Quando alla logica della ragion di Stato oltre che al sano al pragmatismo si sostituisce il tifo da stadio è bene farsi da parte. L’agone politico è oggi più convulso che mai, come ebbe a riassumere un caro amico negli scorsi giorni, “forse solo gli italiani non capiscono i rischi che il Paese sta correndo, oggi“.
Proprio per questa ragione vorrei cercare di fare un passo indietro, restando ai fatti. Mi ha infatti colpito come alcuni soggetti in particolare, soprattutto con sponda “certa stampa”, cerchino di coinvolgere dei valorosi uomini dello Stato nella diatriba tutta politica che sta dilaniando il contesto romano, che forse scopriremo in futuro nascondere aspetti inattesi alle folle (…). In tale contesto, in un paese democratico, è sempre il governo a dover dare gli input operativi, a cui gli uomini dello Stato – che furono i Dalla Chiesa, i Calipari, i Boris Giuliano, Ambrosoli, Chinnici, senza scomodare i più noti Falcone e Borsellino – sono tenuti a dare seguito, mettendo innanzi tutto il proprio Paese e le sue leggi.
Or dunque, quando viene dato un ordine bisogna eseguirlo, ben sapendo che esistono in parallelo vari “checks & balances” atti a garantire l’efficacia e la legittimità degli ordini impartiti.
Non rinnego di aver evidenziato in passato, atti della Corte Costituente alla mano (cfr. Costantino Mortati), il mio scetticismo sulla sospetta inappropriatezza dell’indirizzo scelto dal Presidente della Repubblica nella preclusione a copertura di determinati ruoli governativi di Paolo Savona, peccato che non sia stata investita la Corte Costituzionale nel giudizio finale (…). Ma proprio il metodo che ho seguito nelle mie rispettose critiche passate al Quirinale è indice del rispetto della Procedura, che è lo Stato. Ossia dello Stato in sè, che è soprattutto persone, appunto i servitori del Paese.
Nel caso specifico mi trovo a sostenere l’operato del gen. Vecchione a capo del DIS, per il difficile ruolo di prefetto a capo dei servizi segreti, impegnato oggi a ricomporre gli interessi del Paese in un difficile puzzle (…). Sono stati spesi fiumi di parole inutili e soprattutto dannose non solo sulla politica ma anche sull’uomo Vecchione, come se tutti i servitori dello Stato fossero asserviti al potere. Sappiate che non è così. Il problema dell’Italia, uno dei problemi, è che non difende i propri assets, che includono anche e soprattutto i propri uomini. Ricordo le critiche feroci a Falcone appena prima che venisse trucidato, anche inventandosi appartenenze politiche assurde, magari come conseguenza della sua saggia impostazione mirata a rivedere l’obbligatorietà dell’azione penale sostituendola con indirizzi, come capita nei principali paesi occidentali che non sono colonie (…). Guarda caso pochi oggi ricordano tali critiche, che furono poi lo strumento per delegittimarlo a tal punto da rendere meno ferrea la sua protezione. Stessa cosa accadde per altri uomini dello Stato, poi rimpianti se non venerati solo quando non c’erano più.
Dunque, oggi il gen. Vecchione, arruolato nella funzione prelevandolo dall’esterno dei servizi onde garantire, permettetemi il termine, svecchiamento di un sistema forse con qualche “legacy” di troppo, non si trova solo ad affrontare la difficile ed ingarbugliata sfida politica del Paese, per altro nel mezzo di una crisi economica devastante, la peggiore dal 1920. Infatti, in un atto di puro autolesionismo, il gen. Vecchione sta subendo anche ingiuste critiche alla sua persona che purtroppo mi ricordano molto quelle a Falcone e Dalla Chiesa, atte a politicizzare l’operato di servitori dello Stato.
Grave rischio per lo Stato l’arrivo di altri migranti: forse è arrivato il momento di imporre un blocco navale per impedirlo…
Io dico no a tutto questo. E questo no, un inedito della storia italiana per come emerge (ai tempi di Falcone none esisteva internet e nemmeno i blogs indipendenti) può essere più forte perchè arriva dalla società civile, da quello che il Gioberti identificò come “Il Primato Civile e Morale degli Italiani“, primato che essendo esistito non può essere estinto – ne sono certo -, è solo nascosto, latente, in attesa di emergere. Io invito tutti a fare un passo indietro dal tifo da stadio, lo faccio io per primo. A difesa delle istituzioni, quelle avulse dalla politica.
Politica che mi mette onestamente a disagio come italiano, soprattutto nella mia impossibilità di spiegare alla mia famiglia per metà straniera – e assai governativa nel proprio paese (…) – il caos romano di questi giorni.
Il gen. Vecchione, che esegue degli ordini – come si conviene ad un uomo dello Stato -, per altro riconosciuto da tutti come un galantuomo (anche dai suoi supposti “nemici”), è stato imposto da esterno a capo dei servizi italiani anche per mettere ordine o forse per introdurre quell’elemento di novità atto ad evitare derive che potessero rischiare di mettere a rischio l’integrità dello Stato, integrità a cui chi scrive tiene in modo superiore. Spero ciò non sia il motivo delle critiche alla persona. Ben capendo che un cotanto ruolo – anche di rottura rispetto a sovrastrutture politiche esistenti – possa aver dato fastidio.
Ben ricordando che lo scopo nostro e dei servizi segreti italiani è quello di fare l’interesse dello Stato, nei rispettivi ruoli di ognuno, anche come semplici cittadini. Vedo ad esempio, oggi, un grave rischio nell’arrivo dei migranti sulle coste della Penisola, notificato anche da autorità straniere. Questo rischio deve essere azzerato, se possibile. E non si deve nemmeno ipotizzare che ci siano forze tutte italiane interessate a che ci sia una invasione di migranti, assolutamente. Ricordo infatti che l’impostazione dell’EU è quella di accettare i migranti solo se arrivano sulle nostre coste, non di fomentare il loro arrivo (anzi, se possibile, questo deve essere evitato, pensate che Bruxelles paga da anni la Turchia proprio per evitare che i migranti partano dalle sue coste, ndr).
Spero che gli italiani, come hanno fatto fatto troppe volte in passato, evitino oggi di buttare il bambino con l’acqua sporca. E dunque supportino gli uomini dello Stato come il gen. Vecchione, ossia coloro che sono tenuti ad ubbidire agli ordini ricevuti dalle cariche governative incaricate. Quanto compete all’adeguatezza politica degli ordini impartiti resta tutt’altro affare, che non fa parte del presente contesto.
Mitt Dolcino
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