Il Francis Scott Key Bridge, intitolato all’autore dell’inno nazionale degli States, è stato un ponte importantissimo per Baltimora, fino al suo crollo, con oltre 50 anni di onorato servizio. Tale snodo strategico era di fatto il principale collegamento per il trasporto di merci pericolose tra i due lati dell’harbour atlantico del nord. I due tunnel sottomarini esistenti non permettono infatti tali transiti.
Di più, Baltimora è importante – tra le altre mercanzie trattate – specialmente per: (1.) l’import di auto straniere negli States, molto più limitatamente per l’export [circa 850’000 auto all’anno]; (2.) per l’export di carbone. I container sono invece decisamente residuali rispetto ad altri porti americani, ad esempio in comparazione con quello di NY & New Jersey (…).
In particolare il business delle auto subirà ripercussioni: rileviamo che le attività di svariate case automobilistiche globali si concentrano proprio su tale accesso al mare, vedasi l’americana General Motors, la giapponese Toyota, la francese Stellantis e le tedesche BMW, VW e Daimler-Mercedes.
GM, Toyota, BMW e VW, per la location ed il tipo delle loro operazioni, si sono già dette solo limitatamente interessate al crollo. Mentre la francese Stellantis sembra lo sarà pesantemente, già si stanno approntando piani di contingentamento e di re-routing, quanto meno ciò emerge a leggere la stampa americana. Daimler-Mercedes resta invece silenziosa al momento, ma forse tale silenzio potrebbe nascondere qualcosa di più che mera preoccupazione visto che quasi tutte le auto in arrivo dall’Europa devono passare dal Preparation Center del Gruppo a Baltimora, che usava proprio tale ponte per ricevere le auto importate, per poi poterle vendere negli USA.
Vedremo che succederà. E’ comunque un dato di fatto che proprio le due case automobilistiche la cui dirigenza sembra essere meno strategicamente “pro-USA” del pack EUropeo saranno anche le più pesantemente colpite dagli effetti di tale crollo, essendo Baltimora molto probabilmente il primo porto di elezione delle case automobilistiche europee per l’import auto e affini negli States (…).
L’altro aspetto da valutare appieno è l’effetto sull’export di carbone americano: sembrerebbe infatti difficile nel prossimo futuro rifornire l’harbour atlantico del nord con tale materia prima da export, a causa del fatto che tale ponte fungeva precisamente da collegamento merci per materiale diciamo pericoloso. Vedremo anche in questo caso che piani di contingentamento emergeranno.
Sono emersi per altro ieri sera i primi video che riportavano file enormi di navi in mare, in attesa di scaricare le loro preziose merci per la vendita sul mercato americano, ancora in mare, fuori dal porto di Baltimora (…).
Viene da immaginare che da un lato le case automobilistiche USA dovranno sopperire alla carenza di auto in importazione, causa colli di bottiglia in entrata (in effetti General Moltors sembra punto preoccupata per le conseguenze di tale disastroso evento al ponte Francis Scott, ndr). Mentre lato esterno agli USA ci sarà come conseguenza una relativa carenza nell’offerta globale di carbone.
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In calce vorremmo aggiungere solo alcuni dettagli alla dinamica dell’incidente: una nave che così platealmente colpisce un ponte fatto apposta per permettere il transito marittimo sotto di se appare un fatto quanto meno improbabile. Dunque restano i guasti al cargo, alla guida intendo, ben ricordando che non sarebbe una primizia assoluta (vedasi nave incastrata a Suez qualche tempo fa, molto probabilmente a causa del cambiamento climatico, ndr).
Un vero peccato le telecamere di videosorveglianza sul ponte non abbiano potuto filmare l’evento, a causa di anomalie nel funzionamento.
MD