Tom Luongo
Quello che più si sente in Arabia Saudita è l’odore della paura. Per la Famiglia Reale tutto ha cominciato a scollarsi e tutto in una volta.
Se non fossimo così distratti dalla Coronapocalisse, queste vicende sarebbero tutte da prima pagina.
Nell’ultima settimana ci sono state tre grandi storie che hanno interessato l’Arabia Saudita, nessuna delle quali può essere considerata positiva.
In primo luogo, gli Emirati Arabi Uniti hanno rotto la coalizione guidata dai Sauditi contro lo Yemen, dichiarando che il “Southern Transitional Council” sia da considerarsi il nuovo Amministratore dello “Yemen Meridionale”, che comprende la Capitale e il porto di Aden.
Di conseguenza, ci sono stati grandi scontri tra forze che meno di due settimane fa si supponeva fossero dalla stessa parte.
Inoltre, i mercenari sauditi sono stati duramente sconfitti nello “Yemen Settentrionale”.
Gli Emirati Arabi Uniti avevano già ritirato le loro truppe, ponendo fine alla guerra contro gli Houthis, dopo l’attacco all’impianto petrolifero di Ab Qaiq dell’estate scorsa.
I Sauditi, infine, hanno accettato un “cessate il fuoco” con gli Houthis. E’ provvisorio e durerà due settimane.
Ma, considerando che i loro mercenari sono stati fatti a pezzi, può ragionevolmente essere considerato come un “gesto di misericordia” da parte degli Houthis.
La guerra contro lo Yemen è giunta allo stadio terminale e c’è voluto il crollo finanziario del mondo intero perché potesse concludersi.
A seguire, ci sono le due notizie di giovedì che sottolineano quanto sia diventato irrilevante il governo wahabita di Riyadh.
I Sauditi hanno accettato la realtà, ovvero che non possono vincere una “guerra dei prezzi” contro i Russi [per il petrolio] — e quindi li hanno alzati.
Non hanno avuto scelta perché la Cina ha detto loro che preferiva il petrolio russo, anche se più costoso.
Comprare petrolio dalla Famiglia Salman è come comprarlo da Donald Trump e, visti gli imperativi geopolitici, i dirigenti cinesi sarebbero davvero dei pazzi a farlo solo per risparmiare qualche dollaro.
Ma la grande novità è che il Presidente Trump sta rimuovendo i sistemi missilistici Patriot che aveva schierato l’anno scorso. Da Zerohedge:
“”Il Wall Street Journal riferisce che gli Stati Uniti stanno rimuovendo i sistemi anti-missili Patriot dall’Arabia Saudita e stanno inoltre valutando la possibilità di ridurre la loro capacità militare — segnando la fine, almeno per ora (e secondo i funzionari americani), di un’escalation militare per contrastare l’Iran””.
Trump ha davvero fatto capire quanto sia vulnerabile il Regime di Riyadh senza il suo sostegno.
Ma la ragione più grande della sua mossa credo che non abbia a che fare con la punizione per il Principe Ereditario Mohammed bin Salman, che ha dato inizio alla “guerra dei prezzi” [del petrolio] creando gravi turbolenze nei mercati petroliferi statunitensi.
Credo, invece, che Trump si sia reso conto che il petrolio non debba più essere al centro degli obiettivi di politica estera.
In un mondo in cui il petrolio è a 20-25 dollari/barile, perché basare l’intera politica estera, che costa miliardi (che ora non possiamo permetterci), per controllare i mercati fisici di materie prime che per di più siamo in grado di produrre da soli?
La strategia di “dominio energetico” era certamente figlia di quest’Amministrazione, ma si basava sul fatto che gli Stati Uniti potessero diventare i “fornitori marginali” di petrolio.
Ma il mercato è evoluto in modo diverso. Le forniture di maggio, ad esempio, sono state fissate a 40 dollari/barile [basso per lo shale statunitense].
Trump, comunque, non si scuserà mai per aver commesso un errore. Cambierà semplicemente rotta, porrà fine ad una politica e inizierà quella successiva.
Dire ai sauditi che sta portando via i Patriots è un segnale molto chiaro che la politica sta cambiando. Non c’è alcuno scopo per continuare l’operazione nello Yemen. Quella guerra di logoramento è finita.
La decisione ha a che fare anche con la “campagna presidenziale” di Trump, che sta avendo inizio sulla scia di uno storico collasso economico.
E’ una sorta di caparra per il “blocco del voto anti-guerra e anti-imperiale”, che si era alienato con certe sue decisioni, culminate nell’uccisione del Generale Iraniano Qassem Soleimani.
Deve fare qualcosa per riportare queste persone (me compreso) dalla sua parte.
Ora, con la nuova “Grande Depressione”, ha un eccellente pretesto per riportare indietro l’Impero … deve assolutamente farlo. Ma lo farà? Diamo uno sguardo alla situazione.
Trump ha già tolto il sostegno alla guerra nello Yemen.
Non ha nemmeno avviato un’escalation dopo che gli Hezbollah hanno lanciato una seconda serie di missili, a marzo, contro una base statunitense in Iraq — nonostante le pressioni del Dipartimento di Stato e del Pentagono.
L’Iran ha potuto consegnare un importante carico di petrolio alla Siria nonostante l’embargo statunitense, che l’estate scorsa aveva portato al sequestro di una petroliera iraniana.
Trump, inoltre, si lamenta quotidianamente con la “Sicurezza Nazionale” perché vuole andarsene anche dall’Afghanistan.
Certo, stiamo ancora cercando d’installare in Iraq un Governo che permetta alle nostre truppe di restare nel Paese, ma questa politica ha le stimmate del Dipartimento di Stato e del Pentagono cui Trump potrebbe staccare la spina senza che il fatto sembrasse grave.
L’Iraq è un vero casino, combattere la Cina, la Russia e l’Iran non farà altro che peggiorare le cose per tutti i paesi coinvolti.
Qualunque cosa possa accadere, le grida del Segretario di Stato Mike Pompeo sul “malvagio Iran” cadranno nel vuoto, considerando che l’America è in ginocchio [per la crisi pandemica].
Penso che Trump abbia ancora l’istinto politico per rendersi conto che si trova in un anno di elezioni, con una depressione in corso e con un paese diviso su quasi tutte le questioni.
Quindi, è vero che il crollo dei prezzi del petrolio (dopo l’attacco isterico del Principe Ereditario Mohammed bin Salman) non ha aiutato le relazioni fra Stati Uniti e Arabia Saudita ma, visto quello che sta succedendo e quello che si profila all’orizzonte, non avrebbe comunque avuto importanza.
Trump può incolpare MbS di tutto quello che vuole ma, probabilmente, la situazione non cambierebbe di molto. Perché i suoi veri nemici non sono al Cremlino o a Teheran.
I suoi veri nemici sono nella Casa Bianca, a Capitol Hill e nei vari think tank, ONG e “club di gentiluomini” di tutto il mondo che vogliono allontanarlo dal potere e da un mondo molto più povero e disperato di quello ante Covid-19.
E, nel grande schema del mondo post-pandemico, il nostro sostegno ai viziosi sauditi è davvero così importante, visto che nuotiamo nel petrolio e non riusciamo a trovare spazio sufficiente per stoccarlo?
MbS, quindi, come Trump e quasi tutti gli altri, sta guardando più da vicino ai problemi di casa sua, piuttosto che farsi coinvolgere in sciocchi giochi di potere a supporto di teorie antiquate su chi controlla una qualche parte del mondo.
Con il petrolio a prezzi così bassi i petrodollari, semplicemente, non sono più così importanti e non lo è nemmeno la sopravvivenza di quel Paese che conosciamo con il nome di Arabia Saudita.
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Link Originale: https://tomluongo.me/2020/05/07/trump-kick-saudis-curb-terrible/
Scelto e tradotto da Franco
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