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Home » Se la Cina attaccasse Taiwan, cosa farebbe l’Europa?

Se la Cina attaccasse Taiwan, cosa farebbe l’Europa?

Qualsiasi decisione fosse presa determinerebbe, per i decenni a venire, il posto dell'Europa nel mondo.

Franco Leaf by Franco Leaf
1 Novembre 2021
in Generale
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Redazione: dopo il fiasco del G20 straordinario sull’Afghanistan e di quello routinario concluso ieri, non ci resta che assistere al fiasco del COP 26, sul quale ci siamo espressi alcuni giorni fa anticipandone l’esito.

Sembra davvero che l’UE stia parlando del niente, con la testa nella sabbia davanti ai problemi concreti, come ad esempio la reazione a un possibile (inevitabile?) attacco cinese a Taiwan.

Proponiamo un’analisi di parte, ma sufficientemente chiara e oggettiva nel presentare la questione.

Invece di confrontarsi con la realtà, l’Occidente si è occupato al G20 di una specie di sogno ecologico crollato fortunatamente su sé stesso (come altro definire un obiettivo senza data?), prima che potesse trasformarsi in un incubo.

*****

Joris Teer e Tim Sweijs per The Diplomat, basato su un articolo dell’olandese nrc.nl

Immaginate questo scenario: è il 10 aprile 2024, ore 2:30 del mattino.

Il Primo Ministro olandese Mark Rutte convoca il suo Gabinetto per discutere una richiesta d’emergenza proveniente dagli Stati Uniti.

Dopo anni di provocazioni, il Presidente Xi Jinping ha agito: la Cina sta attaccando Taiwan.

Il Presidente Joe Biden appoggia Taipei e invia la Settima Flotta statunitense nello stretto di Taiwan.

I rischi sono grandi. Questa crisi è diversa da quella del 1996, quando Bill Clinton ordinò a due “gruppi da battaglia” — all’epoca, il simbolo del dominio militare degli Stati Uniti — di navigare attraverso lo stretto di Taiwan per scoraggiare la Cina.

Pechino non poté far altro che guardare da bordo campo. Questa volta, invece, ha il vantaggio di giocare in casa con il suo sofisticato arsenale missilistico, in grado di affondare le portaerei statunitensi.

Gli Stati Uniti, di conseguenza, invocano il patto AUKUS — il trattato di difesa fra Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

Biden chiede al gruppo di portaerei britanniche di effettuare un’operazione relativamente a basso rischio: il blocco dello “stretto di Malacca” per strozzare i rifornimenti di petrolio e i commerci della Cina.

La Fregata olandese Zr.Ms. Evertsen fa parte dello squadrone britannico. Una portaerei francese e una fregata tedesca, che navigano nei pressi, ricevono la stessa richiesta.

Gli inglesi aderiscono. Gli olandesi, i francesi e i tedeschi li seguiranno?

Dannato se lo fai, dannato se non lo fai

Rutte parla con i Ministri e i Consiglieri alla Sicurezza competenti, cercando di raggiungere i leader di Francia e Germania.

Ci si aspetta che Pechino consideri questo blocco come un atto di guerra.

Di conseguenza, i porti europei e la rete del gas possono resistere ai possibili cyber-attacchi di rappresaglia?

Le navi europee stanno navigando nel raggio d’azione della base cinese a Gibuti e della Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione?

I cittadini olandesi, tedeschi e francesi che si trovano in Cina saranno al sicuro?

Come faranno i Paesi Bassi e l’Europa a ricevere ancora le terre rare e i beni essenziali provenienti dalla Cina?

D’altra parte, se olandesi, francesi e tedeschi rigettassero la richiesta, la reazione americana non sarebbe davvero gentile.

Biden confermerebbe l’“ombrello nucleare” all’Europa? E gli oltre 60.000 soldati americani resterebbero nel continente europeo?

Vista la deplorevole situazione delle Forze Armate europee, ci sono preoccupazioni sul fatto che Vladimir Putin possa approfittare della situazione per creare un nuovo “fatto compiuto” ai confini orientali dell’Europa — come del resto ha già fatto nel 2014 con l’annessione della Crimea.

In breve: le decisioni che l’Aia, Parigi e Berlino prenderanno, nel caso di un attacco cinese a Taiwan, finirebbero con il determinare, per i decenni a venire, il posto dell’Europa nel mondo.

Scenario Taiwan: capacità e intenzioni

Un confronto diretto fra due grandi potenze nucleari è lo scenario da Apocalisse del nostro tempo.

Comunque, non è certo che la Cina userà la forza per cercare di annettersi Taiwan — nonostante gli avvertimenti dell’Ammiraglio statunitense Philip Davidson, secondo cui questa minaccia si manifesterà entro i “prossimi sei anni”.

Non è del tutto chiaro nemmeno se gli americani, nell’eventualità, interverranno.

Le guerre, tuttavia, solo raramente sono dei “fulmini a ciel sereno”. Di solito, sono precedute da espresse minacce di usare la forza, combinate con il costante accumulo di capacità militari.

Non c’è dubbio che la Cina stia diventando sempre più assertiva sulla scena globale e sempre più aggressiva nella propria regione, con gli Stati Uniti che stanno prendendo sempre più iniziative per contrastarla.

Entrambe le parti pongono un’enfasi speciale sul destino di Taiwan.

La “riunificazione” con Taiwan è per Xi la massima priorità, direttamente collegata alla sua missione di realizzare il “grande ringiovanimento della nazione cinese“.

Nel corso del caotico ritiro dall’Afghanistan, Biden ha parlato del “sacro impegno” degli Stati Uniti verso Taiwan, mettendolo sullo stesso piano delle garanzie offerte alla NATO, alla Corea del Sud e al Giappone.

E, in effetti, la scorsa settimana Biden ha detto esplicitamente che gli Stati Uniti interverrebbero se Taiwan venisse attaccata.

A fronte di questi propositi ci sono le capacità militari della Cina, che sono in rapida espansione.

Posta davanti al dominio militare degli Stati Uniti nella “guerra del Golfo” (1991) e nella “crisi dello Stretto di Taiwan” (1996), la Cina cominciò fin da allora a modernizzare il suo apparato militare.

Nel 19° Congresso Nazionale del PCC (2017) fu ufficialmente fissato il 2035 come l’anno in cui raggiungere quest’obiettivo, con la Cina che entro il 2050 deve diventare “la potenza militare leader mondiale”.

L’obiettivo principale è quello di poter vincere una guerra combattuta nel suo “cortile di casa”.

Negli ultimi 10 anni, in particolare, questo processo è decollato. Pechino ha investito molto nella meccanizzazione e nella mobilità delle sue Forze di Terra, sviluppando al contempo il più sofisticato arsenale missilistico del mondo.

La Cina ha ora una robusta capacità “anti-accesso e negazione dell’area”, che è il gergo militare per intendere la capacità di negare agli avversari (leggi: gli Stati Uniti e i suoi alleati) l’accesso a una determinata regione (leggi: lo stretto di Taiwan).

Infine, l’ineguagliabile industria cinese sta fornendo le basi per una rapida e ulteriore espansione delle sue capacità.

Nel 2020 la Cina ha costruito il 40pc di tutte le navi del mondo mentre Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania, messe assieme, rappresentano meno dell’1%!

Implicazioni di questo scenario. Raccomandazioni politiche per l’Europa

Come può prepararsi, l’Europa, a questo diabolico dilemma?

Innanzitutto, i suoi leader devono riconoscere che la dura competizione fra grandi potenze è tornata ad essere una caratteristica, forse la più importante, del sistema geopolitico mondiale, proprio come lo era durante la Guerra Fredda.

L’Europa deve definire la propria difesa collettiva senza gli Stati Uniti, specialmente ora che questi non sono più in grado di portare avanti una “Two-War Strategy” — la vittoria in due guerre condotte simultaneamente contro due grandi potenze su continenti diversi.

Nei confronti della Russia, poi, si dovrebbe perseguire una “politica su due binari”.

Da un lato bisogna investire nella deterrenza convenzionale — in termini concreti, l’aumento della preparazione militare, l’accelerazione delle capacità di movimentazione delle truppe, l’acquisto di artiglieria a lungo raggio e, infine, il rafforzamento delle strutture di “comando e coordinamento” per dirigere le operazioni anche senza gli americani.

D’altro lato, è necessario uno sforzo europeo per allentare le tensioni con la Russia, come suggerito anche dal Presidente francese Emmanuel Macron.

In definitiva, il conflitto può essere risolto solo con mezzi politici.

A differenza dai tempi della Guerra Fredda, il mondo è economicamente e tecnologicamente intrecciato.

L’Europa non può cambiare le intenzioni della Cina. Tuttavia, le sue leve d’influenza possono essere ridotte.

Espandere i “controlli sulle esportazioni” e i “regimi di screening” sugli investimenti che mirano ai “beni dal doppio uso” e alle “nuove tecnologie”, impedirebbe che l’Esercito Popolare di Liberazione possa colmare le sue fondamentali lacune usando risorse europee, come quelle sulla guerra antisommergibile e sulla tecnologia dei jet da combattimento.

La dipendenza dalla Cina nei settori strategici dev’essere ridotta. Berretti, pantaloni e divani potranno ancora essere importati, nel 2024. Ma tecnologia nucleare, reti 5G e droni no.

Inoltre, l’Europa deve anche evitare che possa nascere una nuova “generazione di dipendenze” all’interno delle sue infrastrutture critiche, attraverso la transizione energetica.

Gli analisti geopolitici dovrebbero partecipare alla definizione delle politiche climatiche per evitare di generare tali dipendenze.

Anche se i Paesi Bassi e l’Europa prendessero tutte queste misure, la scelta fra sostenere gli Stati Uniti o stare lontano dal confronto influenzerà la sicurezza e la prosperità dell’Europa per decenni.

Una decisione nel merito, quindi, dev’essere presa (con un ampio sostegno politico e sociale) molto prima dello scoppio di una crisi e dovrebbe essere coordinata fra tutti gli Stati europei.

Come primo passo, questo tema dev’essere assolutamente incluso nell’agenda del Consiglio Europeo. Una decisione di questa portata è troppo importante perché possa essere presa dai politici nel cuore della notte.

*****

Link 1: https://thediplomat.com/2021/10/if-china-attacks-taiwan-what-will-europe-do/

Link 2: https://www.nrc.nl/nieuws/2021/10/08/stel-china-valt-taiwan-aan-wat-doen-wij-dan-a4061203

Scelto e tradotto da Franco

 

 

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