Greg Jones per The American Spectator
Si dice che le cose buone arrivino a chi se le aspetta … e i sostenitori di Trump hanno aspettato anche troppo per scoprire la verità dietro ai tentativi di Obama di sabotare il suo successore.
Per fortuna, il Presidente ha recentemente dichiarato che declassificherà “tutti i documenti relativi al Russiagate, il più grande crimine politico della storia americana, e allo scandalo delle e-mail di Hillary Clinton. Nessuna censura”.
La sorpresa di ottobre? Forse.
Le recenti rivelazioni chiariscono, innanzitutto, che l’ordine di Trump sia perfettamente giustificato.
Per coloro che hanno vissuto in una grotta (o che sopravvivono solo se guardano la CNN), permettetemi di fornire un po’ di contesto.
L’ultimo sviluppo arriva per gentile concessione dell’ex Capo della CIA (e ardente Never Trumper) John Brennan.
Ha rivelato l’esistenza di una nota dei Servizi Segreti consegnata all’allora Presidente Obama, che svelava di come il Russiagate fosse solo un’”invenzione della Clinton” per sviare l’attenzione dal (molto reale) scandalo delle sue e-mail.
E, proprio il mese scorso, abbiamo appreso che una fonte primaria del “dossier Steele” (quello squallido pezzo di pseudo-intelligence alla base di tanta parte del Russiagate) sia stata creduta dall’FBI — aspettate un attimo — una spia russa!
In poche parole, la “collusione” non era altro che una montatura della Clinton.
Tutto questo è arrivato sulla scia delle note che un miserabile Agente dell’FBI, Peter Strzok, ha rilasciato quest’estate.
Dimostrano che Obama, Biden e Comey sapessero benissimo che i contatti di Michael Flynn con i suoi colleghi stranieri fossero legittimi e assolutamente legali.
Ma i fatti non hanno impedito loro di andare avanti, rovinando la vita di Flynn e costringendo l’Amministrazione Trump a combattere costantemente le false accuse di corruzione.
Allora perché, vi starete chiedendo, i protagonisti di questa sordida storia non sono allineati accanto a una ghigliottina al National Mall? Un’iperbole, naturalmente.
Ma la mancanza di pubblica indignazione, sulla scia del più grande scandalo politico della storia americana, non mi fa ben sperare per il successo del “lancio di granate” che Trump sta facendo all’ultimo minuto.
Non fraintendetemi: so bene che Donald Trump è un uomo molto più intelligente di me.
Ogni volta che ho avuto dei dubbi il Presidente si è dimostrato all’altezza della situazione e, per fortuna, sono sempre stato io a sbagliarmi.
Ma, in mancanza di una bomba al livello di quella di Linda Tripp [caso Lewinsky], ci sono diverse ragioni per ritenere che i documenti declassificati, non importa quanto siano dannati, possano avere uno scarso impatto elettorale.
L’opinione pubblica è inondata di “Russia, Russia, Russia” da quasi 50 mesi e la stanchezza per questo scandalo si tocca con mano, anche se i colpevoli si sono improvvisamente rovesciati.
Come ama dire un mio amico, “Russiagate è lo NOW That’s What I Call Politics del 2016″.
E quindi, nonostante la pervicace “copertura”, troppi americani non riescono ancora a comprendere i dettagli. Del resto, chi potrebbe mai biasimarli?
I personaggi e le macchinazioni dell’intera soap-opera sono così intrecciati e complessi che ci vorrebbe un supercomputer, o un’”ossessione terminale”, per dare un senso a tutta la storia.
Strzok, Comey, Brennan, Page, McCabe. FBI, CIA, DOJ, FISA. Le note di Brennan, il dossier Steele, il server di posta elettronica.
È come cercare di racchiudere la trama quarantennale di “The Young and the Restless” in un’unica abbuffata — e con un cast molto meno attraente.
La maggior parte degli americani ha un lavoro, una famiglia e una vita.
La stampa, che avrebbe il compito d’informarli, è così comicamente di parte da essere l’”istituzione pubblica” con la valutazione più bassa in un sondaggio Gallup (in effetti, è l’unica ad aver ottenuto una valutazione negativa).
Questa mancanza di fiducia costringe i cittadini benintenzionati ad andare a caccia di chicchi credibili d’informazione nei recessi umidi dei social-media, dove i “fatti” non sempre sono tali e l’analisi raramente va più in profondità di un tweet o di un soundbite virale.
Chi non preferirebbe andare a pesca?
Tuttavia, nonostante la nostre lande siano prive di un’informazione adeguata, la maggior parte della popolazione vede il Russiagate per quello che è: un insabbiamento tipico più dell’Unione Sovietica o dell’America Latina che dell’epicentro del mondo libero.
Ma in troppi non si sono informati e ormai non lo faranno più. In effetti:
— Il 43% degli americani crede che il socialismo sarebbe un bene per l’economia più potente del mondo (che, tra l’altro, è stata costruita sul capitalismo);
— più della metà considera la società americana “razzista” e, infine,
— il 55% mette la Costituzione sullo stesso piano di un software commerciale che necessita di regolari aggiornamenti.
In parole povere, Trump può declassificare tutti i documenti che vuole, ma la sinistra metastatica di questo Paese arriverebbe ad auto-immolarsi pur di non abbandonare la trama dell’”Orange Man Bad” [Uomo Arnacione Cattivo].
Gli anni Sessanta, a quanto pare, sono stati un veleno ad azione lenta e ci vorrà più del Watergate 2.0 per convincere queste persone che in realtà sono vittime di un’informazione perversa.
Sempre che ci sia il tempo per convincerle.
Non posso fare a meno di pensare che, per essere efficaci, queste declassificazioni dovevano essere fatte già da parecchio tempo. Magari prima delle Elezioni di medio-termine.
Ogni illecito da parte dei Democratici li avrebbe perseguitati per tutto il corso degli ultimi due anni.
Ma ora, a meno di un mese dalle elezioni, chi può davvero aspettarsi che un media anti-Trump sezioni una montagna di carta delle dimensioni dell’Everest per … danneggiare i Democratici?
Non per sembrare troppo cinico, ma ci sarebbero maggiori possibilità che Joe Biden vinca a Jeopardy [gioco a quiz di cultura generale].
Naturalmente, l’Amministrazione avrà già selezionato le parti peggiori preparandole per il rilascio
Ma tutto sembra quasi un non-evento in questo frangente.
Spero ancora una volta di sbagliarmi e che Trump abbia un ultimo asso nella manica.
Se così non fosse, a un protagonista dell’episodio forse più disgustoso della storia politica americana potrebbero essere consegnate le chiavi della Casa Bianca.
E la bufala del Russiagate sembrerebbe una piccola patata bollente in confronto alla corruzione che affliggerebbe questo Paese nei prossimi quattro anni.
*****
Link Originale: https://spectator.org/russian-collusion-hoax-trump-declassify-documents/
Scelto e tradotto da Franco
*****
Le immagini, i tweet, e i filmati pubblicati (i contenuti) nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.