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Home » Gli italiani non lo notano, ma stanno vivendo il crack argentino al rallentatore. Ecco le evidenze

Gli italiani non lo notano, ma stanno vivendo il crack argentino al rallentatore. Ecco le evidenze

La fine del peg, ossia il cambio fisso tra peso argentino e dollaro, fu preceduta da sintomi economici e sociali perfettamente riconducibili a quello che vediamo oggi in Italia, in prossimità della fine dell’euro (anche se fanno e soprattutto faranno di tutto per nascondervelo). Una breve introduzione

mittdolcino by mittdolcino
23 Gennaio 2023
in Italia come l'Argentina, L'Italia che si rompe
- Leggere Disclaimer in fondo pagina
Gli italiani non lo notano, ma stanno vivendo il crack argentino al rallentatore. Ecco le evidenze
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Ricordo perfettamente a fine scorso millennio, in Argentina, la follia del boom delle protesi mammarie al silicone, per diventare attraenti. In un breve articolo, la Lex Column se ricordo bene, del FT,  spiegava come le spese voluttuarie diciamo inutili fossero esplose in tale frangente in Argentina, pur in presenza di una terribile crisi strisciante, sebbene negata da governo e media asserviti (…).

In parallelo, appunto, le autorità argentine si sforzavano di negare in tutti i modi la crisi. Fino alla permanenza di Carlos Menem alla Casa Rosada, presidente che ebbe vita presidenziale travagliata a causa di tanti scandali in cui venne coinvolto, le cose rimasero in equilibrio sebbene instabile (il figlio sembra venne ucciso)(poi Menem venne messo alla gogna, post crack, condannato/arrestato/…, stile bacio a Totò Riina per intenderci).


Domingo Cavallo e i suoi “miniBOT” alias patacones. Ovvero l’artefice (ultimo) del crack argentino, oggi collega di Mario Draghi al Club dei 30


Alla sua caduta invece l’involuzione fu rapida, fino ad arrivare al crack argentino con Domingo Cavallo e De La Rua, in pochi mesi: complice gli eccessi azionari globali dei tempi, non molto dissimili dagli eccessi sui tassi di interesse (troppo bassi) attuali, il conseguente crack economico argentino fu devastante, nel 2001, ben descritto da Pino Solanas in “Memoria del Saqueo”, “memoria del saccheggio”. Non molto diverso del saccheggio che i politici attuali italiani stanno perpetrando in Italia prima del ritorno alla lira, solo più celato nei tecnicismi (vedasi bonus 110% usato per rifare le ville e palazzi di chi i soldi li ha, facendo pagare il conto alla povera gente, ndr). Perché, si sa, i paesi deboli ma intrinsecamente ricchi, sono sempre i primi a cadere…

Consiglio a tutti gli italiani di vedere il bellissimo documentario del compianto Solanas, ritengo sarà molto utile nei prossimi 2 anni, vedasi sotto.


https://www.youtube.com/watch?v=HU5tGYDe9zk


Ma il nodo più stringente stava nei prezzi argentini, ai tempi, parlo del costo della vita: in parallelo ad una inflazione taroccata, ossia tenuta bassa con la statistica governativa (“inflacion dibujada”), in modo non dissimile da quanto fatto durante il governo di Mario Draghi (quando, ad esempio, inserì nel computo dell’inflazione ISTAT italiana la componente gas mercato libero solo da febbraio 2022, quando il prezzo gas era circa quadruplicato nei precedenti 12 mesi, senza tenerne conto, ndr), i prezzi dei beni di consumo e del vivere argentini esplosero come prezzo. Letteralmente. Insostenibili. Sebbene il governo negasse, “debito e’ bello”, dicevano pure…

Il motivo era semplice: arrivati ad un eccesso di costi sistemici, dati da leggi ingiuste e ammazza business, oltre che da folli adempimenti burocratici dati dalla necessità di mantenere i privilegi di una casta amministrativa nefasta a carro degli interessi delle elites locali, il tutto alimentato da un costo della vita in salita accuratamente taciuto dalle statistiche, ossia con salari stagnanti, le aziende semplicemente furono costrette ad aumentare i prezzi. Prezzi che però, ripeto, non venivano riflessi nelle statistiche inflattive al consumo, men che meno nei salari. E col peg la valuta locale non poteva compensare la perdita di valore intrinseco del sistema, svalutando i fattori produttivi verso l’estero (ovvero innescando finanziariamente compensazione autarchica, un ammortizzatore naturale, ndr).

Da tale contingenza si innesco’ la fine del peg del peso argentino col dollaro. Ossia il crack.
Ricordo per altro che in tale periodo storico pre crack l’Argentina era diventata un posto carissimo da visitare, per i turisti, relativamente ai servizi offerti (ricorda qualcosa?).

Infatti, inevitabilmente i prezzi in salita non facevano altro che deprimere i consumi, o meglio, facendoli nel migliore dei casi scendere di livello, sostituendo beni di consumo più cari e di qualità con prodotti più scadenti e meno cari. Da ciò derivò ulteriore disoccupazione, data da licenziamenti da parte di aziende che chiudevano, in assenza di profitti.



A dire la verità l’Argentina aveva un grande vantaggio ai tempi, enorme: non aveva né l’euro né l’EU.

Dunque, da una parte Buenos Aires poté creare una rete di aziende di stato asservite a sopperire, a prezzi calmierati, le carenze direi sociali date dai prezzi di mercato, caso eclatante YPF SA, l’azienda petrolifera stile Eni argentina, chiamata a fornire prodotti e servizi sotto il prezzo di mercato. Dall’altra, avendo il peso, fu relativamente facile eliminare il peg col dollaro, in quanto la valuta sovrana venne sempre formalmente mantenuta da Buenos Aires, al contrario dell’Italia.

L’Italia invece si inventa oggi il reddito di cittadinanza, per tenere in vita la gente “che non ce la fa”. Ossia una schiavitù di fatto, che a breve implicherà certamente la richiesta di Green Pass ossia di vaccino, per accedervi (…), tempo al tempo.

Inoltre, a suo danno, l’iItalia attuale deve sottostare anche a diktat EU folli quali, su tutti, l’obbligo di ristrutturare in classe D al 2030 tutte le sue case, anche se senza impianto di riscaldamento, con un danno proporzionale per il popolo italiano smisuratamente superiore al resto d’EUropa, visto che le case italiane mediamente sono più antiche di quelle europee, ma anche più  belle.

Una politica corrotta, a Roma, oggi e negli scorsi governi, con il governo di Giorgia Meloni che non fa eccezione (salvo un ripensamento eterodiretto dell’ultimo secondo della Prèmier, …), chiude il cerchio, portando diritti al disastro argentino, ma “con stile”. E al rallentatore.
Ovvero con i Berluscones, ossia il renzusconi, come garanti delle élite EUropee dell’asservimento italico, a garanzie delle stesse elites locali (…).

*****


Immaginate per un attimo i Carabinieri a cavallo, picchiare la gente italiana affamata che protesta a causa dei ladrocini dei politici locali asserviti all’EU, diventando “Carabineris” stile sudamerica…


Prossimi alla fine dell’euro, in Italia, stessi sintomi…

La prova provata della tesi sopra sta nel fatto che i costi della vita ad esempio in Svizzera si stanno avvicinando, e di molto, oggi, ai costi italiani: infatti la Svizzera, col franco forte, ha attutito il colpo inflattivo, non richiedendo uno smisurato aumento dei salari locali a compensazione. Ovvero garantendo stabilità al sistema socio-economico. Parimenti i costi svizzeri, soprattutto di import, sono rimasti bassi per lo stesso motivo, in presenza di stabilità presente e futura del sistema più o meno garantita (…). Dunque i prezzi dei beni di consumo, carne, pane, pesce ecc, sono rimasti relativamente stabili, in tale contesto.
All’inverso, in Italia i prezzi sono saliti molto di più di quanto sarebbero dovuti, per ragioni opposte e per indubbia mania speculativa data da uno Stato che è il primo a taroccare i numeri (inflattivi), dunque non ci si può stupire che la popolazione cerchi di massimizzare quando può: ad es. oggi andare al ristorante in Italia non risulta più così conveniente al netto del viaggio in Italia , men che meno fare la spesa, dalla Svizzera. Anche e soprattutto a fronte di enormi aspettative di caos, in Italia (…).

*****


Immaginate Giorgia Meloni al posto di Menen pre- crack


*****

Dulcis in fundo, oggi l’EU si accorge con colpevole ritardo, di aver tragicamente sbagliato a tenere l’euro basso, ovvero i tassi bassi pur in presenza di inflazione, negli ultimi 18 mesi.
Ciò rappresenta un errore che avevamo ampiamente previsto, pur in presenza di mestatori improvvisati inventatisi pasdaran MMT anche prossimi alla nostra redazione che sostenevano artificiosamente il contrario, poi puntualmente allontanati (per fortuna): infatti voler mantenere l’euro a tutti costi, pur in presenza di paesi molto indebitati che moriranno letteralmente se i BTP salgono di rendimento  – parlo dell’Italia naturalmente -, ha portato l’inadeguatissima C. Lagarde alla BCE, una raccomandata doc, a fare l’errore della vita, ovvero un euro basso rispetto al dollaro al momento sbagliato. Fatto che ha alimentato l’inflazione a dismisura, in EU.

In tale contesto chiaramente inflattivo, qualsiasi teoria di MMT in assenza di valuta sovrana è semplicemente una bugia utile solo a chi ve la racconta, per cercare un ruolo (…).

Infatti, ora che l’inflazione entra in circolo in EU, con richieste di aumenti salariali e di listìni aziendali “su” all’unisono, nei prossimi mesi, gli USA, traditi geostrategicamente dall’EU Franco tedesca dall’accordo di Aachen – notate bene le date – del gennaio 2019, mirabilmente costringono l’EUropa al doppio errore: far oggi salire i tassi – ovvero l’euro – precisamente nello stesso momento in cui i prezzi di produzione salgono causa inflazione entrata in circolo.

Chiaramente il successo della strategia USA dipende PRIMA DI TUTTO dall’arroganza crassa di un élite dirigente di neoaristocratici in EUropa che cancella per sistema la meritocrazia, tipico di chi eredita il potere piuttosto che sudarselo (…)



Risultato: da qui a fine inverno 2023/24 oltre ad avere costi strutturali impossibili, poca o nulla pace sociale causa salari inadeguati ai prezzi, una filiera produttiva a pezzi, in EU si avrà anche un euro forte rispetto al dollaro, cosa che azzererà il suo export.

Crack!

*****

E fu così che la strategia di Jay Powell, mirabilmente divulgata dal grande Tom Luongo, nostro amico, avrà raggiunto il suo obiettivo: rompere non solo l’euro ma anche l’EU (ben rammentando che alla bisogna, se Berlino e Parigi resisteranno, resta sempre per gli USA l’opzione petrolio forte nottetempo)(…).

Ma prima di tale passo fatale, affiancato da un tuning geostrategico che va nella stessa direzione anche usando l’Ucraina (pro- fine dell’euro, ne abbiamo parlato sabato scorso), state certi che l’EU si giocherà comunque il tutto per tutto, per tenere in vita la moneta unica. Ovvero le cancellerie di Bruxelles, Parigi e Berlino forzeranno una deriva neofascista nel paese che più ha armi indirette per distruggere l’euro: parlo dell’Italia dal debito statale enorme e dai risparmi smisurati. A maggior ragione visto che paesi come Francia e Germania puntano da sempre a rompere l’Italia unitaria, per annetterne porzioni, come decine di volte fecero nei secoli passati (…).

Aspettatevi dunque un prossimo fascismo fiscale in Italia, mirato alla confisca dei beni famigliari, una deriva di fatto avallata da una Giorgia Meloni ex fascista (come formazione) sorretta dai partiti pro- EU nei fatti, Lega e Forza Italia in primis.
E se questo non basterà, si attiveranno anche le vaccinazioni farlocche volute/accettate come obbligatorie dall’EU sul COVID, in realtà come se fosse un’arma malthusiana attivabile alla bisogna (…), innescando il panico. Ovvero per salvare l’euro salvando i conti dell’INPS .
Ma questa è un’altra pagina, che scriveremo. Più avanti.

MD

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