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Home » Michele Geraci (Lega), capo negoziatore dell’accordo strategico BRI con la Cina, avverte gli USA di fare attenzione al loro debito con la Cina piuttosto che preoccuparsi del debito italiano

Michele Geraci (Lega), capo negoziatore dell’accordo strategico BRI con la Cina, avverte gli USA di fare attenzione al loro debito con la Cina piuttosto che preoccuparsi del debito italiano

mittdolcino by mittdolcino
3 Agosto 2021
in Geopolitica
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Michele Geraci (Lega), capo negoziatore dell’accordo strategico BRI con la Cina, avverte gli USA di fare attenzione al loro debito con la Cina piuttosto che preoccuparsi del debito italiano
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Il sottosegretario Michele Geraci, durante la partecipazione all’evento politico della Lega sotto l’egida del senatore Siri

Un articolo oserei dire esplosivo per i concetti espressi da parte di un rappresentante apicale del primo partito politico italiano, la Lega. Articolo passato sotto relativo silenzio, rilasciato al quotidiano cinese di lingua inglese, South China Morning Post da parte del capo negoziatore italiano Michele Geraci (in quota Lega) dà le coordinate corrette per interpretare l’obiettivo dell’accordo BRI con la Cina.

Sostanzialmente Geraci sostiene prima di tutto che l’accordo con la Cina è strategico. Inoltre dipinge il livore per l’apertura italiana al BRI – Belt & Road Initiative con Pechino, unico tra i paesi del G7 (con critiche aspre provenienti soprattutto da EU, Germania, Francia ed USA) in quanto determinato principalmente dall’invidia straniera per la scelta di Roma. Da lì le aspre critiche al grande passo, fortemente voluto dei leghisti, in gran parte assecondati nella loro scelta dal M5S.

South China Morning Post: Geraci spiega la linea rivoluzionaria intrapresa da Roma con l’accordo BRI

Il capo negoziatore leghista Geraci si spinge oltre, lanciando sulle prima pagine del quotidiano cinese un duro monito sui rischi che corrono gli USA in relazione al proprio debito con la Cina, meglio sarebbe preoccuparsi di tale critico aspetto piuttosto che criticare l’Italia sul rischio di cadere in una trappola del debito (…). Parole forti quelle di Geraci, che suonano molto simili a quelle annunciate da Andreotti alla fine dei mondiali di Italia ’90 quando, magari confidando sul supporto dell’establishment repubblicano USA di Bush padre (poi inopinatamente caduto alle elezioni successive), spiegò al mondo che Gladio esisteva e che l’Italia se ne dissociava. Da lì vanno ricercate le radici di Tangentopoli, dopo il solito tradimento in corsa dei francesi che usarono la mossa di Roma – di cui erano stati informati – per far leva sul nascente governo Dem targato famiglia Clinton per annientare la classe politica italiana, che infatti da allora è governata da parvenu, fino ad oggi, fino al caso Siri. Passando dal 2011, con Hillary Clinton segretario di Stato durante la caduta pilotata di Gheddafi, in realtà mossa anti-italiana.


Un’unica considerazione: sembra un difetto italiano congenito quello di non imparare dai propri errori, evidentemente. Parimenti, pensare che il popolo capisca sembrerebbe un ossimoro. O meglio, nessun politico ha mai avuto il coraggio di verificare chiedendo deliberatamente e chiaramente aiuto ai votanti italiani in caso di bisogno, secondo chi scrive sbagliando. Forse ciò è dovuto alla degenerazione di Banfield applicata alla politica: alla fine è lo stesso politico italiano, rappresentando la società a cui appartiene, a preoccuparsi non del bene comune ma giusto del proprio interesse personale e/o familistico (amorale) [notasi: non sto parlando dell’accordo commerciale con Alibaba per la vendita del Made in Italy sul portale cinese e dei suoi sub-accordi paralleli, …]. Ossia interessi di un gruppo ristretto, come gli abitanti di Montegrano, la società che Banfield analizzò negli anni ’50, per definizione profondamente arretrata – il motivo era, appunto, il familismo amorale -, come ben spiegava circa 60 anni or sono lo scienziato USA. Società destinata a restare “indietro” in un mondo che cambia, ossia che poteva prosperare solo in un mondo che non evolve – ovvero in crisi – portando a compensazione – come conseguenza di tale arretratezza – una certa stabilità intrinseca in periodi di grande crisi generale (…). Ciò forse spiega il successo relativo dell’Italia durante la crisi del 2008.

Non dovrebbero essere sottovalutate le conseguenze per l’Italia di avallare, cpme Paese e come Governo, durante gli l’accordi BRI, il concetto che Taiwan “è cinese”.

Come vedete poco è cambiato da allora. Con il notabile parossismo che l’aspetto retrogrado della società italiana attuale sembra aver avuto deciso sopravvento anche sulla classe politica locale, che avrebbe dovuto cambiarla: invece di aiutare il paese ad uscire dalle secche ed evolvere, i politici nazionali – spesso con errori marchiani generati presumibilmente da interessi particolari – stanno affondando le residue speranze di sviluppo “reale” per le generazioni future.

Un paese destinato al fallimento, verrebbe da dire per colpa dei politici e del loro DNA familistico. Ossia della loro bassa preparazione che coincide, di norma, con la bassa propensione a farsi aiutare, preferendo – per preservare appunto il vero driver del familismo amorale applicato alla politica – il relativo benessere che deriva per loro stessi dalla copertura di ruoli direttivi, probabilmente senza averne le necessarie capacità. Da lì all’azzerare il merito, considerandolo addirittura come una minaccia personale, il passo è breve.

Mitt Dolcino

*****

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