso (Saras è quotata).
Conti della serva sembrano infatti indicare che durante il 2022, continuando il trend in atto, Saras rischia di fare un EBITDA complessivo ben superiore alla sua capitalizzazione di borsa, visti i margini di raffinazione anche vicini 20 usd/bbl attuali, rispetto a valori storici poco sopra lo zero, come si evince dal sito aziendale.
Anzi, se i margini delle ultime settimane verranno confermati, il rischio è che l’EBIT complessivo, un un anno a partire dal 1.4.2022, fino al 31.1.2023, sia superiore alla capitalizzazione di borsa (…).
Ovvero, tralasciando i i tecnicismi, una proiezione sulla base di multipli di settore come P/E sembrerebbe indicare un potenziale di rivalutazione dire incredibile da commentare, a seconda dei metri di misura adottati (…).
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Resta il fatto che l’obiettivo di questo intervento non e’ tanto stigmatizzare asimmetrie borsistiche o altre facezie finanziarie, men che meno consigliare alcunche’ (Dio c’è ne scampi!). Ma piuttosto dare un barlume di speranza agli italiani nel momento più buio parlando di sostanza, di realtà, di asset, di aziende. E NON della solita carta-finanza tanto cara agli speculatori.
Va infatti notato che, come in tutti gli eccessi, anche la guerra in Ucraina – con relative sanzioni – stia facendo disastri in molti ambiti; ma in altri genera profitti spettacolari. Ad esempio in quello della raffinazione, se si ha la fortuna di non aver “tarato” la propria struttura sui greggi russi (Saras sembra essere stata particolarmente “brava”, ndr).
Infatti avere in casa, come paese Italia, il primo raffinatore del Mediterraneo e’ una fortuna che gli italiani devono tenere da conto.
Devono infatti essere consci di avere, a maggior ragione essendo un titolo quotato in borsa, ovvero trasparente per definizione, un tesoro, oggi. Condiviso, per altro. Infatti quando mancherà petrolio raffinato, ossia Diesel da qui a qualche mese, al prezzo giusto si potrà contare sul Diesel sardo, per l’Italia.
Una manna, sebbene di ultima istanza.
Fa infatti un mare di differenza avere un bene, anche se relativamente caro. O non averlo affatto, anche “a qualsiasi prezzo…” (…).
Mettiamola così: anche se il pezzo del Diesel dovesse salire questo inverno, ovvero del raffinato in generale, avere la disponibilità di una grandissima raffineria, per altro accessibile in borsa, potrebbe permettere di ribaltare l’eventuale perdita da aumento del carburante grazie ai profitti aziendali incassati nel Paese, che si immaginano essere davvero rilevanti nei prossimi trimestri se non anni.
Ripeto, non a causa di “strane cose” ma di un trend che è sotto gli occhi di tutti: complice la guerra in Russia i margini di raffinazione, ossia i profitti delle raffinerie, sono infatti esplosi globalmente!
Sapete, voi che ci leggete, che noi confidiamo in un minimale spirito diciamo patriottico del Paese. Patriottismo NON deve però significare escludere i profitti, anzi! I profitti ci devono invece essere, abbondanti, perché significano benessere. E la borsa, se intesa nella maniera giusta e non speculativa, può aiutare nell’intento. Ossia, domani, tutta questa manna potrebbe aiutare a limitare i danni per il Paese, nel caso.
Infatti i profitti sistemici italiani – sottolineo italiani – e non come denari pagati all’estero per comprare beni stranieri ad esempio, sono la base del benessere di una nazione. Alla faccia di coloro che vi dicono di privatizzare tutto.
Ben venga dunque che ci sia una azienda italiana quotata in borsa che raffina – e raffina bene, per altro – senza dover necessariamente contare sul petrolio russo. E senza doverlo importare, ne’ il petrolio russo ne’ il raffinato, nel caso. Bene fanno le istituzioni a vigilare affinché tale patrimonio venga preservato, a maggior ragione in quanto quotato ossia condiviso potenzialmente – sebbene indirettamente – con gli italiani.
Fa specie che in pochi se ne siano accorti fino ad ora.
MD