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Home » Una lezione per l’America: l’India c’insegna cosa fare contro l’immigrazione illegale

Una lezione per l’America: l’India c’insegna cosa fare contro l’immigrazione illegale

Franco Leaf by Franco Leaf
3 Agosto 2021
in Generale
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Redazione: Una lezione anche per l’Italia? Inutile costruire recinzioni se poi queste non vengono difese, se necessario anche con le armi (la Spagna lo sta facendo da anni a Ceuta e Melilla!).

E’ lecito, inoltre, parlare di adeguate Forze Paramilitari per il controllo delle frontiere e di Tribunali dedicati all’immigrazione clandestina?

Quando le Forze di Polizia vengono aggredite da bande di clandestini, a volte facenti parte di mafie organizzate, gli aggressori li mettiamo da qualche parte o li liberiamo dopo averli identificati?

Sono quindi utili specifici centri di raccolta (dai quali chiunque, se vuole, può andarsene con in tasca un biglietto d’aereo e un po’ di soldi), magari a livello regionale?

Per concludere, una lezione dall’India, ma non solo per l’America.

—————-

Daniel Greenfield per Sultan Knish e Zero Hedge     

Il confine indiano con il Bangladesh è di 2.582 miglia, persino più lungo del confine americano con il Messico, che è di 1.954 miglia.

I due paesi non sono divisi solo da quel confine, ma anche dalla religione. L’India ha una maggioranza indù dell’80% e una minoranza musulmana del 13%  in aumento.

Il Bangladesh ha una maggioranza musulmana del 90% e la marea dell’immigrazione illegale ha cominciato a spostare l’equilibrio della popolazione in alcuni Stati indiani di confine.

L’India ha costruito recinzioni per decenni, rivestendole di filo spinato e illuminandole perché le guardie potessero vedere cosa succede. A differenza degli Stati Uniti, le guardie sono tante e ben dotate di armi ….. e le usano.

Ciò che rende il confine americano diverso da quello di tanti altri paesi non è la mancanza di recinzioni. Contrabbandieri e criminali assortiti possono trovare punti deboli in qualsiasi configurazione di sicurezza.

Il fatto è che nella maggior parte dei paesi la difesa dei confini è vista come una questione di sicurezza nazionale e quindi sostenuta da una vera potenza di fuoco.

Basti pensare che l’”America’s Border Patrol” ha meno di 20.000 persone, mentre l’indiana BSF [Border Security Force] è composta da 186 battaglioni e 257.363 unità.

È un’organizzazione paramilitare con una sua rete d’intelligence, dieci unità d’artiglieria, una sua aviazione, unità cinofile e persino di cammelli. E le armi non sono solo lì solo per fare scena!

In un decennio oltre 1.000 infiltrati illegali sono stati uccisi mentre tentavano di entrare in India dal Bangladesh. Il personale della BSF può in effetti sparare a vista.

Le barche vengono utilizzate per monitorare le aree fluviali che non possono essere recintate, le unità aeree monitorano il territorio dall’alto mentre quelle d’Intelligence raccolgono informazioni sulle bande di trafficanti.

Ma la prima e ultima linea di difesa viene dal personale armato che controlla le recinzioni ….. e finanche le ombre.

Tempo fa, quando un giovane clandestino del Bangladesh fu ucciso, gli attivisti di sinistra cercarono di utilizzare l’evento per fermare la politica di sicurezza frontaliera a “tolleranza zero”. Ma l’India ha continuato a costruire recinzioni e soprattutto a difenderle.

Ora il paese sta concentrandosi sui milioni di “infiltrati musulmani” provenienti dal Bangladesh che si sono illegalmente stabiliti in India.

L’anno scorso, più o meno nello stesso periodo in cui i media stavano attaccando il Presidente Trump per le sue dichiarazioni, Amit Shah, leader del  Partito Conservatore Indiano BJP, veniva attaccato per aver chiamato “termiti” gli stranieri illegali.

“Milioni d’infiltrati sono entrati nel nostro paese e se lo stanno mangiando come delle termiti. Non dovremmo forse sradicarli?” – chiese Shah  agli elettori del Bengala Occidentale, minacciato direttamente dall’immigrazione illegale dal Bangladesh – “Un governo formato dal BJP raccoglierebbe gli infiltrati uno per uno per poi gettali nel Golfo del Bengala”.

All’inizio dello scorso anno l’Assam, lo Stato indiano in cui nacque il movimento anti-immigrati, cominciò a reprimere l’invasione degli immigrati con un programma di “rilevazione-cancellazione-espulsione”.

Il programma dell’Assam, da quando è in funzione, ha individuato 4 milioni di clandestini in uno Stato composto da 33 milioni di persone.

Molti di loro si erano stabiliti in India, ma mancavano dei certificati di nascita e degli altri documenti che dimostravano la loro cittadinanza.

Come per il problema della sicurezza alle frontiere, le risorse gemelle dell’India sono state la determinazione e la quantità di persone dedicate allo scopo.

Il programma “rilevazione-cancellazione-espulsione” ha cominciato digitalizzando i vecchi registri cartacei per poi confrontarli con i documenti presentati dalla popolazione.

Decine di migliaia di dipendenti governativi hanno esaminato milioni di documenti per controllarli e quindi referenziarli. Le bugie non sono state difficili da individuare come quando, ad esempio, dozzine di persone hanno affermato di essere nate dalla stessa madre.

Il lavoro è tutt’altro che finito, ma il numero di musulmani clandestini potrebbe salire fino a 20 milioni e saranno tutti da rimpatriare in modo anche forzato, una volta che il suddetto programma sarà attivato in tutto il paese.

L’”India’s National Register of Citizens” viene utilizzato per chiarire chi è che appartiene al paese e chi invece no.

Coloro che non sono in grado di dimostrare la propria cittadinanza devono affrontare i “Tribunali degli Stranieri”, che chiedono agli accusati di provare la loro cittadinanza.

Se gli illegali non riescono a farlo possono essere trasferiti in prigione e quindi espulsi. Se provano a schivare i Tribunali, l’apparato del sistema va comunque avanti.

I ca. 1.000 Tribunali per Stranieri dell’Assam sono pieni di lavoro, ma ogni Stato indiano è ora autorizzato a crearne di propri. Nell’Assam si stanno anche costruendo dei campi di detenzione per gli illegali.

Il processo di espulsione di milioni di clandestini potrebbe in effetti rivelarsi impegnativo. Ma l’India aveva già negoziato degli accordi con il Bangladesh per rendere possibili le migliaia di miglia di recinzioni ai confini, usando la leva economica e politica.

Convincere il Bangladesh ad accettare il rimpatrio di milioni di persone, alcune delle quali sono state in India per una generazione, potrebbe essere più difficile, ma i leader del BJP credono che comunque si possa fare.

Gli accordi finanziari potrebbero essere un prezzo molto piccolo da pagare per garantire il futuro dell’India e prevenire l’aumento della violenza islamica nelle aree colpite dall’immigrazione.

L’India sta anche muovendosi contro i 40.000 musulmani clandestini di etnia Rohingya, che sarebbero in realtà un problema del Myanmar, loro paese di provenienza.

Ma al contempo l’India rispetterà i rifugiati legittimi, fornendo loro un rifugio, come anche agli Indù e ai Buddisti in fuga dalla violenza islamica.

Ci sono importanti lezioni che gli Stati Uniti possono trarre dall’India per affrontare le sfide sull’immigrazione.

L’indiano Modi viene considerato controparte naturale di Trump. Sotto Modi il BJP ha sfruttato i prevalenti sentimenti populisti per dar vita ad un piano ambizioso, necessario per affrontare i problemi dell’immigrazione di lunga data.

Il BJP ha capito che doveva insistere sulle questioni migratorie per ottenere sanzioni politiche e un giro di vite.

Il sostegno popolare degli indiani ha permesso al Governo di ignorare le proteste di gruppi di attivisti come Amnesty e Human Rights Watch, ma anche l’opposizione interna e persino quella delle Nazioni Unite.

Il BJP ha capito che la sicurezza delle frontiere, presa da sola, non sarebbe mai stata sufficiente, se non si fa capire ai potenziali immigrati illegali che non c’è alcun futuro ad attraversare il confine.

Costruire un muro di confine è una risposta importante ma parziale. La vera risposta consiste nell’utilizzare la forza militare per proteggerlo e nel porre fine alle pretestuose richieste di asilo, distinguendo gli americani dagli stranieri illegali.

L’esempio dell’India mostra che queste cose possono essere fatte. E se può farlo l’India, può certamente farlo anche l’America.

Nonostante le frenetiche urla dei media c’è un forte sostegno popolare per le misure dell’Amministrazione Trump, che vanno dal rimpatrio forzato alla sicurezza delle frontiere, fino alla richiesta di aggiungere la dichiarazione di cittadinanza nel questionario del censimento.

La questione dei migranti illegali non riguarda i diritti umani o il razzismo. Riguarda il potere politico.

Il BJP lo ha capito e ha fatto una campagna elettorale contro l’opposizione di sinistra, definita come Partito degli Immigrati: “la sinistra ha scelto gli stranieri illegali rispetto ai poveri del paese”.

In India è stato un argomento vincente. Lo sarà anche in America.

———-

Link Originale: https://sultanknish.blogspot.com/2019/08/lessons-for-america-from-indias-war.html

Scelto e tradotto da Franco

*****

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