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Home » La Guerra Santa

La Guerra Santa

Franco Leaf by Franco Leaf
1 Agosto 2021
in Generale
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Redazione MD: molti articoli sull’ultima iniziativa di Papa Francesco stigmatizzano lo strappo, forse definitivo, con una parte della cristianità — decisa anche alla disobbedienza (ad esempio Joseph Cordileone, Arcicescovo Metropolita di San Francisco).

Fra i tanti interventi, segnaliamo quello di A. M. Valli: certe iniziative, sostiene l’autore, sono tipiche di un’anatra zoppa, ormai prossima alla fine del suo ciclo.

L’articolo che proponiamo si differenzia dagli altri perché pone in risalto, soprattutto, il valore simbolico, religioso, della Messa in latino.

Concludiamo ricordando che, anche a livello culturale, c’è una netta tendenza a banalizzare, abolire, lo studio di questa lingua (e anche del Greco antico). A chi giova la Cancel Culture?

*****

Riassunto dei fatti

Il 16 luglio scorso Papa Francesco ha pubblicato una Lettera Apostolica, la Traditionis Custodes, “sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970”.

In sostanza, il Papa limita fino alla sparizione la possibilità della “messa latina” (quella secondo il Missale Romanum del 1962), concessa da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nonostante la “riforma voluta dal Concilio Vaticano II”.

In sostanza, rimandando la palla ai Vescovi, il Papa marginalizza la liturgia latina (che non può svolgersi “nelle chiese parrocchiali”) sperando di ricondurre a ragione i fedeli dissidenti, latinizzanti.   

La natura dei fatti

Dire la Messa in italiano o in latino non è la stessa cosa: che lingua parla Dio? Qual è la lingua della verità?

Questioni che per il mondano (che parla per comunicare coi propri simili) sono secondarie, nell’ambito dell’eterno hanno una statura decisiva.

La liturgia va partecipata più che capita.

La risposta alla corruzione [degrado] è nella ripetizione di gesti e atti che, pur variando (il rito è sempre diverso, pur restando uguale), posseggono la potenza del petroglifo [incisione su roccia].

Un formulario non si può ‘tradurre’ come se fosse una ricetta da cucina: non è la stessa cosa cantare il requiem in italiano o in latino.

Cosa accade in quell’oscillazione linguistica? Chi è l’invasore e chi la sentinella?

La Guerra Santa

L’azione di Papa Francesco è radicale … un vero e proprio atto di guerra. 

Per capirla bisogna leggere la lettera “ai Vescovi di tutto il mondo” che il Papa ha allegato al Motu Proprio: “La possibilità di usare il Messale Romano promulgato da san Pio V … era motivata, soprattutto, dalla volontà di favorire la ricomposizione dello scisma con il movimento guidato da Mons. Lefebvre”.

Se Benedetto XVI stigmatizzava la “creatività” delle moderne liturgie (ad esempio le musiche pop che punteggiano la liturgia, o le orazioni ‘socialmente utili’ le quali, più che spiegare il testo sacro e approfondirlo, lo riducono a manuale morale o a proclama politico), Papa Francesco è preoccupato, invece, dell’“uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre più caratterizzato dal rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II — con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la ‘vera Chiesa’”. 

In particolare, “dubitare del Concilio significa dubitare delle intenzioni stesse dei Padri e, in ultima analisi, dello stesso Spirito Santo che guida la Chiesa”.

Il Motu Proprio, quindi, esprime ed esalta lo scisma tra ‘progressisti’ e ‘conservatori’ che lacera la Chiesa.

Optare per una lingua, obliando l’altra, quella della ‘tradizione’, è come mutare l’asse terrestre, il moto degli astri, la stessa natura divina.

La fallibile ‘Infallibilità’

Ma l’infallibilità papale, si sa, è fallibile.

In un memorabile discorso sul valore della liturgia in seno alla Chiesa, il 22 settembre del 1956 Pio XII diceva:

“Sarebbe superfluo ricordare ancora una volta che la Chiesa ha gravi motivi per mantenere fermamente nel rito latino l’obbligo incondizionato per il sacerdote celebrante di usare la lingua latina”.

Nella Veterum sapientia del 22 febbraio del 1962, Giovanni XXIII promuoveva lo studio del latino che:

“… per natura si adatta perfettamente a tutte le forme di cultura in tutti i popoli: non suscita invidia, con tutti è imparziale, non è orgoglioso, da tutti è bene accolto … ha una struttura nobile … uno stile conciso, mobile, armonico, colmo di maestà e di dignità, pronto alla chiarezza e al solenne.

Per questo motivo la Sede Apostolica ha sempre preservato con zelo e con amore la lingua latina, degna di indossare come splendida veste la dottrina celeste delle leggi Santissime nell’esercizio del sacro magistero. 

Per questo, la piena conoscenza e l’uso appropriato di questa lingua, così intimamente connessa alla vita della Chiesa, interessa la religione più che la cultura o le lettere”.

Giovanni XXIII, che ha aperto il Concilio Vaticano II, sancisce un legame inestricabile tra la lingua latina e la liturgia cristiano-cattolica, tra quel linguaggio e i sacri misteri.

A lezione da Cristina

Molti hanno dimenticato — con ipocrita sbadataggine — l’irriducibile lotta ingaggiata da Cristina Campo per la difesa della “liturgia tradizionale” contro lo scempio conciliare. 

Il 4 maggio 1966 scrisse, su ‘Una Voce’, che:

“Il latino non è l’unica e sola lingua canonica, ma è quella che la storia ci ha affidata ne varietur.

Il processo seguito da tutte le religioni è di manifestarsi nella lingua del momento, per poi non variare mai più perché deve restare intangibile il momento dell’annuncio, fissato dalla Provvidenza”.

S’impegnò, inoltre, in una possente raccolta di firme … quelle “di persone che siano ben note, conosciute persino dall’uomo della strada — e quindi anche da Sua Santità”.

Tra i firmatari risultano figure di spicco della ‘cultura occidentale’: da W.H. Auden a Luigi Dallapiccola, da Giorgio De Chirico a Victoria Ocampo, da Eugenio Montale a Salvatore Quasimodo, da Lanza del Vasto a Maria Zambrano. 

La ‘bella lotta’ contro l’abuso

Privi di rito siamo muti. Se la liturgia si disfa in litania è come se fossimo nudi.

La Campo non riuscì a vincere quella ‘bella lotta’, ma mai smise di criticare le “eccentricità che degenerano facilmente in abusi”.

Nell’ambito del sacro non regna la politica ma la verità.

Non c’è spazio per questioni ‘culturali’ … perché tutto inerisce la vita e la morte.

Redazione de L’Intellettuale Dissidente (sintesi)

*****

Link: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/societa/papa-francesco-messa-latino/

Scelto e pubblicato da Franco

*****

Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

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Questo sito nasce dall’esigenza di poter condividere analisi e strumenti di analisi indipendenti senza alcuna affiliazione politica o di sodalizio in ambito economico o, utilizzando una aggregazione precedente, sociologico. crediamo infatti che la libertà di analisi e di critica – solo se costruttiva – deve restare la base di ogni contraddittorio pubblico, sempre in buona fede. L’ambito vuole essere economico, con lo scopo di di analizzare la società con un metro appunto di valorizzazione economica e/o sociologica.

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