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Home » La vigilia di una nuova era energetica — La luce che intravediamo è la fine del tunnel … o un treno che arriva?

La vigilia di una nuova era energetica — La luce che intravediamo è la fine del tunnel … o un treno che arriva?

Franco Leaf by Franco Leaf
2 Agosto 2021
in Generale
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Bart per mittdolcino.com

Legna — Carbone — Petrolio — Atomo

Siamo convinti di essere alla vigilia di un cambiamento epocale per la storia dell’umanità. Qualcosa di davvero biblico.

Se ci guardiamo alle spalle, le grandi svolte hanno sempre avuto a che fare con la comprensione e la gestione dell’energia.

Grazie al fuoco, gli uomini primordiali aumentarono le proprie possibilità di sopravvivenza contro gli animali e gli elementi naturali.

Da lì in avanti i più intelligenti cominciarono a manipolarlo non solo per generare calore e cuocere i cibi, ma anche per lavorare i metalli.

La metallurgia permise di costruire sia gli strumenti necessari per cacciare e lavorare la terra in modo efficace, che armi più leggere e precise per difendere sé stessi e le loro civiltà primordiali.

Civiltà che nel frattempo evolvevano attraverso gli scambi commerciali, dal baratto agli strumenti rappresentativi dell’autorità emittente: le monete di metallo.

A questo punto, diventa palese il legame storico fra civiltà, progresso, tecnica, energia e moneta.

Avvicinandoci ai nostri tempi, vediamo come la chimica e la ricerca mineraria abbiano permesso di ricavare dalla terra elementi che contenevano quantità di energia sempre maggiori.

Il carbone, ad esempio, genera molto più calore rispetto alla legna — e lo rilascia in modo lento e continuativo.

Ma se il carbone viene miscelato con altri elementi come lo zolfo e il salnitro, la sua energia può essere rilasciata in modo dirompente attraverso un innesco termico.

La balistica, che annoverava solo lance, archi e catapulte, dopo quella scoperta si allargò fino alle armi da fuoco, determinando l’esito delle guerre sia in Occidente che in Asia.

Al tempo stesso, l’evoluzione della tecnica migliorò l’utilizzo del carbone, ottenendo calore per muovere dei meccanismi.

La “prima rivoluzione industriale” si associa alle “macchine a vapore”, che permisero veicoli sempre più potenti e trasporti su distanze sempre più lunghe, collegando paesi anche molto lontani.

Le linee di comunicazione e d’approvvigionamento furono determinanti per le campagne di conquista e colonizzazione, oltre che per il mantenimento delle strutture di comando e il trasferimento delle risorse dalle colonie al centro degli Imperi.

Densità di energia

Tornando al carbone, una sua unità rilascia più energia di un’analoga quantità di legno. In altre parole, per generare la stessa energia ci vuole molta più legna.

E’ questo il concetto di “densità di energia”.

Avvicinandoci sempre più ai nostri giorni (ma senza ancora arrivarci), passiamo alla seconda rivoluzione industriale, collegata al petrolio.

In quest’ambito, la civiltà ha fatto un altro gigantesco passo in avanti, con mezzi di locomozione sempre più piccoli, potenti e veloci.

I motori a combustione interna, permessi da una fonte di energia come il petrolio, sono in grado di generare la stessa quantità di energia bruciando una quantità di combustibile molto più piccola, facile da trasportare e da distribuire.

Il petrolio e i suoi derivati (basti pensare alla plastica) hanno condizionato il 20° secolo.

Nella Conferenza di Yalta le grandi potenze vincitrici giunsero a un accordo per il futuro equilibrio macroeconomico del mondo, retto da questa fonte energetica potente e controllabile.

Non casualmente, ai perdenti della WW2 fu precluso l’accesso diretto al petrolio, se non come consumatori (Italia caso a parte).

Catastrofismo peloso

E veniamo finalmente ai nostri giorni.

Le attuali discussioni sul global warming (anzi, climate change, visto che fa freddo e nevica ovunque) sono una truffa molto costosa.

Dopo 120 anni di catastrofismi pompati da una stampa a dir poco capziosa, possiamo dire, serenamente, che l’uomo e le sue attività sono sì importanti, ma pur sempre poca cosa nella storia dell’universo — pur senza de-responsabilizzarci per la gestione scriteriata delle risorse naturali.

La criminalizzazione della CO2, molecola fisiologica e fondamentale non solo nella nostra vita, ma anche in quella dei vegetali, non ha nulla di scientifico.

Non è scienza ma scientismo. La CO2 generata da “attività antropogeniche” è solo una frazione di quella emessa dagli agenti naturali.

Inoltre, non esiste correlazione fra la concentrazione di CO2 in atmosfera e qualsivoglia variazione della temperatura.

Il vero gas-serra non è la CO2, ma il vapore acqueo, necessario per generare quell’“effetto serra” che stabilizza la temperatura sul nostro pianeta, rendendola compatibile con la vita umana — mantenendo l’acqua degli oceani allo stato liquido e contenendo le escursioni termiche.

Le variazioni della temperatura atmosferica dipendono dall’attività solare — non stiamo parlando delle intuibili interazioni termiche, ma soprattutto di quelle magnetiche.

Se le vestali del global warming non se ne occupano, è perché non hanno ancora trovato il modo per farci dei soldi.

Le politiche “gretine” per combattere l’inesistente CO2 antropogenica, sembrano indirizzate più a scardinare gli equilibri geopolitici esistenti che non ad affrontare il presunto problema.

Dopodiché, perché in questa discussione sulla CO2 viene ignorato il principale “produttore” di CO2 al mondo, la Cina?

Forse perché non c’è alcuna vera intenzione di ridurre la CO2, ma solo di scardinare un sistema economico fondato sugli idrocarburi?

Il gioco delle tre carte

I “carbon credits” sono dei crediti che ogni industria deve acquistare per poter emettere CO2 (o altro gas-serra), conseguenza dei suoi processi produttivi.

Aggiungiamo altri dettagli: le industrie produttrici di CO2 possono acquistare questi crediti secondo l’offerta (e il prezzo) determinata dall’Ente che li rilascia.

Vi aspettate un’offerta infinita?

E che succede se la vostra industria fosse sgradita, o scomoda, o troppo innovativa o non in linea con chi determina la politica industriale … oppure osasse far concorrenza ai “campioni” di altre nazioni, quelle “davvero democratiche”?

Andiamo oltre: tali crediti sono commercializzabili.

Se ne avete in eccesso, potete venderli ad altre industrie che sono arrivate tardi all’asta, o a chi vi sta simpatico o è disposto a pagare di più.

Inoltre, questo strumento può generare autentiche fortune nei mercati borsistici, da solo o come componente di un derivato ancor più sofisticato.

Ecco, la realtà è che in borsa può essere quotato qualunque sacco d’immondizia che abbia il bollino (a pagamento) di qualche importante società di rating.

Tanto, se qualcuno scoprisse che si tratta di spazzatura, finisce dritto in un qualche derivato da piazzare al povero cristo di turno.

Volete rovistare tra i cassonetti sperando di trovare portafogli smarriti pieni di soldi? Ottimo, provate con queste piattaforme:

  • Chicago Climate Exchange (CCX)
  • European Energy Exchange (EEX)
  • Power Next
  • NASDAQ OMX Commodities Europe
  • European Climate Exchange (ECX)

 “Questa è la via” (cit. Mandalorian)

Seguendo il cammino di coloro che ci hanno consegnato l’odierna civiltà (e non di coloro che cercano di distruggerla), penso che il prossimo e imminente salto tecnologico sia legato al cambio dell’attuale paradigma energetico.

La forma di energia che incrementa ulteriormente la propria “densità” all’interno del “combustibile” utilizzato, rispetto agli idrocarburi, è quella dell’atomo.

L’energia atomica, nell’immaginario collettivo, è legata più ai disastri di Chernobyl e Fukushima che alla quantità di elettricità effettivamente generata — senza considerare le sue applicazioni belliche.

Perché, energia e difesa, procedono sempre insieme.

Tornando al nucleare-civile, la produzione d’energia attraverso la “fissione nucleare” genera scorie pericolose e durature, ma l’energia generata è costante nelle 24h, destagionalizzata e non emette CO2.

Il nucleare merita una discussione non emozionale, basata su dati scientifici e non ideologici, perché i prossimi equilibri geopolitici non ne potranno prescindere.

Quella in corso è una lotta tra oligarchie e popolo, tra chi vuole un futuro di potere e dominio basato sulle gerarchie attuali, e chi ne vuole di nuove fondate su merito e capacità.

È una lotta tra burocrati di stato e uomini liberi.

La libertà si esprime anche attraverso il movimento.

Un esempio? Guardate come le forme di energia, evolvendo, hanno aumentato le distanze che gli uomini potevano percorrere.

Dai 40–50 km del cavallo, si passò alle centinaia di chilometri percorribili da locomotive e navi con motore a vapore.

Per non parlare delle migliaia di chilometri percorribili da un aereo (a cherosene).

Nel nostro piccolo, siamo ancora in grado di fare 8-900 chilometri e anche più con un pieno di gasolio.

Le macchine elettriche saranno in grado di migliorare questa performances? No!

Non solo le macchine elettriche impongono una restrizione del raggio operativo, ma ci vincolano a una rete capillare di distribuzione costosissima e persino difficile da immaginare.

Energia che, soprattutto in Germania, non viene generata dal nucleare, dal petrolio o dal carbone, ma addirittura dalla super-inquinante lignite.

La macchina elettrica è quindi una truffa. Non è quella la strada.

Ce ne giunge un segnale da uno degli ultimi Executive Order dell’Amministrazione Trump:

https://trumpwhitehouse.archives.gov/presidential-actions/executive-order-promoting-small-modular-reactors-national-defense-space-exploration/

In effetti, l’EO 13972, “Promoting Small Modular Reactors for National Defense and Space Exploration”, ha l’obiettivo di stimolare la ricerca scientifica verso sistemi ad alta densità energetica.

Le applicazioni sono inizialmente dedicate all’”esplorazione interplanetaria” (non si possono alimentare le stazioni su Marte o sulla Luna con il fotovoltaico!) e a non meglio precisati impieghi militari.

Ma succede sempre così e il passo verso gli usi civili, di solito, è molto breve.

Immaginate solo cosa potrebbero fare questi piccoli reattori modulari.

Tralasciamo gli small-reactor da 300MW e concentriamoci sui micro-reactor da 10MW, così come definiti dall’EO 13792.

Completamente autonomi e trasportabili su container, possono portare l’energia ovunque sia necessario, creando l’opportunità di colonizzare non solo Marte, ma anche qualche deserto del nostro pianeta, attraverso dei desalinizzatori.

La dimensione della libertà raggiungerebbe vette inesplorate e, con ulteriori micronizzazioni, avremmo automobili con migliaia di chilometri di autonomia, abitazioni energeticamente autosufficienti e ….

Nessuna necessità di reti distributive né tantomeno di “smart-grid”. Nessun inefficiente impianto fotovoltatico e nessun battery pack.

Ma, soprattutto, nessun contatore “intelligente” in grado di monitorare i vostri consumi e trasferirli a una qualche Autorità Centrale, rivelando le vostre abitudini o addirittura la vostra presenza in casa.

Senza volare troppo con la fantasia, tecnologie del genere sono già oggetto di studi avanzati.

Non dobbiamo pensare alle pile al plutonio usate per alimentare le “sonde Voyager” nel loro viaggio senza ritorno (generatori termoelettrici a radioisotopi RTG).

In effetti, il termine “batterie nucleari” è improprio. La generazione di energia elettrica non avviene per reazione chimica di 2 elettroliti.

Sarebbe meglio parlare di generatori betavoltaici, dal momento che l’elettricità viene generata raccogliendo le radiazioni beta di isotopi non dell’uranio o del plutonio, ma ad esempio del Nickel 63:

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0925963517307495

Questi dispositivi possono generare elettricità per piccoli dispositivi e l’efficienza è al momento piuttosto bassa.

Oltretutto, trattandosi di reazioni nucleari, resterebbe comunque da risolvere il problema di come dissipare o sfruttare in modo alternativo l’energia termica in eccesso.

Dopodiché, ci sono i “reattori nucleari modulari di piccola taglia” (SMR), alimentati da piccole quantità di Uranio a basso arricchimento, come quelli su cui stanno lavorando la NuScale di Portland e la canadese U-Battery:

https://www.nrc.gov/reactors/new-reactors/smr/nuscale.html

https://www.u-battery.com/

Sappiamo poi che ENI ed ENEA collaborano a Frascati al progetto DTT (Diverto Tokamak Test Facility), nell’ambito delle ricerche sulla “fusione nucleare”: https://www.dtt-project.it/

Per quanto controversa, l’energia racchiusa negli atomi merita attenzione e forti investimenti, per aumentare la conoscenza e il controllo di questa preziosa opportunità tecnologica.

La strada per il futuro sembrerebbe questa, almeno dal punto di vista energetico.

Appendice

Le testimonianze rilasciate dall’FBI sulle attività di ricerca intraprese da Nikola Tesla — https://vault.fbi.gov/nikola-tesla — meritano una piccola appendice.

Non discutiamo il genio dello scienziato serbo, ma c’è un po’ troppa leggenda intorno a questo personaggio, indubbiamente rivoluzionario.

A differenza delle tecnologie nucleari sopra esposte e già all’attenzione di importanti decision-makers, non ci sono gli elementi concreti per credere all’uso industriale su larga scala delle sue invenzioni.

Intuitivamente, i “campi elettromagnetici” esistenti nello spazio e generati dal nostro stesso pianeta possono essere convogliati e trasformati in movimento o calore a disposizione del genere umano.

Ma questa è materia per il prossimo salto tecnologico, quello che andrà oltre l’atomo.

Bart

*****

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