Prima l’Italia, poi (forse) l’EU…
Lunedì’ 21 aprile, abbiamo visto e sentito Giorgia Meloni in parlamento, nella replica al Presidente Conte, la cui posizione è apparsa piuttosto ambigua, sul famigerato e pericoloso ricorso al MES, per affrontare le conseguenze economiche della crisi sanitaria provocata dal Covid-19.
L’intervento di G. Meloni è stato molto duro – con molte ottime ragioni – circa l’operato del Governo. Ad un certo punto, Giorgia Meloni ha pronunciato queste parole (al minuto 8:00 circa del video dell’intervento): “Guardi Presidente, la durezza delle opposizioni può essere anche una carta da giocare nella trattativa. Lei può sempre andare là e dire …non posso firmare …perché […] ci sono anche patrioti come quelli di Fratelli d’ Italia, che se firmo un accordo non vantaggioso, mi scatenano l’inferno”.
Giorgia Meloni, anche nei giorni precedenti aveva offerto una sponda, spigolosa, ma sempre una sponda, a Conte: “Se in europa punta i piedi lo sosteniamo”, aveva dichiarato.
Secondo chi scrive, questo è l’atteggiamento di chi ama il proprio paese più del proprio partito. Senza perdere la coerenza verso le proprie idee e posizioni, nell’interesse della Nazione, si offre una sponda al governo in carica, anche se politicamente molto lontano.
Chi visita questo sito ha letto spesso critiche verso la Lega e Salvini. In particolare, a Salvini è stato chiesto di lasciare a spazio ad una guida totalmente sganciata dall’EU, fortemente connotata da vicinanza all’anglosfera, cui l’Italia è legata per ragioni storiche (dalla sua nascita per mano inglese alla liberazione per mano angloamericana durante la 2° G.M.).
Molti lettori del sito, tra cui il sottoscritto, spesso hanno mal digerito le critiche a Salvini. Tuttavia, occorre ammettere che del fondamento ce l’avevano.
Lo diciamo perché in questi giorni, con un certo sconforto, si rileva che l’unica voce che parla esplicitamente della necessità di uscire dall’Euro – ormai rivelatosi come parte di un progetto neocoloniale – è Stefano Fassina. Dove sono finiti i sovranisti?
Gli anti-Euro della Lega, sono ormai ben lontani dalle posizioni prive di ambiguità per cui nel 2018, l’attento Wolfgang Munchau del F.T., scriveva: “L’italia ha abbandonato ogni paura di isolamento e non teme più il ricatto dello spread”.
La Lega, ormai da un semestre, tenta in ogni modo di favorire la caduta di Conte e la sua sostituzione con Draghi. E’ vero, la Lega tatticamente – per occupare lo spazio politico sovranista – ha continuato a strizzare l’occhiolino ai critici dell’Euro ed ai favorevoli all’Italexit, inviando in ogni dove Bagnai, Borghi e Rinaldi a parlar male della moneta unica; ma, si noti bene, senza più dire esplicitamente che va dissolta e senza smettere di sostenere, quale obiettivo strategico, l’avvento di Draghi a P. Chigi.
Draghi, ricordiamolo, non è solo una delle massime espressioni del capitalismo apolide per la cui tutela e per i cui interessi la UE esiste; egli impersona plasticamente la Troika non eletta che ha devastato la Grecia tra il 2012 ed il 2015. Sopratutto, almeno pubblicamente, non ha mai rinnegato alcunché delle scelte compiute nella catastrofica e disumana gestione della crisi greca, assieme a Juncker e Lagarde.
Arriviamo dunque alla giornata del Consiglio Europeo in cui Conte sarà chiamato a decidere sull’uso del MES e sul cosiddetto “recovery plan” della UE, con pochissime voci a parlare apertamente, con coraggio, di abbandono dell’Euro.
Nessuno pensa che l’uscita dall’Euro sia semplice da ottenere e che ciò che ci attende dopo sarà facile. Tuttavia, dobbiamo comprendere che le possibilità di uscita dalla crisi economica, di cui vedremo meglio gli effetti dopo la fine del lockdown da Covid-19, sono ridotte al lumicino, nello stato di paese ad alto debito pubblico in assenza di sovranità monetaria in cui ci troviamo (ricordate: in questi giorni, negli USA ed in UK, il governo invia bonifici direttamente sui c/c; là in questo momento di crisi estrema, la banca centrale effettua finanziamento monetario del deficit pubblico, senza alcun problema…).
Sino a questo momento pare che la UE intenda continuare per mesi, forse per un semestre, a discutere in modo sterile, ritardando l’attivazione di misure concrete (sempre incentrate su nuovo debito).
Questa scelta discende da una precisa strategia: i paesi del Nord della UE hanno la certezza che “procedendo con il pilota automatico”, il sistema normativo esistente, garantisce loro grossi vantaggi in ogni situazione di crisi, se l’Italia resterà nell’unione monetaria: es. annichilire la concorrenza delle nostre imprese, acquistare a basso prezzo aziende sane grazie al crollo di borsa, acquisire gli asset strategici che saremo costretti a vendere, per rientrare dal debito che sarà necessario contrarre per affrontare la crisi…
Proprio di recente M.me Lagarde ci ha rammentato quanto la BCE sia odiosamente lontana dall’essere una vera banca centrale. In una lettera autografa, M.me L. ha sottolineato che a differenza degli Stati, le grandi corporations dell’EU – quasi che la natura privata ne garantisse l’immunità al rischio di azzardo morale – non sono sottoposte ai divieto di acquisto di obbligazioni per via diretta, all’emissione, previsti invece per gli Stati ai sensi dell’Art. 123 TFUE.
In questo momento, l’Italia ha bisogno che tutti gli sforzi si concentrino sull’evitare l’annichilimento del Paese.
Un altro che era per “cambiare l’EU dall’interno “…
Se i Bagnai, Borghi e Rinaldi che abbiamo conosciuto tornassero sui loro passi e – in un momento in cui la UE minaccia, come nel 2011, di impoverire e rovinare l’economia italiana a colpi di austerity e aumento del debito – ricominciassero ad attaccare l’Euro, prima di attaccare Conte, forse lo stesso Conte riuscirebbe a difendere meglio gli interessi nazionali.
Non si può anche escludere che la stessa EU, una volta appurato che l’Italia è persa e destinata a cadere in mano ai “populisti” anti-Euro, possa cacciarci dall’Eurozona, lasciandoci da soli a gestire il debito pubblico e ad impostare l’uscita dalla crisi economica.
Dobbiamo essere chiari: noi italiani non abbiamo alcun bisogno di questa EU per far ripartire il nostro Paese dopo questa crisi: abbiamo le competenze, l’inventiva, il risparmio privato, il supporto degli USA dichiarato dal Presidente Trump (con un ordine esecutivo che impegna tutta l’amministrazione); si sa anche da dove iniziare, con la c.d. segregazione con controllo dei movimenti di capitali ai sensi dell’Art. 65 del TFUE, di cui qui scriviamo ormai da tempo.
Per i sovranisti, questa è l’ultima chiamata.
Pepito Sbazzeguti
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