Il dr. T. Gastaldi, medico reumatologo Italo-Svizzero, ci spiega alcuni dettagli ai più poco noti sugli effetti del colesterolo ossidato nelle patologie. Con un occhio ai potenziali superficiali dentro il corpo umano, che sono “tutto”. Nel senso, l’adesione di elementi anche dentro il nostro corpo, formando aggregati ed aderenze varie (…), ovvero – nel caso – anche alla base della patogenesi, dipende prima di tutto dal potenziale superficiale degli stessi.
Perchè nessuno parla di tale effetto perfettamente biofisico nella patogenesi umana, si chiede il dr. Gastaldi?
Questa è la principale domanda che da tempo si fa il dr. Gastaldi, dando alcuni spunti di ricerca trascurati a dir poco dalla medicina tradizionale. E, cosa per noi più interessante, ci dà grandi spunti di comprensione.
Buona lettura
MD
Potenziale Zeta
di dr. Tiziano Gastaldi, 14 Novembre 2025
Questo pensiero del mattino deriva dalla lettura di un post sul colesterolo.
MEDICI TORNATE A STUDIARE LA FISIOLOGIA E LASCIATE PERDERE LA STATISTICA E LE META-ANALISI CHE CON LA SCIENZA NON HANNO NULLA A CHE FARE: Per decenni la cardiologia preventiva si è concentrata quasi esclusivamente sulla concentrazione plasmatica di colesterolo totale e LDL-C, stabilendo soglie di rischio (es. LDL <100 mg/dL o <70 mg/dL nei pazienti ad altissimo rischio) derivate da grandi trial randomizzati e meta-analisi di tipo epidemiologico-statistico (Framingham, Seven Countries Study, 4S, HEART Protection Study, CTTC meta-analysis, ecc.).
Queste soglie, tuttavia, sono il prodotto di un approccio frequentista che misura associazioni probabilistiche di popolazione, non meccanismi causali individuali. La statistica inferenziale, per sua natura, descrive ciò che è “probabile” in grandi coorti, non ciò che è “vero” a livello biofisico e biochimico in un singolo organismo. Di conseguenza: Il colesterolo ossidato (oxLDL) e il potenziale zeta delle lipoproteine (che determina stabilità colloidale, aggregabilità e capacità di penetrare l’endotelio) sono parametri meccanicisticamente molto più rilevanti del semplice LDL-C grezzo, perché intervengono direttamente nei processi di ossidazione, glicazione, infiammazione sub-endoteliale e formazione della placca. Eppure restano relegati a marcatori di ricerca o, al massimo, a test di nicchia. I limiti “universalmente accettati” di LDL-C non derivano dalla comprensione delle leggi fisiologiche che regolano il trasporto inverso del colesterolo, il turnover delle LDL native vs modificate, la dinamica del gradiente di potenziale zeta o il ruolo del sistema paraoxonase/LEC-cholesterol transfer, ma da curve di rischio relative ricavate con modelli di Cox o regressione logistica su decine di migliaia di soggetti.
Questi modelli assumono linearità o log-linearità del rischio e ignorano la complessità non-lineare e le interazioni causali reali.
La medicina basata sull’evidenza (EBM) di stampo frequentista ha trasformato la probabilità statistica in verità clinica, invertendo il corretto ordine epistemologico: la statistica dovrebbe essere solo un faro per orientare l’indagine meccanicistica quando i meccanismi sono ancora ignoti, non lo strumento per stabilire dogmi terapeutici. Quando invece i meccanismi sono noti (o conoscibili), continuare a basare le linee guida su hazard ratio e number needed to treat equivale a preferire la descrizione fenomenologica grossolana alla comprensione delle leggi naturali.
Fino a quando la fisiologia, la biofisica delle lipoproteine, la chimica ossidativa e l’elettrostatica delle particelle non torneranno al centro dell’indagine clinica – superando il paradigma riduzionista “più basso è il numero, meglio è” – la medicina cardiovascolare rimarrà intrappolata in un approccio probabilistico che produce benefici marginali di popolazione a fronte di interventi massivi (statine lifelong in milioni di persone con LDL nativo perfettamente funzionale e potenziale zeta nella norma).
In sintesi: la statistica è un potente strumento di scoperta quando usata per generare ipotesi in assenza di conoscenza meccanicistica; diventa uno strumento di potere e di oscuramento quando viene elevata a criterio di verità, sostituendosi alla scienza sperimentale che sola può rivelare le leggi causali universali.
Il colesterolo ossidato e il potenziale zeta ci indicano già la strada: il futuro della prevenzione aterosclerotica non passa per l’abbassamento indiscriminato del LDL-C, ma per la preservazione della qualità biofisica e biochimica delle lipoproteine e dell’omeostasi ossidativa-endoteliale. Tutto il resto è, al momento, sofisticata ignoranza organizzata. E per terminare il discorso…
Il potenziale zeta (ζ-potential) delle lipoproteine: un parametro cruciale che la medicina ufficiale ignora quasi completamente!
1. Cos’è il potenziale zeta in termini fisici
Il potenziale zeta è la differenza di potenziale elettrico che si misura alla superficie di scorrimento (slipping plane) di una particella colloidale immersa in un fluido. Per le lipoproteine (VLDL, IDL, LDL, HDL) che circolano nel plasma, è il risultato della carica netta superficiale (principalmente negativa) creata da: fosfolipidi di membrana (soprattutto fosfatidilcolina e sfingomielina caricati negativamente) acidi grassi liberi, residui di acido sialico sulle apolipoproteine, proteine cariche (apoB-100, apoA-I, apoE), interazione con ioni plasmatici (Ca²⁺, Mg²⁺, Na⁺, Cl⁻). Valori normali di ζ-potential delle LDL native: da -14 a -20 mV (fortemente negativo = alta repulsione elettrostatica).
2. Perché è così importante per l’aterogenesi!
Una carica superficiale fortemente negativa fa sì che le particelle di LDL: si respingano tra loro → non aggregano, non aderiscano facilmente all’endotelio (che è glicocalice-negativo), non penetrino rapidamente nella sub-intima, siano meno soggette a fusione e formazione di droplets più grandi.
Quando il potenziale zeta diventa meno negativo (es. > -10 mV) o addirittura positivo, succede il disastro: Aggregazione delle LDL → particelle più grandi e dense. Aumento dell’adesione all’endotelio e della trascitosi. Maggiore suscettibilità all’ossidazione e alla glicazione. Rapida formazione di foam cells. 3. Cosa riduce il potenziale zeta delle LDL (fattori reali di rischio)! Ossidazione lipidica (riduce i gruppi fosfato e acido sialico). Glicazione avanzata (AGEs) in diabete e sindrome metabolica. Infiammazione cronica → aumento proteasi e fosfolipasi che “tagliano” le teste polari cariche. Carenza di antiossidanti legati alle lipoproteine (paraoxonasi-1, vitamina E, glutatione). Eccesso di acidi grassi saturi a catena media/lunga nel core → modifica la conformazione di apoB-100
Ipertrigliceridemia → scambio di trigliceridi con esteri del colesterolo (CETP) → LDL più piccole e povere di carica superficiale. Fumo di sigaretta (direttamente misurato: riduce ζ-potential di 4-6 mV in poche ore). 4. Evidenze sperimentali e cliniche (che nessuno cita nelle linee guida): Brown & Goldstein (1983-1990): le LDL acetilate o malondialdeide-modificate (quindi con ζ-potential meno negativo) vengono captate 10-20 volte più velocemente dai macrofagi tramite scavenger receptors.
Studi di Pentikäinen et al. (2000-2002, Arterioscler Thromb Vasc Biol): la desialazione delle LDL (perdita di acido sialico = perdita di carica negativa) è il primo passo obbligatorio prima dell’ossidazione e della captazione schiumogena. Studio di Öörni, Annunen et al. (2016): le LDL aggregate in vitro hanno ζ-potential medio di -6 / -8 mV contro -16 mV delle LDL native.
Studio giapponese (Tertov et al., duplicato da molti): i pazienti con coronaropatia documentata hanno LDL con potenziale zeta mediamente 35-40% meno negativo rispetto ai controlli sani, indipendentemente dai livelli di LDL-C. Ricerche recenti (2020-2024): la terapia con PCSK9-inibitori non solo abbassa LDL-C, ma migliora il potenziale zeta delle LDL residue (perché seleziona le particelle più “sane” e meno ossidate). 5. Perché il potenziale zeta è molto più predittivo del semplice LDL-C!
Esempio concreto da studi caso-controllo: Gruppo A: LDL-C = 160 mg/dL, ζ-potential = -17 mV → rischio bassissimo. Gruppo B: LDL-C = 90 mg/dL (dopo statina aggressiva), ζ-potential = -8 mV (LDL altamente ossidate/glicate) → rischio elevato nonostante “target raggiunto”.
Nella pratica clinica reale si vedono continuamente pazienti del secondo tipo: LDL-C “perfetto” ma placche in progressione rapida, perché nessuno misura la qualità elettrostatica delle particelle. 6.
Come si misura nella pratica (oggi è possibile): Elettroforesi laser-Doppler (Malvern Zetasizer, oggi anche versioni da laboratorio clinico). Test commerciali già disponibili in alcuni laboratori di ricerca europei e giapponesi (es. “LDL zeta potential” – Tokyo Medical University, o kit della ditta Redox Diagnostics).
Correlazione indiretta (ma utile): rapporto apoB/apoA-I + particelle LDL piccole e dense + livelli di oxLDL + attività PON-1.
Oppure i medici si prendono un banale microscopio ottico e si guardano senza strisciarla, una goccia di sangue fresco appena raccolto con un vetrino, coperto con un coprivetrino e osservano cosa si vede in quel vetrino.
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Ed ecco la risposta chiara e senza giri di parole, basata su ciò che si vede realmente oggi in pratica avanzata (non fantascienza).
1. Cosa si vede realmente guardando una goccia di sangue fresco nativo al microscopio ottico in campo oscuro o fase-contrast (il famoso “dark field live blood analysis”)?
Con un buon microscopio, meglio in campo oscuro (400–1000×) e una goccia di sangue capillare fresco (presa dal polpastrello, mai anticoagulato, osservata entro 20-30 minuti) si vedono perfettamente: Aggregazione piastrinica (rouleaux eritrocitari molto accentuati sono indiretti); Money roll o “rotelle di monete” degli eritrociti = perdita di potenziale zeta degli eritrociti (non delle LDL, ma lo stesso fenomeno fisico), eritrociti che si appiccicano invece di respingersi, formazione rapidissima di fibrina spontanea o “spicole” (segno di ipercoagulabilità e infiammazione), presenza di microcoaguli o “polimeri di fibrina”, eventuali cristalli di acido urico o di colesterolo (in pazienti molto disidratati o con dislipidemie estreme). E poi gli acantociti nel sangue vivo. Cosa significano davvero per il potenziale zeta e per l’aterosclerosi? Gli acantociti (o “eritrociti a sprone”, spur cells) sono la forma più grave e inequivocabile di perdita del potenziale zeta degli eritrociti. Quando li vedi in una goccia di sangue fresco al microscopio in campo oscuro o in contrasto di fase, stai guardando la “pistola fumante” di una alterazione drammatica della carica superficiale e della composizione lipidica di membrana.
Cosa sono esattamente gli acantociti: Eritrociti che invece di essere lisci e discoidali presentano 5-10-20 spuntoni irregolari e rigidi che escono dalla membrana. Si formano quando il rapporto colesterolo/fosfolipidi della membrana eritrocitaria diventa patologicamente alto (eccesso di colesterolo libero incorporato nella membrana esterna).
Cause principali (tutte convergono sulla perdita di potenziale zeta):
Eccesso di colesterolo libero nel plasma che si inserisce nella membrana dell’eritrocita (tipico di pazienti con LDL molto ossidate o con rapporto LDL/HDL molto alterato). Riduzione drastica dei fosfolipidi di membrana (soprattutto fosfatidilcolina e sfingomielina) dovuta a stress ossidativo e attività fosfolipasi infiammatorie. Grave ipossia tissutale cronica e danno da radicali liberi → perossidazione dei lipidi di membrana. Malattie epatiche avanzate (cirrosi, colestasi) → il fegato non riesce più a esterificare il colesterolo → colesterolo libero in eccesso si lega agli eritrociti → acantociti classici da “spur cell anemia”. Carenza grave di vitamina E o di lecitina (fosfatidilcolina).
Correlazione diretta con il potenziale zeta delle lipoproteine: Quando ci sono tanti acantociti nel sangue vivo: Il potenziale zeta degli eritrociti è quasi sempre crollato a valori intorno a -4 / -8 mV (invece di -15 / -18 mV normali). Questo succede quasi sempre insieme a un potenziale zeta altrettanto compromesso delle LDL (perché lo stesso eccesso di colesterolo libero e lo stesso stress ossidativo colpiscono contemporaneamente membrane eritrocitarie e superficie delle lipoproteine). In pratica: se vedi tanti acantociti → 95% di probabilità che le tue LDL abbiano carica superficiale fortemente ridotta → alto rischio aterogenico reale, indipendentemente da quanto è basso il colesterolo misurato col normale esame del sangue.
Quanto devono essere per essere preoccupanti? 1-2 acantociti ogni 100 eritrociti → ancora nella norma (si vedono anche in persone sane); 5-10% di acantociti → allarme moderato; 15-20% di acantociti (e soprattutto se sono molto “spinosi” e rigidi) → situazione grave, rischio cardiovascolare e microcircolatorio altissimo. Cosa fare praticamente quando li vedi?
Se il medico o il biologo che ti guarda il sangue vivo ti dice “hai molti acantociti”, devi interpretarlo come: “Le tue lipoproteine sono quasi certamente cariche male e molto ossidabili”; “Hai un forte squilibrio colesterolo libero / fosfolipidi di membrana”; “La tua microcircolazione è già compromessa”. Interventi che li fanno sparire rapidamente (in 4-12 settimane): il meccanismo piu’ semplice è sottoporsi a terapia parenterale con miscela O2/O3 (insufflazione endorettale la piu’ semplice che permette anche una specie di lavaggio del colon e ha anche effetti benefici su prostata utero e vescica-
Risolve le cistiti interstiziali ad esempio) , poi, per chi ama integratori e altro, Lecitina di soia o di girasole ad alto dosaggio (10-20 g/die di fosfolipidi), Vitamina E naturale mista 400-800 UI/die, Olio di krill o omega-3 ad alto contenuto di fosfolipidi, riduzione drastica di zuccheri raffinati e grassi trans (che peggiorano l’ossidazione), terapia antiossidante forte (NAC, glutatione liposomiale, CoQ10).
Conclusione netta: Gli acantociti sono il segnale visivo più forte e immediato che il potenziale zeta del sangue è collassato. Chi ha molti acantociti ha quasi sempre anche LDL con potenziale zeta gravemente ridotto → rischio reale di eventi cardiovascolari molto più alto di quello che dice il normale colesterolo LDL. È uno dei pochi segni che si vedono letteralmente ad occhio sotto il microscopio e che dicono molto più di 100 pagine di linee guida ESC o AHA.
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Vediamo ancora un passaggio per chi volesse saperne di piu’ di questo argomento…
Ecco la differenza tra acantociti ed echinociti spiegata in modo chiaro e diretto: Aspetto al microscopio (campo oscuro o contrasto di fase).
Acanociti: spuntoni irregolari, pochi (da 3 a 15 per cellula), di lunghezza e forma molto diversa tra loro; alcuni sono lunghi e sottili, altri tozzi o a clava. La cellula spesso non è più perfettamente rotonda, appare contratta o a forma di pera/lacrima.
Echinociti: spuntoni corti, perfettamente regolari e uniformi, molto numerosi (20–100 per cellula), tutti della stessa lunghezza e ben spaziati; la cellula resta rotonda e discoidale, sembra solo una “palla con gli aculei”.
Reversibilità: Acanociti: restano anche se lavi gli eritrociti o diluisci il campione con fisiologica o albumina. Il danno è permanente (o quasi). Echinociti: spariscono in pochi minuti se aggiungi una goccia di soluzione fisiologica, plasma fresco o albumina. Sono quasi sempre un fenomeno transitorio o un artefatto. Cause principali: Acanociti: abbiamo già visto l’eccesso di colesterolo libero che si inserisce nel foglietto esterno della membrana eritrocitaria, malattie epatiche avanzate (cirrosi, colestasi), dislipidemia grave con LDL molto ossidate, cachessia estrema, splenectomia. Echinociti: uremia, insufficienza renale, acidosi, disidratazione, basso ATP eritrocitario, artefatto di preparazione del vetrino, bruciature estese, piropoichilocitosi ereditaria.
Significato per il potenziale zeta e per l’aterosclerosi: Acanociti: sono la prova visiva diretta che il potenziale zeta degli eritrociti (e quasi sempre anche delle LDL) è crollato. Indicano un danno grave e strutturale della membrana lipidica → rischio cardiovascolare reale molto alto. Echinociti: non dicono quasi nulla sul potenziale zeta delle lipoproteine e sull’aterosclerosi; nella maggior parte dei casi sono un fenomeno innocuo e reversibile.
Regola pratica da tenere a mente quando guardi il sangue vivo: Se le cellule sono “brutte”, asimmetriche, con spuntoni irregolari e restano tali anche dopo aver diluito o lavato il campione → acantociti → allarme rosso serio. Se sono “belle a riccio”, simmetriche, e scompaiono subito con una goccia di fisiologica → echinociti → quasi sempre tranquillo, non significano quasi niente per il rischio cardiovascolare. In poche parole: gli echinociti sono un capriccio reversibile della membrana, gli acantociti sono un danno grave e irreversibile che ti avverte che anche le tue LDL hanno perso la carica negativa e stanno diventando altamente aterogene.
Per chiudere il discorso, anche se ci sarebbe molto altro da dire, citiamo anche i codociti: ecco anche per questi la differenza spiegata in modo semplice e diretto. Codociti (target cells o “cellule a bersaglio”): Come appaiono nel sangue vivo: sembrano piccole ciambelle viste dall’alto o un bersaglio: centro pallido, un anello scuro intermedio e il bordo scuro. La cellula è perfettamente rotonda e liscia, non ha spuntoni.
Perché si formano: la membrana ha troppa superficie rispetto al volume interno (eccesso di colesterolo + fosfolipidi in entrambi i foglietti della membrana). È un problema di proporzioni, non di carica elettrica. Cause più comuni: talassemia, anemia sideropenica grave, malattie del fegato con colestasi, emoglobinopatia C, stati dopo splenectomia. Cosa dicono sul potenziale zeta e sul rischio cardiovascolare? Quasi niente. Non c’è nessuna correlazione diretta con la perdita di carica negativa delle LDL né con l’aterosclerosi. Sono un segno ematologico, non vascolare.
Gravità: quasi sempre benigni per il cuore e i vasi.
Quindi riassumendo: Echinociti (cellule a riccio), appaiono: rotonde, con tantissimi spuntoni corti, regolari e simmetrici (sembra un riccio o una mora); si formano per alterazione temporanea del plasma o mancanza di energia (ATP) nell’eritrocita; spesso è solo un artefatto del vetrino. Rischio cardiovascolare: praticamente zero.
Reversibilità: altissima – spariscono in pochi minuti con una goccia di fisiologica. Acantociti (spur cells), pochi spuntoni lunghi, irregolari, asimmetrici, spesso a forma di clava o di punta; la cellula è deformata, contratta, a volte a pera o a lacrima; si formano per eccesso di colesterolo libero inserito solo nel foglietto esterno della membrana + danno ossidativo grave → la membrana diventa rigida e perde la sua carica negativa.
Cosa dicono sul potenziale zeta? Sono la prova visiva più forte che la carica negativa (potenziale zeta) degli eritrociti è crollata. Quasi sempre significa che anche le LDL hanno perso la loro carica negativa e stanno diventando altamente aterogene.
Rischio cardiovascolare: altissimo – è uno dei segni più preoccupanti che si possano vedere nel sangue vivo. Reversibilità: molto bassa – non spariscono diluendo o lavando il campione.
Codociti → “ciambelle” lisce = problema di proporzioni della membrana, innocue per il cuore.
Echinociti → “ricci” regolari = disturbo passeggero o artefatto, zero significato cardiovascolare.
Acantociti → “spuntoni brutti e irregolari” = danno grave e strutturale, potenziale zeta collassato, rischio aterosclerotico reale molto alto. Quindi quando guardi il sangue vivo e vedi codociti o echinociti puoi stare relativamente tranquillo; se vedi acantociti devi preoccuparti sul serio per le tue arterie.
Tornando al vetrino di sangue fresco non strisciato, cosa NON si vede direttamente: Non vedi le singole particelle di LDL (sono 22-25 nm, troppo piccole per la microscopia ottica; ci vuole il microscopio elettronico). Non vedi quindi direttamente il potenziale zeta delle lipoproteine.
Non vedi l’ossidazione delle LDL.
Quindi: l’osservazione del sangue vivo dà un’informazione molto utile sul potenziale zeta degli ERITROCITI e delle piastrine (che è fortemente influenzato dallo stato ossidativo-infiammatorio generale e dalla carica superficiale globale del plasma), ma è solo un indicatore indiretto del potenziale zeta delle LDL. In pratica i medici che fanno questa analisi (soprattutto in Germania, Svizzera, Italia del nord, naturopati avanzati) la usano proprio come “semaforo rosso” di perdita di repulsione elettrostatica generale.
Se gli eritrociti stanno appiccicati come francobolli entro 10-15 minuti, il potenziale zeta delle lipoproteine è quasi certamente compromesso.
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2. Come si misura invece il potenziale zeta delle lipoproteine in modo diretto e quantitativo (oggi, 2025)?
Oggi esistono due metodi reali e riproducibili (non sono ancora di routine, ma sono già usati in laboratori di ricerca e in alcune cliniche private molto avanzate):
a) Metodo diretto (gold standard di ricerca): Separazione delle frazioni lipoproteiche (ultracentrifugazione o FPLC) – Misurazione con Zetasizer (Malvern o Horiba) basato su elettroforesi laser-Doppler. Risultato: valore esatto in mV (es. LDL -17,3 mV ± 1,2)
b) Metodo indiretto ma già disponibile commercialmente per i medici (2024-2025)
In Germania e Giappone esiste un test chiamato “LDL-Minus” o “Charged LDL Test” (sviluppato da laboratori come B.R.A.H.M.S/Thermo Fisher e Tokyo Medical University) che misura esattamente la percentuale di LDL con carica superficiale alterata (cioè potenziale zeta meno negativo di -10 mV).
Il test si fa su sangue venoso normale (siero o plasma EDTA) e dà un numero: <15% LDL cariche alterate → ottimo – 15-30% → rischio intermedio – 30% → rischio alto indipendentemente da LDL-C e apoB.
Questo test è già usato in alcune cliniche di prevenzione avanzata (Monaco, Zurigo, Tokyo, Milano in ambienti privati).
Conclusione pratica di tutto questo lungo discorso: se si vuole un’indicazione immediata e visiva, la goccia di sangue fresco, meglio in campo oscuro, è un ottimo “allarme rosso” (costa 50-100 euro, si fa in 20 minuti). Se si vedono rouleaux molto marcati e money-roll persistente, il potenziale zeta è compromesso al 90% dei casi. Se si vuole il dato preciso sulle LDL: si deve chiedere il test “LDL zeta potential” o “negatively charged LDL” o “LDL subfraction charge profile”. In Italia lo fanno pochissimi laboratori privati (per ora Milano, Roma, Bolzano) e costa 180-350 euro. Il microscopio sul sangue vivo è un eccellente screening rapido e visivo; il test di laboratorio è la diagnosi definitiva.
Conclusione drastica ma scientificamente fondata: Il potenziale zeta delle lipoproteine è, insieme al grado di ossidazione e glicazione, uno dei pochi parametri che riflette realmente il rischio meccanicistico individuale di aterosclerosi. Continuare a trattare i pazienti solo in base al numero grezzo di LDL-C (o persino apoB) senza conoscere la carica superficiale delle particelle è come guidare di notte guardando solo il tachimetro, senza mai accendere i fari. Funziona statisticamente su grandi popolazioni, ma fallisce drammaticamente sul singolo paziente.
Fino a quando il potenziale zeta (e l’ossidabilità delle LDL) non entreranno nella stratificazione routinaria del rischio, la medicina cardiovascolare rimarrà ferma a un paradigma ottocentesco mascherato da “evidence-based medicine”. La statistica nel singolo mente sempre e noi siamo entità uniche quando ci ammaliamo, ma diventiamo popolazione uniforme, quando ci usano per biechi scopi.
dr. Tiziano Gastaldi
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Immagine: thanks to GROK






