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Home » RIFLESSIONI SUI NOSTRI TEMPI

RIFLESSIONI SUI NOSTRI TEMPI

Un approfondimento alla nostra intervista con Matt Ehret, punti di un disegno che molti hanno iniziato a comprendere meglio.

Roby Zagor by Roby Zagor
24 Gennaio 2022
in Crisi del globalismo, Dal mondo
- Leggere Disclaimer in fondo pagina
RIFLESSIONI SUI NOSTRI TEMPI
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Foto di libero uso tratta da www.pexels.com link al fondo dell’articolo

L’intervista a Matt Ehret completa la potete vedere QUI

Matt Ehret, ci ha donato una analisi acuta e puntale delle forze che stanno confrontandosi sul nostro pianeta, il disegno non un semplice modello dualista, che è di più comoda lettura, ma una serie di forze con interessi politici ed economici, ognuno con le sue declinazioni e specificità.

Anche se nel modello dualistico è più semplice fissare alcuni concetti di base, non bisogna sottovalutare che gli eventi futuri possano variare per interessi locali o di micro zona.

Possiamo certamente vedere una sorta di imperialismo (sulle vestigia del vecchio imperialismo bancario britannico) dove si vorrebbe un mondo informato integralmente al loro modello, cioè una sorta di  civiltà dove i compiti e le libertà del singolo sono già predeterminate affinchè il modello sociale ed economico possa essere stabile e secolare.

Probabilmente più utile al profitto che allo sviluppo umano, cioè una macchina di estrazione della ricchezza che sarà poi gestita e condivisa secondo criteri non certamente democratici.

Dall’altra parte invece un modello multipolare, adottato qualche volta in passato, dove la capacità e la sfida degli uomini a comprendere i meccanismi della natura  sono il vero motore che serve a mantenere in equilibrio la razza sulla terra.

In altre parole, l’evoluzione della conoscenza permette il miglioramento delle nostre condizioni materiali e contemporaneamente un aumento di abitanti del pianeta.

Questo è avvenuto nel rinascimento ad esempio, o anche fra gli anni ’30 e gli anni ’60 del secolo scorso con il “new deal Roosveltiano”.

E’ quanto apprendiamo nell’intervista con Matt.

Infatti è interessante il parallelo suggerito dall’autore, quando parla di ripetizioni storiche. “se permetti alla follia di governare ripeterai gli stessi errori […]”

Chi gestisce la narrativa ora come allora si è accorto che il sistema (economico) non tiene più, in passato questo sfociò in due guerre mondiali, dove si fece il tentativo di instaurare un totalitarismo che permettesse un nuovo modello economico altrettanto controllato e totalitario.

Da qui ci permettiamo di aggiungere che è una crisi antropologica, perché c’è sul pianeta un gruppo di uomini grande o piccolo che sia, che ha una visione non umana, cioè non è fiduciosa delle potenzialità degli uomini raggruppati in nazioni di poter far fronte alle sfide che da mille anni la natura pone davanti ai nostri occhi.

Possiamo decidere di non fare nulla di nuovo, o tentare di migliorarci provando strade diverse, da uomini liberi, soprattutto di libero pensiero.

Forse dovremmo capire aggiungo io, che l’evoluzione non è solo una soluzione, ma anche un destino.

Ecco perché vale la pena un modello dove tutti si partecipa liberamente, un multipolarismo prima di tutto antropologico, poi anche sociale, politico ed economico.

Il modello che pone le nazioni come “enti” che rimuovono gli ostacoli di carattere pratico per raggiungere il pieno sviluppo umano (è scritto nella nostra costituzione), si contrappone al modello “imperiale” che vorrebbe questi grandi potentati economici come finanziatori delle umane gesta, e quindi in ultima analisi gestire le imprese dell’uomo indirizzandole laddove pensano ci sia maggior profitto materiale per loro.

Una sorta di schiavitù, visto che alla fine tutti si troverebbero a lavorare per pagare i finanziamenti ricevuti.

Il trucco del debito spiegato in altri articoli fa luce sull’argomento.

Ma non è questo il punto a cui ci conduce Matt nella sua intervista, anche se ci spiega in dettaglio come le oligarchie finanziarie gonfiano le bolle economiche con scommesse a leva fino a quando iniziano a vendere tutto per incassare i soldi dei sottostanti, finchè ce ne sono e poi quando la bolla scoppia e tutti incassano le perdite, loro sono pronti a ricomprare l’intero mercato ad un centesimo del valore precedente, chiudendo quindi il cerchio di spoliazione che porta alla povertà diffusa.

Permettetemi il sarcasmo, bel modello non c’è che dire.

In  fondo questo successe durante la grande depressione, che fu prodromica alla conseguente guerra ed al tentativo di instaurare queste oligarchie al potere in modo stabile.

Matt ci spiega che questo si può capire meglio se si parte dall’assunto che in America non c’è mai stata una sola America, ma almeno due.

Da un lato quella di F. Roosevelt che voleva condividere il modello di crescita con gli altri stati come Russia, Cina, Sud America, Brasile, Italia….

Il Glass-Steagall Act era funzionale al piano, portando alla divisione delle banche di affari da quelle commerciali, per evitare proprio di diffondere nell’economia reale, la sala giochi di certa finanza.

Questa legge fu cancellata nel 1999 e presto si arrivò al crack del 2008, con le crisi dei mutui subprime.

Niente di nuovo sotto il sole quindi, sempre due interessi contrapposti, piano per lo sviluppo umano, contro un piano per la stabilità e l’arricchimento di pochi uomini.

Insomma pur essendo coscienti che non esiste un bianco ed un nero così netti, sappiamo anche che la manopola ora è regolata su sviluppo umano “basso”, che significa sofferenza per noi.

Come si diceva prima il nuovo piano globalista si fonda su delle regole che definiscono un “buon” comportamento, forse esse scaturiscono da un modello matematico che avrebbe studiato un nuovo assetto globale utile a chi l’ha pensato.

E fra le regole è prevista una forte depopolazione, forse nel loro modello economico non c’è posto per tutte le genti, e allora che si fa? Le si toglie di mezzo.

Cioè il valore centrale non è l’uomo, ma il modello, già questo mi fa stare male.

O forse questa idea deriva da antichi illuminati che si facevano anche chiamare maghi?

Da qualsiasi parte arrivi io vedo solo il fallimento antropologico della nostra specie, anche sotto lo schiacciante risultato empirico che sulla terra siamo molti di più del loro presunto modello e il sistema funziona.

Perché?

Funziona perché la spinta evolutiva nella conoscenza della natura ci ha fornito gli strumenti per farlo funzionare.

Come ci spiega Matt la corsa allo spazio se da un lato poteva sembra una favola per tifosi da curva che volevano dimostrare di essere stati più in gamba di altri popoli, e dall’altro poteva sembrare anche un modo per sviluppare capacità militari, in realtà è stata un fucina di scoperte che hanno posto le basi per il mondo che è venuto dopo, quello che viviamo oggi.

Potrebbe essere bellissimo se usassimo questi saperi per il nostro benessere collettivo, pensiamo solo alle applicazioni in campo medico, che invece vengono anche usate per dirigere le masse verso un prato che mai avrebbero voluto pascolare.

Matt ci aggiorna dicendo che il modello cosiddetto “imperiale” non piace all’est del mondo, e così caduta la possibilità di collaborare con gli Usa a causa della dicotomia interna, hanno semplicemente deciso di fare da soli, di lavorare insieme per un modello multipolare.

Infatti Russia, Cina ed altri collaborano a nuovi programmi spaziali che avranno certamente importanti ricadute sull’energia di cui abbiamo tutti disperatamente bisogno e sulla sostenibilità della specie umana nel pianeta, come sempre è successo in passato.

Ci auguriamo ancora una volta che la ragione e l’equilibrio guidi la mente umana.

Non vediamo l’ora che anche quella parte umana dell’occidente inizi questa strada di collaborazione, pur con tutti i dovuti distingui per salvaguardare la nostra storia e la nostra cultura.

Ed in questo nuovo, vero rinascimento, spererei tanto l’Italia si distinguesse nel bene come ha sempre saputo fare, quando non è stata frenata dall’interesse dei pochi e dai bastoni dei loro lacchè.

R.Z.

Foto di: Aaditya Arora da Pexels

Tags: crisi antropologicacrisi globalismoEconomiaMatt EhretRoby Zagorsocietà futura
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