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Home » Tom Luongo: la fine del grande mito americano. Secessione e non rivoluzione

Tom Luongo: la fine del grande mito americano. Secessione e non rivoluzione

Franco Leaf by Franco Leaf
6 Aprile 2022
in Generale
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Redazione: abbiamo pensato a lungo se pubblicare o meno quest’articolo perché l’invocazione dell’autore, “meglio la secessione che la rivolta in armi”, per tante ragioni non la condividiamo.

Che si vada verso l’Insurrection Act (che non è Legge Marziale, ma così sarà interpretata dalla stampa di parte) è ormai nelle cose, salvo un passo indietro di Trump che a noi non risulta. Anzi!

I dubbi assai fondati su alcuni Senatori, quelli mai del tutto fugati su Pence e su una Corte Suprema che non riusciamo a definire senza usare un linguaggio scurrile, non lasciano spazio a soluzioni mediate.

A queste considerazioni si aggiunge la vicenda di Nashville. Luogo Comune l’ha così definita:  

“”L’obbiettivo dell’esplosione di Nashville era la sede della società telefonica AT&T.

Secondo alcune fonti, in quella sede erano stati portati i server della Dominion che hanno spostato i voti da Trump a Biden.

Importante notare che quest’informazione era stata svelata quattro giorni prima dell’esplosione e non dopo.

Così fosse, sarebbe stata un’operazione per distruggere i server della Dominion e cancellare le prove della frode elettorale.

Ma il Deep State non ha calcolato che Trump ha molte altre prove del golpe””.

Speriamo. Tuttavia, ci chiediamo se ci sia ancora spazio per un’azione che non coinvolga i militari.

Arrivati a quel punto, non è ragionevole pensare a una reazione BLM/Antifa orchestrata dalla “palude”?

E allora, come sarà possibile evitare una forte violenza (escluderemmo una vera e propria guerra civile)?

La secessione invocata da Tom Luongo, quindi, va interpretata per quella che è.

Il grido di dolore, la sofferenza un po’ ingenua (e il resto del mondo?) di un libertario davanti all’uso di mezzi che anche noi fortemente aborriamo. Ma ai quali non c’è ormai alternativa.

*****

Tom Luongo per Gold Goats ‘n Guns (sintesi)

Ricordo come se fosse ieri gli anni ’70, quando andavo in giro per New York City con la mia famiglia durante le vacanze.

A quei tempi il discorso fra i miei genitori, sul sedile anteriore della macchina, era sul fallimento di New York City.

Mio padre, all’epoca poliziotto a New York, ne era parte in causa visto che il “fondo pensionistico della polizia” aiutava a salvare il governo della città.

Ed io fin da allora pensavo: “Se le persone sono in difficoltà a pagare le bollette adesso, cosa succederà fra dieci o vent’anni?”.

Certo, all’epoca ero un ingenuo ragazzino di dieci o undici anni e non avevo idea di questioni come ad esempio la “fuga dei capitali”, ma il sentimento era comunque forte.

Già allora l’”imperatore era nudo” davanti ai miei occhi da bambino.

La situazione era come quella di Roma vicino alla sua fine e la Spada di Damocle pendeva sulla testa della mia generazione in modi che si riusciva a stento ad articolare.

Così, per me, l’idea degli Stati Uniti che si frantumano nelle loro componenti [i singoli Stati] è stata una compagna di viaggio per la maggior parte della mia vita da adulto.

E, come libertario, penso sempre in termini di “secessione” prima che di “rivoluzione”.

Quest’idea siede sulla mia spalla e mi sussurra all’orecchio la verità di ciò che abbiamo davanti.

Siamo arrivati a un momento molto importante della storia del mondo.

Le promesse del liberalismo classico stanno venendo meno di fronte a uno strisciante incubo totalitario.

L’America come mitologia è sempre stata la “casa splendente sulla collina” per l’idea illuminata che i desideri di un individuo che persegue il suo bene potesse sollevare il mondo dalla concezione hobbesiana dello Stato: una guerra “tutti contro tutti” (bellum omnium contra omnes).

Ma l’America come mitologia e l’America come realtà sono due bestie molto diverse fra loro.

E’ proprio questa differenza che viene oggi sfruttata dalla “Gente di Davos” per mettere in moto il processo che dovrebbe portare alla sua prossima vittoria.

Brandon Smith di Alt-Market , nel suo recente articolo, ha parlato della trappola verso cui i conservatori sono stati condotti.

Egli sostiene in modo convincente che la “destra” si stia radicalizzando nel pensare a una “guerra civile armata” per combattere gli “utili idioti” della sinistra corporativista:

“”Per esser chiari, i conservatori vengono pungolati e provocati fino al punto d’invocare la ‘legge marziale’, che sarebbe da tutti considerata totalitaria.

I conservatori, gli unici forti difensori delle libertà civili … che usano la soppressione militare abbandonando la Carta dei Diritti per mantenere il potere politico?

Sarebbe un sogno che si avvera per i globalisti.

E, nonostante la fede della gente in Trump, ci sono troppe élite bancarie e globalisti all’interno del suo Gabinetto per garantire che questo potere non venga in seguito usato o abusato contro di noi””.

Niente farebbe più piacere a Klaus Schwab e alla “Gente di Davos” che farci diventare come loro — disposti a usare la violenza per spingere persone altrimenti umili e rispettabili a ripudiare la loro inerente mitezza, l’intrinseco desiderio di perseguire il loro benessere concedendo a tutti gli altri la stessa cortesia.

Ma il sinistrismo, per come viene praticato oggi, è aggressivo. È rapace.

Si basa sull’idea che niente possa esistere al di fuori del risultato che vuole imporre … per evitare che qualcuno possa vedere l’incubo che il suo mondo è nella realtà.

Tuttavia, la secessione non solo non è un’opzione, ma è anche espressamente vietata.

Ho sostenuto, infatti, che è la violenza e non la secessione il solo sbocco possibile dell’attuale divisione politica [https://tomluongo.me/2020/12/05/argentina-first-to-fall-to-opposition-to-great-reset-whos-next/].

Brandon usa la situazione della Germania negli anni Venti e Trenta come guida storica.

In breve, il fascismo è sorto per far fronte alla violenza dei comunisti, con la vecchia élite capitalista che forniva i mezzi per il conflitto.

Il parallelo con il giorno d’oggi è impressionante.

Nel numero di novembre di Gold Goats ‘n Guns ho paragonato la crescente frustrazione della destra americana a quella della “Jihad dei Fremen” nel classico “Dune” di Frank Herbert:

“”Quando emarginate le decine di milioni di persone che producono i beni che sostengono la vostra falsa realtà, quando togliete loro la possibilità di far sentire la propria voce, quando le insultate, le rimproverate, le aggredite e le picchiate … allora ne pagherete le conseguenze, quando quella folla dormiente si sveglierà.

Questa non è una minaccia o un’aperta lettera di sfida. È solo la constatazione di quello che, dopo, finisce sempre con l’arrivare.

Queste persone sanno di essere state ingannate, sanno che i loro figli sono stati spiritualmente separati da loro.

L’elezione è stata uno scherzo crudele fatto allo scopo di farci sentire il loro potere assoluto. Si può vederlo ogni giorno su Twitter.

Quello che verrà dopo non sarà altro che una “jihad fremenesca” da parte degli oltre 70 milioni di persone che hanno votato per Donald Trump.

Se il Presidente dimostrerà i sistematici brogli elettorali, questo fatto alimenterebbe una rabbia bollente che sfocerà in una frenesia quasi religiosa””.

Perché, queste, sono persone che credono ancora nella mitologia dell’America e sono molto suscettibili sull’argomento — un qualcosa per cui vale la pena di lottare.

Brandon Smith, tuttavia, fa un’osservazione più sottile, con la quale tendo ad essere d’accordo.

E cioè che la secessione è sempre un’opzione migliore rispetto alla violenza preconfezionata che gli oligarchi sembrano preparare per noi.

Per ampliare il punto di vista di Brandon, voglio mettere in discussione i precetti della mitologia americana nella speranza di poter evitare la guerra di religione che si sta preparando.

Sono due le guerre che portano la maggior parte del peso di questa mitologia: la Rivoluzione Americana e la Guerra Civile Americana.

La prima è la “guerra buona” ed è il fondamento della mitologia.

Conosciamo bene la narrazione: i coraggiosi coloni combatterono una guerra d’indipendenza, una guerra di secessione dagli inglesi malvagi.

Quella guerra ha portato alla “luce” dei Padri Fondatori, alla Dichiarazione d’Indipendenza e a tutta la simbologia della nostra comune identità americana.

Quella mitologia, per quanto semplicistica, conteneva una verità fondamentale: ci sono alcune cose per cui vale la pena lottare.

Ma l’America del 1770 era davvero un luogo così estremo?

La guerra era l’unico risultato pratico, o il sogno di uomini la cui tolleranza per la tirannia era molto meno forte della norma?

In altre parole, dopo dieci o vent’anni l’America avrebbe potuto secedere in modo più pacifico?

Vista in questo modo, fu una guerra di secessione che gli inglesi e le colonie non dovevano combattere.

Poteva esserci un’equa via d’uscita dal conflitto.

Ma le colonie scelsero la guerra tanto quanto la Corona Britannica, se vogliamo essere onesti con noi stessi.

La guerra civile, invece, dovrebbe essere quella “cattiva”. E, dal punto di vista mitologico, lo è davvero.

Quella di Lincoln può essere definita come una guerra per impedire la secessione, analoga a quella che la Corona ha combattuto per impedire la secessione delle colonie.

La mitologia afferma che questa è stata la guerra che abbiamo dovuto combattere per impedire la sopravvivenza della schiavitù nel XX secolo.

Ma, lo è stata davvero?

La schiavitù è stata una linea di demarcazione per alimentare le passioni, ma il fattore decisivo fu la “Tariff of Abomination” [https://history.house.gov/Historical-Highlights/1800-1850/The-Tariff-of-Abominations/].

Di nuovo, se vogliamo essere onesti con noi stessi, non fu forse la guerra di Lincoln a tradire gli ideali della Rivoluzione Americana — ovvero il tradimento del patto tra Stati sovrani?

Oggi, non stiamo forse raccogliendo il turbine di quella guerra, con una Corte Suprema che ignora le dispute fra Stati perché nessuno dei Giudici, nemmeno Thomas e Alito, crede più nel patto di eguaglianza?

Ricordate, il Sud era più che disposto ad andarsene in pace.

Tutte le ragioni di Lincoln per combattere quella guerra potevano essere appianate in modo equo, da gentiluomini, piuttosto che attraverso il massacro di 600.000 americani.

Ma, dalla mitologia, traiamo che Lincoln sia stato il Grande Unificatore e Buchanan, il suo predecessore, il peggior Presidente della storia, semplicemente perché rifiutò di salvare le Banche Ferroviarie nel 1857 o d’impedire la secessione del Sud nel 1860.

E se la mitologia dell’America di oggi ci avesse fatto tornare a quelle due guerre?

E se tutti i conservatori che oggi piangono per la Costituzione, come conseguenza di una Corte Suprema incapace e di un Congresso pieno di traditori, stessero sbagliando tutto?

E se l’America che oggi piange la sua morte fosse già morta nel 1865 e non nel 2020?

Vale ancora la pena di combattere una sanguinosa guerra civile per quest’America?

Perché questo è ciò che la folla di Davos sta osando pur di abbattere Donald Trump.

E se la risposta migliore fosse quella di fare quello che il Sud cercò invano?

Semplicemente andarsene e dire: “Basta”.

Perché combattere una sanguinosa guerra “tutti contro tutti”, imbracciare i fucili per fermare i comunisti, è sempre l’opzione sbagliata.

La secessione è sempre un’opzione.

Rigettare gli impulsi iper-collettivisti della polarizzazione interna/esterna del gruppo è sempre la scelta giusta.

Vogliono che si sia noi a dare il primo pugno, che si sia noi a sferrare il primo colpo, che si sia noi a sparare per primi … per giustificare la brutalità della loro risposta.

Ma, come ho detto sopra, oggi a lagnarsi sono gli Stati che producono la ricchezza, quelli dove si coltiva il cibo, si genera elettricità, si producono le merci e le persone non cagano per le strade.

Le file per il cibo possono anche essere lunghe, in Texas, ma c’è ancora del cibo da distribuire.

L’equilibrio del potere negli Stati Uniti di oggi, in termini reali, è l’opposto di quello che esisteva nel 1860.

L’America post-Trump sarebbe molto diversa da quella pre-Lincoln.

Per questo motivo e per il fatto che le persone che hanno compiuto questo grande “colpo di stato” sono tra i leader più insignificanti nella storia del Paese, il potenziale per una secessione di successo è molto più alto di quanto lo fosse per la Confederazione.

Brandon Smith ha ragione quando afferma che i Democratici invocano la Confederazione per far vergognare i conservatori, per definirli razzisti, anche se questo conflitto è separato da oltre 150 anni di storia.

Ecco il perché dell’assalto a tutto campo alla storia della guerra, imbrattandola di qualsiasi sfumatura.

Il loro è un virus mentale che va oltre la capacità di controllo dell’oligarchia.

Ed è davvero meglio scappare da queste persone.

Meglio lasciarli sprofondare nella loro stessa fogna, nelle loro tane di coniglio ideologiche, tenendo aperte le linee del commercio, ovviamente, se avessero qualcosa che varrebbe la pena acquistare.

Presto si rivolteranno contro sé stessi.

Cresciuto come yankee e maturato come sudista, ho visto questa discesa della mitologia americana da entrambe le prospettive.

L’undicenne di allora sapeva che questo giorno sarebbe arrivato.

La mitologia dell’America è proprio questo, “mitologia”, che vale la pena usare come base per una nuova storia piuttosto che restare incatenati, fissando l’Abisso e disperandoci per ciò che è andato perduto.

New York era un sogno, non una stella fissa nel cielo notturno.

Dio non ha messo il suo dito sull’Empire State Building per fargli girare il mondo attorno.

Perché il Texas è in ogni caso un contrappeso troppo grande e la California è a un giorno di distanza dal “Big One” che lo toglierà dalla nostra memoria.

*****

Link originale. https://tomluongo.me/2020/12/22/end-american-myth-secession-not-revolution/

Scelto e tradotto da Franco

*****

Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

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