W. James Antle III per The Washington Examiner (sintesi)
La Vicepresidente Kamala Harris sta passando un momento difficile nel suo rapporto con i media.
Incaricata di occuparsi della crisi al confine messicano, è diventata il volto pubblico del più grande problema politico dell’Amministrazione Biden.
La Harris e il suo team sostengono che il loro compito sia quello di affrontare le cause alla radice dell’ondata migratoria — ovvero, i problemi umanitari ed economici nei Paesi di origine dei migranti — mentre è il Dipartimento della Sicurezza Nazionale che deve gestisce il confine.
Ma il primo “viaggio diplomatico” connesso alla sua missione (Guatemala) è stato un fiasco — e così i media l’hanno stroncata.
Anche le interviste concesse dalla Harris sono diventate un problema.
“Ci sono preoccupazioni sul fatto che qualche progresso possa essere stato oscurato dalle sue risposte” — ha riferito Jeremy Diamond della CNN — “Tutto questo ha creato delle perplessità in alcuni Funzionari dell’Amministrazione e nel suo Team”.
Poi sono arrivate notizie che l’Ufficio della Harris sia un luogo molto difficile in cui lavorare.
In un primo momento, molti dei mormorii sembravano rivolti verso Tina Flournoy, “Capo dello Staff” della Harris.
Ma, nel giro di pochi giorni, sono affiorate preoccupazioni sulla sua capacità di sostituirsi al Presidente Joe Biden, se ce ne fosse bisogno, visto che ha 78 anni e diverse patologie senili.
Axios ha scritto che: “Molti democratici, compresi alcuni Alti Funzionari dell’Amministrazione, non credono che lei possa sconfiggere un qualsiasi candidato che il Partito Repubblicano metta in campo — compreso, ovviamente, Donald Trump”.
Un Democratico ha detto in incognito che al Partito Democratico non stanno pensando “Oh, no, la nostra erede alla presidenza sta facendo un casino”, ma piuttosto “Oh, sta facendo casino. Forse non dovrebbe essere lei l’erede”.
I sondaggi confermano questo scetticismo.
Se è vero che i Repubblicani hanno faticato a sferrare un colpo davvero decisivo contro Biden, è anche vero che hanno avuto più fortuna con la Harris.
“Da cento giorni Kamala Harris è la zarina della frontiera” — ha detto pochi giorni fa il Direttore del Comitato Nazionale Repubblicano Tommy Pigott — “Cento giorni di fallimento costante”.
Anche chi vorrebbe aiutarla finisce con l’intaccare ancora di più la sua immagine.
“Sulla base di quello che riesco a vedere, il suo lavoro come n. 2 potrebbe finire con l’essere un sovrappeso piuttosto che una manna” — ha detto Christina Greer, una politologa della Fordham University, sulle pagine del New York Times — “La Harris dovrebbe essere protetta, non delegandole nulla di difficile o importante”.
“Kamala Harris sarà probabilmente la candidata democratica nel 2024 o nel 2028. Il team di Biden dovrebbe darle incarichi che facilitino la sua vittoria. Invece, le stanno dando problemi impossibili da risolvere che, probabilmente, diventeranno delle passività” — ha twittato Ezra Klein, un importante opinionista liberal.
Per gran parte della sua carriera la Harris è stata una donna in ascesa.
Le rimane solo un decennio prima di andare in pensione come Procuratore Distrettuale di San Francisco. Inoltre, è stata per sei anni Procuratore Generale della California e ha servito al Senato per quasi un intero mandato.
La Harris, in effetti, deve l’incarico alla sua età e all’identità del Presidente. È stata scelta per bilanciare il ticket.
Biden è un “vecchio uomo bianco” in un Partito Democratico sempre più diversificato. La Harris ha 56 anni, è nera, di origine caribico-asiatica e donna.
La prima, in ciascuna di queste categorie, a detenere la Vicepresidenza.
La Harris cominciò affiancando il Governatore della California, Jerry Brown (di cui era amante), nella sua prima corsa a Procuratore Generale dello Stato nel 2010.
In uno Stato “profondamente blu”, superò l’avversario repubblicano con un misero 46,1% dei voti (contro il 45,3%).
Brown, invece, sconfisse il Repubblicano Meg Whitman con il 53,8% dei voti — contro il 40,9%.
La prima vittoria “netta” la ottenne nella “campagna per il Senato” del 2016, ma senza che ci fosse un avversario Repubblicano. La Harris vinse contro la collega Democratica Loretta Sanchez.
Annunciò che stava cercando la “nomination presidenziale democratica” il 21 gennaio 2019, ma sospese la sua campagna il 3 dicembre, meno di un anno dopo e prima che un singolo voto fosse stato espresso.
Le critiche alla sua “campagna presidenziale” furono analoghe a quelle che le vengono espresse, oggi, come Vicepresidente.
“La signora Harris è l’unica Democratica ad essere caduta, in queste primarie, fuori dalla fascia alta dei candidati” — scrisse il New York Times prima che lei abbandonasse la corsa — “E’ ondivaga. Cambia continuamente i suoi messaggi e le sue tattiche, ma davvero con poco effetto — e ha uno staff diviso in fazioni”.
Non solo, poco prima di quel dicembre un sondaggio del Berkeley Institute of Governmental Studies condotto per il Los Angeles Times svelò che i democratici californiani volevano che lei si ritirasse (61% a 24%).
Ironicamente, la campagna presidenziale della Harris raggiunse l’apice con la critica rivolta a Biden su questioni razziali.
Criticò l’anziano front-runner per la sua passata opposizione al “busing forzato” [trasporto degli scolari su autobus], volto a raggiungere l’equilibrio razziale nelle scuole: “C’era una bambina in California che veniva portata a scuola, in autobus, ogni giorno. Quella bambina ero io!”.
Ma poi, la Harris non fu in grado di articolare una posizione fattuale che fosse sensibilmente diversa da quella di Biden.
Anche la sua posizione sul “Medicare per tutti” era altrettanto confusa. Non era chiaro se stesse correndo sulla corsia di sinistra o di centro. E questo la portò fuori strada.
La Harris, inoltre, è definita una calcolatrice ed è letteralmente assediata dalle lamentele del suo staff — tratti comuni a tutti i suoi rivali del passato, come ad esempio il Segretario ai Trasporti Pete Buttigieg e lo stesso Biden.
Gli incarichi della Harris sono aumentati a causa dell’età di Biden e della conseguente importanza del suo ruolo nell’Amministrazione.
Incontra i leader stranieri e appare spesso vicino al Presidente sia nello Studio Ovale che negli eventi pubblici.
La speculazione sul fatto che possa essere lei la candidata democratica del 2024, se Biden non si candidasse, aumenta enormemente le preoccupazioni — e induce fortemente qualche Democratico a desiderare che deragli.
Nonostante le voci su un rapporto conflittuale, i vertici di Biden non hanno mai “lasciato appesa” la Vicepresidente.
“Cerco di non parlare dei rapporti o delle fonti anonime” — ha detto Jen Psaki ai giornalisti nel briefing quotidiano con la stampa, quando gli è stato chiesto delle vicende della Harris — “Dirò solo che la Vicepresidente è una partner incredibilmente importante per il Presidente. Ha un lavoro impegnativo, un lavoro difficile. Ma, a parte questo, non ho intenzione di fare ulteriori commenti”.
La Casa Bianca ha tirato fuori armi ancor più grandi per cercare di difendere a tutto campo la Harris.
“Lei sta dando dei buoni risultati su immigrazione, piccole imprese, diritto di voto e crescita economica” — ha dichiarato Ron Klain, Capo dello Staff di Joe Biden, quando la Harris ha dichiarato che il suo compito era uno “show di merda”.
Ma, per quanto la Casa Bianca si stia sforzando, con l’incombere delle elezioni di metà mandato sostenere l’immagine di Kamala Harris sta diventando un lavoro sempre più difficile.
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Link: https://www.washingtonexaminer.com/news/kamala-in-crisis
Scelto e tradotto da Franco
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