Andrew C. Mc Carthy per National Review
Il boicottaggio della NBA è illogico e irrazionale: è fatto contro un apodittico “razzismo sistemico”, dimostrato dalla “caccia” della Polizia ai giovani di colore.
E’ il trionfo della narrazione distorta del pensiero critico e, quindi, perché mai il boicottaggio dovrebbe essere qualcosa di diverso?
Perché un boicottaggio abbia successo, deve trattenere qualcosa che il potenziale consumatore vuole al punto da sentirsi depresso se ne fosse privato.
Lo sport professionistico è stato a lungo una cosa del genere.
Ma la sabbia nella clessidra sta finendo e il boicottaggio non servirà a niente, anche se i giocatori non ne capiscono il motivo.
Con alcune eccezioni gli atleti, pagati profumatamente, sono inesperti in tutte le cose poste al di fuori del loro sport.
Comprensibilmente. Sono giovani e ci vuole una dedizione assoluta per competere al livello d’elite.
Sono male informati (o del tutto disinformati) su quei fenomeni che sono alla base delle loro proteste.
Non si avvicinano alle politiche pubbliche con una mentalità aperta … e anche questo non è colpa loro.
L’educazione, nell’era moderna, ha soppiantato il pensiero critico con il tribalismo, le continue lamentele e l’ostilità al libero scambio delle idee e dei punti di vista.
Sembra paradossale, visto quanto gli atleti sono rispettosi di sé stessi. Ma macerare nei tropi progressisti li ha lasciati privi della percezione di sé.
La ricchezza, l’adulazione e le porte aperte di cui possono godere i giocatori, in gran parte afroamericani, contraddicono la narrazione manichea che ripetono a pappagallo sull’America.
In ogni caso, gli atleti non comprendono che il loro “valore vendibile” consiste nel dare una via di fuga ai problemi personali e alle divisioni sociali.
Per due o tre ore possiamo guardare con piacere un pick-and-roll che, se ben eseguito, è quasi impossibile da contrastare.
Il Conservatore e il Liberal, il tifoso bianco o nero, tutti noi … possiamo immedesimarci nel campione che trascina una squadra alla vittoria.
I giocatori non si rendono conto che quello che i tifosi desiderano è un’oasi dalle turbolenze della vita.
Ma quest’oasi sta scomparendo. I giocatori hanno prima promosso i disordini … e ora li stanno alimentando.
I Liberal rovinano sempre tutto.
Lo so, lo so. Volete dare la colpa anche ai Conservatori. Bè, certo, noi vorremmo che l’etica fosse rispettata.
Vorrei, ad esempio, che tutti si alzassero in piedi per l’inno nazionale.
Un paio di minuti per richiamare la nostra attenzione sul fatto che siamo una comunità nazionale, per non dimenticare chi si è sacrificato per la nostra libertà … per ricordare il dovere di preservarla per i nostri figli.
Questo è ciò che vorrei … ma non insisto sul tema. Si tratta di pluralismo, non della mia strada personale.
Non ho alcuna simpatia per le accuse razziste contro l’inno o la bandiera americana, ma rispetto il diritto di chi rigetta le manifestazioni patriottiche.
Ma qui stiamo parlando di goderci una partita di baseball, non di mandare in onda le nostre dispute politiche!
Vorrei che le manifestazioni patriottiche non fossero controverse … ma va bene, se l’inno ferisce un numero considerevole di spettatori, non suoniamolo più.
Alla fine del discorso, ci sono molti altri forum per discutere di politica e per chiedersi se una nazione possa rimanere tale se una massa critica della sua popolazione ne rigetta i simboli.
Se l’inno viene suonato, però, non rovinatemi il momento — non fatelo se vi aspettate che io, poi, continui a guardare quell’evento sportivo.
I giocatori questo non lo capiscono.
In parte è perché né loro né le persone che li influenzano comprendono la Costituzione di cui ogni tanto amano blaterare.
Non capiscono che il divieto costituzionale a sopprimere la libertà di parola non impedisce a un datore di lavoro o a un’associazione privata, qual’è una Lega Sportiva, di limitare le parole e i gesti [libertà non significa poter dire o fare di tutto, a prescindere dalle Leggi o da qualsiasi altra considerazione].
Non c’è alcun “diritto a manifestare” durante una partita. I proprietari e le Leghe hanno deciso di assecondare questi comportamenti, ma non sono legalmente tenuti a farlo.
A parte questo, i giocatori non riescono a vedere le ovvie ramificazioni dello sconfinato diritto alla libera espressione che esigono per se stessi.
Il loro diritto a offendermi è il mio diritto a ignorarli. Capito? Credo nella libertà, compresa quella dei giocatori.
Se il Governo cercasse d’imporre una Legge che vietasse d’inginocchiarsi durante l’Inno Nazionale, appoggerei chi volesse opporsi, per quanto il gesto mi disgusti.
L’esercizio prudente della libertà è in effetti la nostra aspirazione, forse anche la nostra aspettativa, tuttavia non è un Mandato Costituzionale.
Concedo ai giocatori il diritto di boicottare, di protestare, d’inginocchiarsi e di mostrare disprezzo durante l’Inno Nazionale.
Finché non incitano alla violenza e all’illegalità, hanno il diritto di farlo.
Ma, ancora una volta, ho anch’io dei diritti.
Non stiamo parlando di un Governo che sta sopprimendo il diritto al dissenso dei giocatori.
Stiamo parlando dell’arrogante pretesa degli atleti che il pubblico resti passivo davanti alle loro pagliacciate.
Pensano che i giornalisti progressisti li esalteranno, svergognando al contempo i tifosi che si sentissero offesi.
Io amo lo sport. Ma mi piacciono anche tante altre cose.
Se guardare una partita diventa irritante, posso in alternativa leggere un libro … o fare qualche esercizio ginnico … o compilare un cruciverba … o guardare un film … o fare mille altre cose piuttosto che sopportare l’invasione della politica di uno spazio che non le compete.
L’atleta non vuole più essere la “nostra fuga dai problemi”, non vuole più creare quei momenti in cui le persone si assembrano per celebrare l’amore per lo sport e la competizione.
L’atleta, adesso, pretende di farci la predica … vuol dare il via alla gara non con un lancio o con un calcio d’inizio, ma con un segnale che faccia capire a tutti che è allineato con una specifica parte della comunità — e ostile a quella restante.
Un atleta ha l’innegabile diritto di farlo, ma i diritti non esistono nel vuoto. Sono in competizione con quelli degli altri. Il loro esercizio non è gratuito.
Quando Bill de Blasio e Ilhan Omar cercano di farmi la predica, io cambio canale.
Quando vado a un qualche evento che era stato presentato come una “gara”, solo per scoprire che si tratta di una “manifestazione” volta a farmi sentire sgradito, allora me ne vado.
Chi vuole un pubblico bisogna che gli fornisca quello che vuole, non creargli dei dubbi se restare o meno.
Naturalmente, dobbiamo accettare che la cialtroneria dei BLM sia una cosa importante, perché non è lecito nutrire dubbi su di loro.
Ma, vedete, le uniche persone che credono loro, o almeno che dicono di crederci, sono i ciarlatani della “giustizia sociale” — e, per l’NBA, sostenere il boicottaggio non ha davvero alcun senso.
Nessuna persona rispettabile crede che le vite dei neri non abbiano importanza.
Credere il contrario sarebbe tanto nocivo quanto opporsi all’assunto, altrettanto valido, che tutte le vite siano importanti.
Perché i Liberal ritengono che il concetto secondo cui “tutte le vite sono importanti” sia discutibile?
Perché stanno semplicemente utilizzando i BLM in funzione anti-patriottica — e quindi quello che interessa è che solo le “vite delle persone di colore siano importanti”.
Il genio della sinistra, in effetti, è tutto nel suo cifrario estatico.
Siamo costretti ad avallare slogans di grande effetto: Black Lives Matter! Il cambiamento! La scelta! La giustizia sociale!
Si aspettano che il popolo faccia finta di non capire che questi slogan siano il cuneo di un menu politico che i suoi sostenitori non osano dichiarare apertamente.
Nessuno sostiene che gli atleti non debbano avere una coscienza sociale o un forum per esprimere le loro opinioni politiche.
Vogliamo solo dire che il basket non è adatto a forum di questo tipo.
Gli atleti moderni si lamentano quando questo punto viene messo in evidenza.
Ma, con la loro ricchezza e il loro status, hanno milioni di opportunità per attivarsi in campo sociale. Non hanno bisogno di questi “mezzucci”.
Non possono pretendere che la NBA trasformi i “campi di basket” in una sorta di pulpito per diffondere opinioni che niente hanno a che vedere con quello per cui sono pagati.
Fuori dal campo, in effetti, c’è molto che gli atleti possono fare per far progredire le cause a cui tengono.
LeBron James, ad esempio, ha investito molti soldi nell’educazione dei bambini a rischio.
È da applaudire per la sua capacità di mettersi in gioco direttamente e non solo come segnale della propria virtù.
Nonostante preferisca otturarmi un dente piuttosto che ascoltarlo mentre farnetica sulla “Riforma della Polizia”, molte persone, al contrario, sono interessate a quello che pensa e il suo status gli offre infinite opportunità mediatiche per raccontarlo.
Se lo è guadagnato combinando un talento incomparabile con un’etica del lavoro sovrumana.
Tuttavia, se il prezzo per vederlo giocare è dover sopportare le sue buffonate pre-partita, allora preferisco cambiare canale.
Sono tanti, forse troppi, gli ambiti in cui siamo costretti a sopportare i Liberal e il loro squallido ritratto del Paese. Ma lascino in pace lo sport.
Il boicottaggio dell’NBA, applaudito dai media e diventato di tendenza per altri Campionati, è davvero una pessima idea.
La pandemia chiude i giocatori in una bolla. Ogni partita offre loro la possibilità di giocare davanti a posti vuoti, per acclimatarsi a quel futuro distopico cui sembrano ambire.
*****
Link Originale: https://www.nationalreview.com/2020/08/let-them-boycott/
Scelto e tradotto da Franco
*****
Le immagini, i tweet, e i filmati pubblicati (i contenuti) nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.