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Home » Chi, al giorno d’oggi, è responsabile della schiavitù? La pistola fumante nelle mani dell’élite globalista

Chi, al giorno d’oggi, è responsabile della schiavitù? La pistola fumante nelle mani dell’élite globalista

Franco Leaf by Franco Leaf
5 Agosto 2021
in Generale
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Mark Angelides per Liberty Nation

L’eredità dello schiavismo non è mai troppo lontana dalle labbra degli “arrabbiati” e dagli occhi allegri di una macchina mediatica che si diverte a creare attrito.

È una questione che divide come non mai.

Ma è anche circondata da una tale mitologia e da tali fuorvianti informazioni da farci credere che le acque su questo tema siano state volutamente intorbidite.

E’ strano, ma vero, che la schiavitù (nonostante nell’800 sia finita sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito) esista ancora al giorno d’oggi.

Com’è possibile? Avete mai incontrato qualcuno che traffica in esseri umani? Avete mai sentito parlare di un vicino che possiede una persona fisica, reale?

Eppure succede

Per scoprire come questa pratica ripugnante possa continuare — e in alcuni luoghi addirittura fiorire — dobbiamo porci la domanda di sempre: “… chi ne trae vantaggio?”.

Quante persone oggi, negli Stati Uniti, sosterrebbero la schiavitù? E’ questa la domanda-chiave che non viene mai posta.

Ci sarà senza dubbio una minoranza a favore … ma la stragrande maggioranza risponderebbe con un clamoroso “no”.

Come può essere, allora, una questione che ancora ci divide?

Affrontare la verità

Molte persone credono che la schiavitù esista ancora, ma non che abbia luogo proprio sotto il loro naso.

Se mai esistesse una causa che potrebbe unire i leader di entrambi i Partiti, questa sarebbe il suo sradicamento.

Il problema è che le persone impegnate nel revisionismo storico non sono disposte a riconoscere una semplice verità: che la schiavitù è sempre stata — e lo è ancora — un grande affare.

Quando pensiamo alla schiavitù, ci vengono in mente persone di colore in catene che lavorano nei campi e che sono trattate in modo disumano.

Ma questo pensiero si riferisce a un’epoca passata.

La schiavitù contemporanea assume molte forme, dalla prostituzione all’immigrazione illegale.

Alle persone coinvolte viene promessa una vita migliore in un nuovo Paese — ma poi finiscono con l’essere trattenute da qualche parte senza documenti e con le famiglie minacciate in patria.

Gli schiavi moderni lavorano nei saloni, nei campi di cannabis, nei servizi domestici, nei cantieri e nelle fabbriche — e non dimentichiamo le giovani vittime dei matrimoni forzati.

Chi c’è dietro a tutto questo? Difficile rispondere, ma sarebbe più facile chiedersi: “Chi permette che tutto questo accada?”.

Sono i globalisti, senza alcun dubbio. Sono loro che permettono questo vergognoso commercio.

Qualcuno potrebbe pensare che sia un’idea un po’ stravagante.

Dopotutto, le Big Tech, i giganti della distribuzione e le grandi industrie adottano politiche volte a prevenire la schiavitù.

Le principali aziende della Gran Bretagna (con un fatturato superiore a 36 milioni di sterline), ad esempio, devono pubblicare una dichiarazione annuale che si chiama “Modern Slavery Act”.

Il Governo, quindi, è consapevole che le catene di approvvigionamento globali giochino un ruolo inequivocabile nella moderna schiavitù.

Perché, altrimenti, continuerebbe a chiedere “certificati”?

Da terre lontane …

Guardiamo innanzitutto alla schiavitù al di fuori dei Paesi Occidentali, di gran lunga quella di maggior proporzione.

Nei campi dell’Asia e nelle miniere dell’Africa la vita umana viene sacrificata in nome di una produzione a costi sempre più bassi.

I proprietari di queste piantagioni sono desiderosi di fare affari con le aziende americane, il cui “marchio di virtù” dura per tutta la vita.

Esiste un modo migliore per le persone che vogliono fare affari con le grandi conglomerate che ridurre i salari praticamente a zero?

Pensate al crollo dei prezzi dei pannelli solari e delle turbine eoliche!

Se volete un esempio concreto di come il costo del lavoro sia davvero la variabile primaria, guardate alla continua espansione dell’industria tessile e all’inestinguibile sete di fast fashion.

Fra la fine degli anni ’90 e l’inizio del decennio successivo la Cina è stata il luogo ideale per il tessile: le fiere del Guangdong sono ancora leggendarie!

Ma, negli ultimi anni, nonostante la Cina controlli ancora gran parte della tintura e della vendita di tessuti a livello internazionale, la produzione e la lavorazione delle materie prime si sono spostate verso Paesi con costi della manodopera ancora più bassi, ad esempio nel Vietnam.

E se anche quel particolare produttore tessile non è complice del “grande male”, cosa succede andando indietro nella catena produttiva?

E allora, anche “la fabbrica del mondo” sta esternalizzando le produzioni in luoghi dove può far lavorare la gente per pochi centesimi al giorno.

E’ questo il vero incentivo alla schiavitù.

Quando compriamo una camicia nuova o anche la biancheria, qualcuno va a cercare il marchio del “Commercio Equo e Solidale” per calmare la propria coscienza.

Ma, davvero, prendiamo in giro noi stessi se pensassimo che quel marchio garantisca che i prodotti acquistati a così buon mercato siano liberi dal marchio della schiavitù.

… fino alle nostre coste

E all’interno dei nostri confini? Gli ultimi dati del Global Slavery Index indicano che solo negli Stati Uniti ci sarebbero 400.000 schiavi effettivi.

Anche in questo caso ci sono molte domande cui i globalisti dovrebbero rispondere.

Il traffico a scopo sessuale di donne e bambini — molti dei quali sono costretti a diventare tossicodipendenti e a condurre una vita violenta prima di essere eliminati — è pressoché ignorato quando si parla di schiavitù.

La domanda che dovremmo porci è come queste sfortunate persone arrivino fin qui.

Pochissime, in effetti, sono native americane. Di solito, vengono portate qui per essere vendute a bande e cartelli che hanno legami con il Sud America. Salvo poi scomparire.

Chi mantiene il confine così poroso? Chi insiste per abolire l’ICE? Chi spende miliardi di dollari per far sì che politici-fantoccio si oppongano alla sicurezza dei confini?

Ancora una volta, i globalisti.

Vogliono manodopera a basso costo e ritengono che la schiavitù infantile e lo stupro siano solo un “piccolo effetto collaterale”.

Nel Regno Unito, i moderni schiavi lavorano negli autolavaggi, o fanno i mendicanti, o sono costretti a far parte di bande criminali.

Viene promessa loro una nuova vita in un nuovo e ricco paese.

Consegnano i loro passaporti e si ritrovano a condividere una casa con altri 15 uomini o donne, con il loro salario trattenuto per pagare l’affitto, le spese spurie, i vestiti, le uniformi, gli strumenti di lavoro e il cibo.

Dopodiché non hanno letteralmente più niente, né passaporto né soldi. Tutto ciò che posseggono è la paura di essere imprigionati e che le loro famiglie subiscano rappresaglie in patria.

Com’è potuto accadere tutto questo nella moderna Gran Bretagna?

Bastano due parole: Unione Europea.

L’UE “garantisce” quattro libertà. Libera circolazione delle merci, dei capitali, dei servizi e, naturalmente, del lavoro.

Senza controlli alle frontiere le persone vengono portate dagli Stati più poveri verso quelli più ricchi dove sognano un futuro migliore.

Ma finiscono per diventare schiavi.

Eppure, i globalisti e le multinazionali insistono che le frontiere restino aperte, incontrollate, “libere”.

Una questione di scelte

Quando si parla di schiavitù, viene spesso sollevata la questione del “valore”. Come può un essere umano conferire un “valore in denaro” alla vita di qualcuno?

Come può uno storico proprietario di schiavi guardare una persona viva, che respira, e attribuirle un prezzo?

La maggior parte delle persone, probabilmente, è d’accordo che si tratti di atteggiamenti e azioni disumane.

Allora, perché i globalisti e le multinazionali continuano a farlo?

Guardano i bilanci e prendono decisioni basate sui risultati. Scelgono di lavorare con terzisti che pagano i lavoratori una miseria.

Decidono di sostenere l’apertura delle frontiere quando anche i Governi, ormai, ammettono che in questo modo aumenta la schiavitù.

Prendono queste decisioni e al diavolo le conseguenze, possono sempre spendere qualche milione in più per crearsi un’immagine pubblica di virtù e valore.

Dobbiamo continuare a parlare di schiavitù ma, forse, dobbiamo anche cambiare obiettivo.

Il passato è passato. Non c’è niente più che possiamo fare per coloro le cui vite sono state dilapidate da persone malvagie che prendevano decisioni disumane.

Tuttavia, possiamo e dobbiamo parlare del futuro, di come impedire che le persone soffrano dello stesso ignobile destino.

I globalisti, i manager affamati di denaro che gestiscono le grandi società, hanno molto di cui rispondere: sono complici della schiavitù e del traffico di bambini attraverso confini che praticamente non esistono se non sulla carta.

È ora di smetterla di discutere del passato e di cominciare ad occuparsi del presente.

————

Link Originale: https://www.libertynation.com/slavery-the-smoking-gun-of-the-globalist-elite/

Scelto e tradotto da Franco

*****

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