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Home » Erdogan punta all’egemonia nel Mediterraneo Orientale

Erdogan punta all’egemonia nel Mediterraneo Orientale

Franco Leaf by Franco Leaf
2 Agosto 2021
in Generale
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Lorenza Forimicola per la Nuova BQ

Kalymnos, l’isoletta dell’Egeo tra Kos e Rodi, è stata protagonista sulla stampa estera perché oggetto delle eterne provocazioni di Erdoğan.

Il 21 luglio, pochi giorni dopo la prima preghiera musulmana nella Basilica di Santa Sofia (nella sua nuova veste), il Sultano con una mossa strategica ha aumentato la tensione nel Mediterraneo. 

Ha annunciato l’avvio d’una missione di esplorazione energetica nell’isola contesa di Kastellorizo, mettendo in allarme la Marina Greca e la Diplomazia Europea.

Immediato il passo indietro di Erdoğan. Ma è stato temporaneo, com’era prevedibile.

Ha annunciato di sospendere “per un po’ di tempo” le attività, in attesa che la controparte si impegnasse in negoziati “senza condizioni”.

A fine luglio, di conseguenza, Ankara ha provvisoriamente abbandonato il progetto di sfruttare gli idrocarburi al largo della costa greca.

Erdoğan è un provocatore e spesso temporeggia solo per osservare le reazioni dei leader internazionali, come ha fatto con il proclama di Santa Sofia. 

Infatti, alle prime provocazioni dell’aspirante Sultano h fatto seguito, pochi giorni dopo, l’accordo sulla demarcazione dei confini marittimi siglato a Il Cairo fra i capi delle diplomazie di Grecia ed Egitto.

Un accordo che ha subito riacceso le tensioni.

In realtà era quello che Erdoğan aspettava per legittimare ogni azione, più che reazione. 

È di queste ore la risposta delle Autorità di Ankara alla firma dell’accordo greco-egiziano. 

Ha emesso una nota di avvertimento sull’area marittima fra Rodi e Castelrosso:  

“Abbiamo ripreso le attività di perforazione nel Mediterraneo Orientale. Abbiamo anche inviato la nave da ricerca sismica Barbaros Hayrettin perché i greci non hanno mantenuto le promesse”. 

L’obiettivo, adesso, è quello di capire se l’ultima mossa di Ankara sia da leggere come una semplice provocazione o se, invece, sia propedeutica all’invio di navi militari in zone che ricadono sotto sovranità greca. 

Il rifiuto della Turchia di riconoscere i limiti stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare è da sempre il casus belli che investe la Grecia, oggetto dell’espansionismo turco.

Ogni giorno c’è una nuova provocazione e non è raro vedere un caccia turco sorvolare Kalymnos.

I greci temono che la Turchia si stia già muovendo con droni e aerei da guerra. In tal senso, hanno messo la Marina in stato d’allerta.

Il Governo di Atene è costantemente in allerta e vive nell’incubo di un nuovo incidente come quello del ’96, quando un tira e molla diplomatico per le isole Imia (appartenenti alla Grecia ma che Ankara rivendica) sfociò in un blitz delle Forze Speciali di Ankara che portò all’uccisione di tre soldati greci.

Le 18 navi da guerra turche mosse da Erdogan hanno scatenato, a luglio, un diluvio di reazioni da Francia e Germania — quest’ultima di solito molto cauta nelle relazioni con la Turchia.

Macron ha condannato duramente la provocazione turca, minacciando anche nuove sanzioni economiche.

Per la stampa turca  la condanna francese ha svolto un importante ruolo dissuasivo. 

Adesso [Macron] continua a lavorare (alle sue condizioni) alla smilitarizzazione delle isole del Mar Egeo e all’obiettivo di sedersi al tavolo con la Grecia.

In un video messaggio pubblicato giovedì 30 luglio, in occasione della “Festa del Sacrificio” (Kurban Bayrami), l’uomo forte della Turchia ha ricordato tutta la sua determinazione a “coronare una vittoria per noi e per i nostri fratelli nella vasta area geografica che va dall’Iraq alla Siria e fino alla Libia”.

Ha specificato che il Paese completrà il lavoro avviato, per di difendere i suoi diritti nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Egeo. 

Promettendo di “lasciare ai nostri figli nuove vittorie”, Erdoğan ha colto l’occasione per sottolineare che, come per la trasformazione dell’Hagia Sophia in Moschea, la Turchia non esiterà a servirsi dei suoi “diritti sovrani”.

Approfittando della debolezza europea, a maggio aveva già fatto lo stesso tipo di gioco al largo di Cipro. 

Dopo l’accordo siglato a novembre 2019 con il Governo dell’Unità Nazionale Libica (GNA), rafforzato dalle sue recenti vittorie militari, si è concentrato sullo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo Orientale.

Non si deve dimenticare che il gas, per la Turchia, è la principale risorsa energetica.

In base all’“accordo” turco-libico Ankara “avrebbe” il diritto di bloccare il progetto del gasdotto EastMed, che mira a esportare gas israeliano nell’Europa Centrale attraversando l’area rivendicata dai turchi.

Perché la sua “resa dei conti” va ben oltre la Grecia. 

Motivato da interessi sia politici che economici, devoto alle migliori ambizioni neo ottomane, sogna se stesso come il leader del mondo arabo-musulmano.

Il motto coniato da Erdogan per la ricerca di gas nel Mediterraneo è: “non ci serve il permesso di nessuno”.

L’idea del conflitto resta ancora lontana ma, sulla base delle schermaglie con la Grecia e l’Europa, non è del tutto campata in aria.

Anche perché Ankara ha una nuova arma in Libia: “la strada degli immigrati”.

Se i turchi prendessero il controllo della politica migratoria libica, sarebbe l’ennesimo disastro per l’Europa.

Come confermano i più importanti analisti internazionali, il sogno e la determinazione dei turchi ad appropriarsi delle  acque comprese tra Creta, l’Anatolia e Cipro non svanirà quando il Presidente non sarà più Erdoğan.

Ma se gli Stati Uniti indulgessero ulteriormente nel sostegno aprioristico ad Atene, Ankara uscirebbe definitivamente dall’orbita occidentale. 

Sullo sfondo una data che inizia a far paura, il 2023.

L’anno in cui la Turchia celebrerà il centenario della nascita della Repubblica voluta da Ataturk.

L’aspirante sultano da diversi anni ha dichiarato l’obiettivo di revisionare in quell’occasione i trattati di Losanna, anch’essi stipulati nel 1923 e che sono alla base degli attuali conflitti turchi.

Qualcosa che interesserebbe anche l’Italia per diverse ragioni.

In primis il fatto che le isole erano del Dodecaneso italiano. Sono appartenute a Roma dal 1912 al 1947.

C’è stato un tempo in cui l’Italia aveva interesse a coprire il ruolo di mediatrice nelle controversie sull’Egeo tra Turchia e Grecia.

Oggi, il bacino del Mediterraneo è d’importanza fondamentale per l’Italia.

Ma le importanti carte che il Paese potrebbe giocarsi non sono comprese o, forse, sono radicalmente ignorate. 

Tra i protagonisti, nel futuro prossimo del “mare nostrum”, difficilmente ci sarà l’Italia.

*****

Link Originale: https://www.lanuovabq.it/it/erdogan-punta-allegemonia-del-mediterraneo-orientale

Scelto e pubblicato da Franco

*****

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