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Home » Come un elefante in una cristalleria

Come un elefante in una cristalleria

Franco Leaf by Franco Leaf
2 Agosto 2021
in Generale
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Peter Rough per National Review

Se avete passato la scorsa settimana nascondendovi in una grotta, o guardando i telegiornali della CNN, potreste non sapere che i rappresentanti del Bahrein, degli Emirati Arabi Uniti e d’Israele hanno firmato gli storici “Accordi di Abramo” sul prato-sud della Casa Bianca.

Mentre lo facevano erano sommersi dalla palese soddisfazione del Presidente Donald Trump, che ha forgiato la grande svolta dopo aver infranto il taboo dei “processi di pace” in Medio Oriente.

Trump, muovendosi come un elefante in una cristalleria, è riuscito dove i suoi predecessori hanno fallito, con un approccio non convenzionale.

Gli alleati statunitensi diventano più forti quando sono esposti agli effetti rinvigorenti di un potere esterno!

Per questo Accordo si è guadagnato una nomination al  “Nobel per la Pace”.

“Lasciate che sia qualcun altro a combattere per questa sabbia macchiata di sangue”, disse il Presidente Trump lo scorso ottobre, parafrasando Peter O’Toole in “Lawrence d’Arabia”.

Gli arabi del Golfo, temendo chi potesse essere quel “qualcun altro”, hanno preso la palla al balzo e si sono premuniti dal ritiro americano alleandosi con il più forte attore regionale, per fortificare la coalizione contro l’Iran.

La solidarietà verso i palestinesi è quindi svanita davanti al fascino militare e tecnologico d’Israele.

Che questo sviluppo fosse inimmaginabile anche solo quattro anni fa lo rende ancor più memorabile.

Quindi, non si può biasimare il Presidente Trump per aver usato verso l’Europa la stessa logica che gli ha fatto “guadagnare gli allori” dei nostri alleati in Medio Oriente.

Purtroppo, sia per la sua Amministrazione che per la causa della stabilità transatlantica, le realtà strategiche dell’Europa si stanno rivelando più difficili da cambiare rispetto a quelle del Medio Oriente.

La sua strategia non è ostacolata dalla resistenza della “cristalleria europea”, ma dalle ambizioni concorrenti di un altro elefante, il Presidente francese Emmanuel Macron.

A differenza del Medio Oriente, dove gli “Accordi di Abramo” hanno riunito gli alleati americani sotto la guida di Washington, Macron immagina un’architettura europea più libera dall’influenza americana.

Così, i tentativi di Trump d’imporre anche in Europa la sua strategia — stretta fra i sentimenti contrastanti sulla difesa collettiva e il parziale ritiro dalla Germania — hanno dato a Macron la possibilità di perseguire la propria visione.

Simbolicamente, nel maggio del 2017 Macron celebrò la sua elezione facendo suonare l’inno dell’Unione Europea e affiancando alle proprie bandiere quelle dell’UE.

Da allora, ha cercato di portare avanti la visione della cosiddetta “autonomia strategica europea”, cercando di mettere il potere economico tedesco al servizio della leadership strategica francese nell’UE.

Paradossalmente, la fuoriuscita del Regno Unito dall’UE ha portato relativamente poco dolore a Macron, perché ha allontanato un forte avversario della sua visione di autonomia continentale.

Resta quindi la NATO come ostacolo più grande ai suoi progetti.

Non sorprende che solo lui, tra i leader europei, abbia regolarmente criticato l’Alleanza, diagnosticandone la “morte cerebrale” lo scorso novembre.

La visione sprezzante che Trump ha dell’Europa Occidentale è un punto centrale nelle argomentazioni di Macron … ma il leader francese non può sfidare apertamente gli Stati Uniti, àncora dell’Occidente, e sperare di avere successo.

Ha invece cercato d’indebolire l’influenza americana contrastando la Turchia in sua vece.

Macron suona regolarmente la tromba sulle trasgressioni della Turchia anche per mandare un messaggio all’Europa: … la NATO è un’alleanza inaffidabile, meglio costruire un’alternativa all’interno dell’UE.

A questo scopo, nei mesi a venire cercherà di tener vive le tensioni tra Francia e Turchia.

Un’Europa autonoma senza la guida di Washington, tuttavia, andrebbe alla deriva … indecisa su tutto e comunque soggetta alla disgregazione, sotto la spinta di una Russia revanscista e di una Cina emergente.

Inoltre, la Francia non è in grado di eguagliare gli Stati Uniti come “garante della sicurezza” del Continente, soprattutto verso quei Paesi in prima linea che la Russia minaccia e la Cina corteggia.

Tuttavia, la Francia è abbastanza potente da lanciare iniziative scoordinate, come si è visto nel Mediterraneo Orientale, che mettono a dura prova la coesione della Nato.

I grandi investimenti del Presidente Trump nell’Europa dell’Est hanno impedito alla visione di Macron di dare frutti immediati.

Quegli europei non vedono alcuna alternativa a un’architettura di difesa guidata dagli americani.

Ma, se l’Amministrazione Trump vuole stringere i singoli partner in un quadro definito di alleanze (dal Medio Oriente all’Europa), allora dev’essere vigile sulla NATO per evitare che Macron la spacchi in due.

L’Occidente è nella fase iniziale di una lunga competizione con la Cina e la Russia.

Un po’ di propaganda può anche essere utile a una riflessione di carattere generale, ma ora è il momento della solidarietà transatlantica, non della divisione.

*****

Link Orginale: https://www.nationalreview.com/2020/09/the-bull-in-europes-china-shop/

Scelto e tradotto da Franco

*****

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Questo sito nasce dall’esigenza di poter condividere analisi e strumenti di analisi indipendenti senza alcuna affiliazione politica o di sodalizio in ambito economico o, utilizzando una aggregazione precedente, sociologico. crediamo infatti che la libertà di analisi e di critica – solo se costruttiva – deve restare la base di ogni contraddittorio pubblico, sempre in buona fede. L’ambito vuole essere economico, con lo scopo di di analizzare la società con un metro appunto di valorizzazione economica e/o sociologica.

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