Tom Luongo
Non mi sorprende che l’incontro fra i cosiddetti “Normandy Four” — Ucraina, Russia, Germania e Francia — si sia concluso senza grandi passi in avanti.
Il primo incontro fra il Presidente Russo Vladimir Putin e quello Ucraino, Volodymyr Zelensky, è servito soprattutto per conoscersi.
Tutto questo è molto triste perché si tratta di un’occasione mancata — per Angela Merkel, Emmanuel Macron e Zelensky — per annunciare al mondo la loro indipendenza sulla scena mondiale.
Ma questa è una considerazione tutto sommato secondaria.
E’ vero, infatti, che sono state concordate delle soluzioni per una serie di problemi minori, ma la mancata svolta sul tema principale parla più forte di ogni altra cosa.
Sono la Merkel, Macron e Zelensky ad aver bisogno di qualcosa da parte di Putin.
Germania e Francia, infatti, vogliono che la Russia rientri in Europa come partner a pieno titolo ed entrambi stanno preparando il terreno per eliminare, il prossimo anno, la peggiore delle sanzioni.
Nessuno dovrebbe essersi perso che la questione della Crimea sia stata sollevata una sola volta da Zelensky durante l’incontro — e che sia la Merkel che Macron l’hanno subito spazzata via.
La Crimea non è più la condizione necessaria per porre fine alla situazione di stallo.
Ma ciò non significa che gli Stati Uniti stiano arretrando in Ucraina, anche se Trump sta cominciando a capire fino a che punto era arrivata la corruzione in quel Paese.
Putin e la Russia stanno perseguendo i propri fini e sono felici di risolvere le questioni in sospeso con l’Europa (il transito del gas, le sanzioni, il conflitto nel Donbass, l’invasività della NATO etc.), ma solo a condizioni per loro accettabili.
Altrimenti, continueranno a ricucire con l’Asia Centrale, attraverso condutture del gas, centrali elettriche e ferrovie, per aprire i commerci.
Tutta questa crescita sarà persa per l’Europa, se continuasse a frenare su Russia, Iran e Turchia per paura di far arrabbiare gli Stati Uniti.
La Russia non ha necessità di elemosinare alcunché dall’Europa, ma può piuttosto rappresentare (e rappresenterà) un antipode degli Stati Uniti.
Dal punto di vista di Mosca, l’UE e gli Stati Uniti hanno distrutto l’Ucraina attraverso un cinico stratagemma, per cercare di separarla dalla sfera d’influenza della Russia e fare pressioni geopolitiche sul Paese.
L’Ucraina sarebbe dovuta cadere in grembo all’UE (compresa la Crimea), imbottigliando definitivamente la Russia per poi strangolarne l’economia attraverso la leva del monopsonio [domanda accentrata da un solo cliente ed impossibilità per altri di accedere a quel mercato] sui gasdotti verso l’Europa.
Putin resisterà a questo progetto, dal momento che conosce quanto deboli siano le mani della Merkel e di Macron. Zelensky, infine, è solo una pedina, intrappolata fra loro e gli Stati Uniti all’interno del suo stesso paese.
L’UE ha reso estremamente difficile, per la Russia, costruire i desiderati gasdotti verso l’Europa, modificando costantemente le regole per rendere i progetti sempre meno redditizi. Ciò è dovuto sia alla pressione degli Stati Uniti che all’arroganza della stessa UE.
E’ questa la ragione che ha indotto Putin ad abortire il gasdotto South Stream per reindirizzarlo attraverso la Turchia. Il fallimento del “putsch di Kiev”, per portare il Paese nell’ovile dell’UE, significava che questa avrebbe dovuto pagare il conto per la ricostruzione del Paese.
Ma, visto che le parti migliori del paese o si sono ribellate (il Donbass) o si sono riunite alla Russia (Crimea), aggiungere l’Ucraina all’UE sarebbe stato un incubo, nel 2014-15, al culmine della folle crisi dei rifugiati della Merkel.
E’ stata questa riflessione, innanzitutto, a portare agli incontri di Minsk. Gli accordi erano un modo per congelare permanentemente il conflitto.
Ma una delle parti ha sbattuto le palpebre e ha scaricato la responsabilità dell’Ucraina sugli Stati Uniti, principali istigatori di questo disordine.
Di conseguenza, eccoci qui, cinque anni dopo, a dover prendere atto che è cambiato decisamente poco, tranne che la Crimea è ora solidamente russa e con l’economia in crescita, che l’UE è in gravi difficoltà finanziarie ed economiche e che ha bisogno di riaprire i mercati russi, ormai quasi irrecuperabilmente chiusi ai precedenti fornitori.
La politica tedesca è arrivata fin quasi al punto di rottura e nei prossimi due anni, quelli che mancano alle nuove elezioni, si prevede che il Centro crollerà ulteriormente a favore dell’AfD, Alternative für Deutschland .
Quest’incontro, dopo il disastroso vertice della NATO della scorsa settimana, sarebbe dovuto essere l’occasione giusta (per la Merkel e Macron) per spingere Zelensky su una posizione più solida, almeno su qualcosa.
Quel qualcosa doveva essere il “contratto di transito del gas”, del quale nemmeno i nazionalisti si sarebbero lamentati, perché avrebbe portato denaro nelle casse statali e rafforzato la convinzione degli investitori europei che le forniture di gas non si sarebbero interrotte nel 2020.
Sia la Merkel che Macron avrebbero potuto e dovuto lavorare per ridurre al minimo gli ostacoli legali alla conclusione di quest’accordo: ovvero le cause e le contro-cause della Gazprom, che stanno bloccando l’affare.
Sia Putin che la Gazprom hanno partecipato alla riunione in Normandia facendo delle ragionevoli offerte. Ma anche davanti all’opzione per loro più facile, la Merkel e Macron hanno mostrato la loro impotenza politica.
Assieme a quella di Zelensky, perché non può essere d’accordo su nulla di sostanziale senza essere politicamente sventrato dai nazionalisti, che hanno minacciato la guerra civile se si fosse inchinato alla Russia.
Detto questo, le proteste a piazza Maidan, che hanno avuto luogo durante l’incontro, sono state molto, molto tiepide. La minaccia portata a Zelensky, quindi, è senz’altro inferiore a quella cui si poteva inizialmente pensare ….. ed allora un accordo con la Gazprom potrebbe anche essere vicino.
L’unico fatto sostanziale su cui i quattro hanno concordato è stato la codificazione della formula di Steinmeyer per dare il via agli accordi di Minsk. Poroshenko l’aveva firmata, senza mai attuarla o ratificarla attraverso una Legge.
Ma anche senza, Zelensky non si sarebbe mai mosso per riprendere il controllo del confine ucraino prima di nuove elezioni nel Donbass.
Ma chiederle al popolo di Luhansk e Donetsk è stata una cosa ridicola, dopo cinque anni di guerre sanguinose per prevenire la secessione — assistiti da forniture miliardarie di armi, da mercenari e personale da Stati Uniti, Regno Unito e Canada.
Ma questo era tutto quello che Zelensky poteva offrire. Putin, in questo senso, non aveva alcuna offerta da fare — né peraltro avrebbe dovuto.
Il solo interesse di Putin è di riportare il Donbass sotto il “controllo nominale” di Kiev, per impedire che gli Stati Uniti perdano la faccia e cerchino di conseguenza una guerra calda.
Preferisce che l’Ucraina resti come territorio-cuscinetto fra la Russia e una NATO sempre più disperata. In questo modo nessun missile NATO sarebbe posizionato sul suo confine.
Vista l’ostilità britannica e statunitense nei confronti della Russia, a questo punto chi mai potrebbe biasimarlo?
La Merkel e Macron sono venuti a quest’incontro per bruciare il passato. Macron si è lasciato sfuggire quale fosse la sua vera agenda, quando si riferiva all’Ucraina come ad una “ferita aperta” che doveva essere chiusa.
E’ stato lui stesso ad ammettere che la guerra nel Donbass è stato un conflitto fabbricato ad arte, che non giova a nessuno dei quattro seduti al tavolo — ma che non poteva in alcun modo influenzare.
Alla fine, quindi, è stato Putin a guidare Zelensky attraverso le basi della diplomazia, ottenendo un accordo su questioni come lo scambio di prigionieri, le aree del “cessate il fuoco” (che non sembravano mai reggere sotto Poroshenko) — offrendo infine un prezzo scontato del gas per i consumatori ucraini.
E Zelensky, da parte sua, ha coraggiosamente messo la faccia su questo isolamento riferendosi costantemente al Donbass come ad un territorio “occupato” — un biscottino per i nazionalisti che minacciano la sua presidenza.
Ma non ha ottenuto alcun aiuto dalla Merkel e da Macron, perché entrambi vogliono che egli faccia un accordo con Putin e che prosegua su questa strada.
Jon Laughland, scrivendo per RT, ha detto a chiare lettere che il miglior (il solo?) amico di Zelensky, in Europa, era lo stesso Putin. Perché:
“”A Putin Zelensky piace e vuole che abbia successo. Mosca sa che l’Ucraina è amaramente divisa in due fazioni, una pro e una anti-russa, e che prendono il potere in successione, una dopo l’altra.
La rivoluzione arancione nel 2004 è durata solo 3 anni prima che Viktor Yanukovich vincesse le Elezioni e diventasse Primo Ministro e poi Presidente. La rivoluzione di Maidan è durata 5 anni ma con lo stesso risultato: l’aggressivo Partito anti-russo è fuori dal potere””.
Putin sa anche che il tempo è dalla sua parte.
Se anche il Congresso degli Stati Uniti tentasse di bloccare la parte finale del “Nordstream 2”, lasciandolo incompleto, non c’è alcuna possibilità che la Merkel e i tedeschi consentano che ciò accada — garantiranno comunque i fondi per completare il gasdotto.
La Merkel vuole che l’accordo sul transito del gas aiuti a sostenere il fallito Stato di Kiev, contribuendo a fermare l’emigrazione.
Putin la renderà felice, ma solo se l’UE lo riconoscesse come partner a pieno titolo e non considerasse la Gazprom come una minaccia.
Alla fine, l’Ucraina è importante solo per gli Stati Uniti, perché è un punto di pressione contro la Russia e perché la sua distruzione, tutto sommato, va bene al Deep State: uno Stato fallito al confine con la Russia è in sé stesso una ricompensa per l’”Impero del Caos” [progetto Obama/Clinton].
La grande domanda, a questo punto, è se Trump darà retta al suo istinto consentendo che questo rimasuglio dell’era di Obama finisca — e che siano dannate le procedure di impeachment!
Ricevere il Ministro degli Esteri Russo Sergei Lavrov alla Casa Bianca, il giorno successivo all’incontro dei “Normandy Four”, è un atto simbolico della necessità di una narrazione diversa.
Ma il suo tweet, dopo l’incontro, non implica necessariamente che qualcosa sia cambiato:
[Tweet di Donald J. Trump: Ho appena avuto un ottimo incontro con il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov e con altri rappresentanti della Russia. Abbiamo discusso di molti argomenti, fra i quali il commercio, l’Iran, la Corea del Nord, il Trattato INF, il controllo delle armi nucleari e le interferenze elettorali. Non vedo l’ora di continuare il nostro dialogo, nel prossimo futuro!].
L’unico problema di cui si sarebbe dovuto parlare, in quest’incontro, è quello che non è presente nell’elenco.
In ogni caso, Trump cercherà l’aiuto della Russia per stringere accordi con l’Iran e con la Corea del Nord, sabotati dai suoi diplomatici e dalla “sicurezza nazionale”.
Ma le sue mani sono legate, ora che lo NDAA [National Defense Authorization Act] sta arrivando sulla sua scrivania, con la postilla di nuove sanzioni per le compagnie europee che aiuteranno a completare il “Nordstream 2”.
Questo significa, in conclusione, che Zelensky è andato a Parigi solo per scoprire che non ha alcun amico in Europa, tranne l’unica persona con cui non può esserlo: Putin.
Questo significa che non ci sarà alcun movimento significativo fino alla prossima riunione di marzo.
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Link Originale: https://tomluongo.me/2019/12/10/normandy-zelensky-zero-friends-europe/
Scelto e tradotto da Franco
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