Gianandrea Gaiani per La Nuova BQ (riassunto)
In Libia stanno saltando le leadership politiche delle due fazioni che si combattono da anni.
Da settimane si registrano disordini e manifestazioni popolari in tutto il Paese.
Territori e governi diversi, ma motivazioni comuni: il malcontento per la crisi economica, la carenza di servizi e la corruzione.
Lecito pensare che dietro a tali manifestazioni si celi la volontà delle Potenze esterne [Turchia-Qatar da un lato ed EAU-Egitto-Russia dall’altro] di porre ai vertici del potere uomini a loro graditi.
Ingerenze esterne che sono diventate una regola dopo gli sviluppi militari dell’estate.
Come avevamo ipotizzato, quegli sviluppi militari avrebbero decretato la fine della sovranità delle rispettive e rivali autorità libiche.
Il primo a cedere è staro il Premier della Cirenaica, al-Thinni, in carica dal 2014 ma dimessosi dopo un paio di giorni di manifestazioni di protesta, forse a favore di Ibrahim Buchnaf, Ministro dell’Interno, indicato da molte fonti come prossimo Premier.
Ma il vero protagonista di questa crisi-pilotata è il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, emerso (dopo la sconfitta di Haftar a Tripoli) come l’uomo forte della Cirenaica — e soprattutto come il referente politico cui affidare la gestione delle trattative, che potrebbero sancire l’esistenza di fatto di “due Libie”.
Se arabi e russi guardano a Saleh come al pilastro della Cirenaica, il Generale Khalifa Haftar, da parte sua, non ci sta a farsi emarginare ed è tornato alla ribalta con nuove iniziative militari, nonostante i manifestanti abbiano attaccato il suo Quartier Generale a Bengasi e la sua roccaforte di Al-Maj.
Innanzitutto, Haftar ha rimesso in sesto un certo numero di missili Scud (che l’esercito di Gheddafi aveva acquisito da Mosca), in grado di colpire le basi turche a Misurata.
Tutto grazie ai tecnici russi (che affiancano le forze di Haftar), che hanno riparato molte delle armi ereditate da Gheddafi — dai missili antiaerei Buk e SA-3 ai carri T-55 e fono ai missili antinave PT-15.
Lo LNA di Haftar ha inoltre sgominato una milizia dello Stato Islamico nell’area desertica di Sebha, dove è anche stato ucciso il “Califfo” dello Stato islamico in Libia.
Le iniziative dell’LNA confermano il ruolo di Haftar che, tra i suoi fedelissimi (anche per affinità e rapporti tribali), può contare anche sul probabile nuovo Premier, Buchnaf, vicino a egiziani ed emiratini.
Il tutto a conferma di quanto fossero infondate le valutazioni diffusesi in Italia e in Europa sull’ormai inevitabile tramonto di Haftar.
In Tripolitania, invece, i dissapori all’interno del GNA non sono certo una novità, ma sono rimasti quasi sopiti come conseguenza dell’attacco delle forze di Haftar.
L’influenza turca si è fatta palesemente sentire, con i dissidi tra il Premier al-Sarraj e il Ministro dell’Interno Fathi Bashaga, uomo della Fratellanza Musulmana, con molti appoggi in Turchia e Qatar.
Anche in Tripolitania i disordini popolari hanno acceso la miccia per un “rimpasto di governo” pilotato da Ankara e Doha.
Dopo aver rimosso Bashaga dall’incarico di Ministro dell’Interno, al-Sarraj è stato costretto dai turchi e dalle milizie di Misurata fedeli al Ministro a reintegrarlo — e già da un paio di giorni giravano voci sulla sua volontà di dimettersi.
Parlando alla Nazione in occasione della “Giornata del Martire” — l’89esimo anniversario dell’uccisione di Omar al Mukhtar, il Capo della Resistenza contro la colonizzazione italiana della Libia, impiccato davanti ai suoi seguaci nella città di Suluq il 16 settembre 1931 — al-Sarraj ha annunciato la volontà di dimettersi entro fine ottobre dall’incarico che ricopre dal 2015.
Quanto al suo successore, è evidente che si tratterà di un uomo gradito a Doha e Ankara.
Forse lo stesso Bashaga ma, più probabilmente, un altro misuratino, il Vicepresidente del GNA Ahmed Maitig, politico moderato molto apprezzato anche negli Stati Uniti, in Europa e in Italia.
Ieri, il Ministro della Difesa turco Hulusi Akar lo ha incontrato confermando che la Turchia continuerà a fornire assistenza militare.
Esaminando i radicali mutamenti nello scenario politico delle “due Libie”, val la pena evidenziare che proprio in questi giorni si sono tenuti incontri e consultazioni tra funzionari dei Ministeri di Esteri e Difesa turchi e russi.
L’uscita di scena di al-Thinni e al- Sarraj potrebbe favorire una nuova composizione del Consiglio Presidenziale, in grado di riunire tutte le parti e indire le elezioni.
Iniziativa che permetterebbe a turchi e russi di offrire alla comunità internazionale la stabilizzazione dell’ex colonia italiana, consolidando al tempo stesso le rispettive aree d’influenza.
A questi sviluppi appare totalmente estranea l’Italia, ormai ridotta al ruolo di gregario della Turchia sia in Libia che nella crisi del Mediterraneo Orientale.
Unica vicenda libica che vede Roma protagonista è quella degli equipaggi di due pescherecci di Mazara del Vallo, catturati il 4 settembre in acque internazionali dalle motovedette di Haftar e detenuti in carcere a Bengasi.
A quanto sembra, i libici non intendono rilasciare i pescatori finchè “l’Italia non farà altrettanto con quattro calciatori libici”.
In realtà trafficanti di esseri umani arrestati e condannati In Italia.
La Farnesina sta cercando di sbloccare la situazione facendo pressione sugli alleati di Haftar — russi, egiziani ed emiratini — affinché esercitino un’influenza positiva sulle autorità della Cirenaica.
L’impressione, però, è che il ricatto di Tobruk sia solo un escamotage di Haftar per “punire” l’Italia per il suo assoggettamento alla Turchia e per ridicolizzare il ruolo di Roma, ormai vera e propria comparsa nelle vicende libiche.
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Link Originale: https://www.lanuovabq.it/it/saltano-i-vertici-della-libia-spartita-da-potenze-straniere
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Ma c’è qualcosa che non è chiaro
Il riferimento è al Qatar.
Abbiamo concluso un accordo imponente per la fornitura di sistemi d’arma, di navi da combattimento, di avionica e dei relativi servizi di addestramento.
Per chi volesse approfondire, qui il link: https://www.africa-express.info/2020/09/12/si-rafforza-collaborazione-militare-italia-qatar-per-la-gioia-della-nostra-industria-bellica/
Decisamente strano per un Paese che dovrebbe essere nostro “nemico”.
Del resto, si mormora sempre più di un raffreddamento del Qatar nei riguardi della Turchia. Chi vivrà vedrà, ma certo la stranezza rimane.
Dall’altra parte, è nota la nostra amicizia (soprattutto in campo petrolifero) con i Russi, senza alcuna conflittualità se non imposta dall’esterno.
Inoltre, l’Italia gestisce l’industria petrolifera dell’Egitto e c’è anche una sua forte gratitudine, che parte dallo sviluppo del turismo sul Mar Rosso (Sharm el Sheikh è una nostra creatura).
Senza contare le notevoli forniture militari, con la Marina Italiana che è arrivata a privarsi di due Fregate per venderle agli egiziani.
In entrambi i casi (Qatar ed Egitto) fregando i francesi.
Insomma, quello che non può la politica, sembra lo stia facendo l’industria.
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Franco
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