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Home » L’autonomia strategica dell’Unione Europea (come a Suez nel ’56)

L’autonomia strategica dell’Unione Europea (come a Suez nel ’56)

Franco Leaf by Franco Leaf
4 Settembre 2021
in Generale
- Leggere Disclaimer in fondo pagina
L’autonomia strategica dell’Unione Europea (come a Suez nel ’56)
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Andrea Korybko (sintesi)

Sulla scia del fiasco afgano, i leader europei hanno esortato l’UE a sviluppare una sua autonomia strategica, anche attraverso la cosiddetta “Initial Entry Force” (IEF), composta inizialmente da 5.000 militari.

Il Presidente del Consiglio Europeo (Charles Michel) ha detto che potrebbe essere raggiunta migliorando la “capacità d’azione del blocco”.

L’Alto Rappresentante Europeo per gli Affari Esteri (Josep Borrell), a sua volta, ha lamentato che: “gli Stati Uniti non sono più disposti a combattere le guerre degli altri … Noi europei non siamo stati in grado d’inviare 6.000 soldati per proteggere l’aeroporto di Kabul. Gli Stati Uniti lo hanno fatto, noi no”.

Cinismo strategico

Le intenzioni dei due esponenti politici, palesemente, non sono quelle di ridurre l’interventismo dell’UE all’estero, ma di aumentarlo — soprattutto nel caso in cui gli Stati Uniti non agiscano secondo le loro aspettative.

Nel corso degli anni, alcuni membri dell’Alt-Media Community hanno ingenuamente sperato che la desiderata autonomia strategica dell’UE avrebbe reso il blocco meno disposto a partecipare a guerre guidate dagli americani.

Ma, in realtà, tale autonomia potrebbe portare l’UE ad agire unilateralmente al posto dell’America, se questa non dovesse farlo (analogamente a quanto accaduto durante la crisi di Suez del 1956).

Se da un lato è l’inevitabile conseguenza del nuovo Ordine Mondiale multipolare, dall’altro non significa che possa contribuire alla stabilità globale.

Anzi, forse il contrario … perché gli Stati Uniti potrebbero semplicemente forzare l’Europa, nel caso raggiungessero un qualche pragmatico accordo con le Grandi Potenze rivali.  

Ad esempio, la decisione di rinunciare alla maggior parte delle sanzioni sul Nord Stream II ha costretto l’UE ad accettare che la Russia resti sua principale fornitrice di energia, nonostante Stati Baltici, Polonia e Ucraina si sentissero traditi.

Guidare da dietro le quinte

Una delle prossime sfide, in effetti, riguarda la politica estera polacca che, negli ultimi anni, è diventata sempre più indipendente dall’UE.

Per reazione, Varsavia potrebbe sabotare l’accordo fra “Stati Uniti/Germania’ e Russia” decidendo, assieme ai “Paesi dell’Iniziativa dei Tre Mari” (3SI), di provocare unilateralmente Mosca.

È difficile prevedere esattamente a quale tipo di scenario tutto questo potrebbe portare.

In ogni caso, gli interessi dell’UE si estendono ora su  regioni diversissime fra loro (l’Europa Orientale, i Balcani, l’Asia Occidentale, il Nord Africa e anche l’Africa Occidentale) e, quindi, molto difficili da gestire.

Di conseguenza, è ancora improbabile che l’UE agisca unilateralmente contraddicendo gli interessi americani in uno di questi spazi geostrategici.

Al contrario, sono gli Stati Uniti che potrebbero deliberatamente “tirarsi indietro” per spingere l’UE ad agire in sua vece (il classico “Lead From Behind”) — che questa se ne renda o meno conto.

Ad esempio, se il “patto di non-aggressione” degli Stati Uniti con la Russia procedesse fino al punto di consentire il ri-dispiegamento di molte Forze dall’Europa all’Asia-Pacifico (per contenere la Cina), allora l’IEF dell’UE potrebbe potenzialmente sostituirle.

La Forza Europea (IEF) potrebbe intervenire anche nei punti caldi del Medio Oriente (come ad esempio il Libano) o dell’Africa Occidentale (come il triangolo Burkina Faso-Mali-Niger), con il pretesto di sorvegliare alcune infrastrutture (ad esempio gli aeroporti).

Esattamente quello che Francia e Regno Unito avevano inizialmente proposto per Kabul (nell’ambito Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite), come primo passo verso un intervento più ampio.

Sarebbe questo lo scenario ideale dal punto di vista americano, perché ne risulterebbe un blocco che “condivide l’onere” di quelle missioni.

Ma è improbabile che possa essercene un altro, perché resta in ogni caso notevole l’influenza gli Stati Uniti … non fosse altro perché potrebbero semplicemente abbandonare l’UE a sé stessa, nell’ambito di un ri-bilanciamento complessivo fra le grandi potenze.

Il problema polacco

In questa fase di transizione, in cui l’UE non ha ancora raggiunto una missione condivisa, la sfida principale è quella con la Polonia, che respinge la Germania dalla sua “sfera d’influenza” (i Paesi “3SI”).

Quindi, in occasione delle prossime elezioni, sarebbe utile un “cambio di regime” (ufficialmente “democratico”, ma frutto in realtà della guerra ibrida di US e Germania alla Polonia), per rimuovere l’ostacolo e mettere i “3SI” sotto il controllo di Berlino.

A quel punto si raggiungerebbe l’unanimità degli intenti strategici, che permetterebbe all’UE a guida tedesca di schierare l’IEF negli Stati Baltici e lungo le frontiere della Polonia con Bielorussia, Russia e Ucraina.

La crisi dei migranti dall’Europa Centrale — fomentata da Minsk come risposta asimmetrica alla lobby anti-bielorussa nell’UE — è già un passo in quella direzione, visto che i Paesi “3SI” si sono appellati a Bruxelles per ricevere un sostegno.

Ma questo non è propriamente quello che l’Unione Europea vuole: preferisce il pieno dominio sui loro affari e che la smettano di comportarsi in modo semi-indipendente.

Tuttavia, quest’incidente prova che esiste davvero un blocco quasi autonomo all’interno dell’UE, che potrebbe diventare strategicamente dirompente se continuasse a guadagnare forza e arrivasse a credere che gli interessi dei suoi membri siano meglio serviti provocando unilateralmente una crisi.

Il modo migliore per prevenire questo scenario è che la Germania rovesci il governo polacco e che poi lo guidi per procura.

Pensieri conclusivi

Se l’UE risolvesse il “problema polacco”, potrebbe procedere rapidamente lungo le traiettorie delineate da Michel e Borrell.

Questo, sul breve termine, potrebbe stabilizzare i Paesi al confine dell’UE.

Ma le implicazioni a lungo termine potrebbero essere altrettanto destabilizzanti se la Germania diventasse, con il tempo, sufficientemente forte da ordinare all’UE di agire unilateralmente contro gli interessi russi in Ucraina e Bielorussia.

Per non parlare di quello che potrebbe fare in Asia Occidentale, Nord Africa e Africa Occidentale.

Nelle ultime due regioni attraverso atti di volontà politica, visto che non c’è una Grande Potenza pronta ad opporsi (a parte, forse, la Turchia in Nord Africa).

Per quest’insieme di motivi, a differenza di altri, direi che sia davvero prematuro rallegrarsi per le intenzioni post-afghane dell’Unione Europea.

*****

Link: https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2201

Scelto e tradotto da Franco

*****

I contenuti, le immagini (Google Image), i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun contrassegno del copyright) e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

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Questo sito nasce dall’esigenza di poter condividere analisi e strumenti di analisi indipendenti senza alcuna affiliazione politica o di sodalizio in ambito economico o, utilizzando una aggregazione precedente, sociologico. crediamo infatti che la libertà di analisi e di critica – solo se costruttiva – deve restare la base di ogni contraddittorio pubblico, sempre in buona fede. L’ambito vuole essere economico, con lo scopo di di analizzare la società con un metro appunto di valorizzazione economica e/o sociologica.

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