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Home » Perché le possibilità di una forte ripresa economica sono più scarse in Europa che negli Stati Uniti

Perché le possibilità di una forte ripresa economica sono più scarse in Europa che negli Stati Uniti

Franco Leaf by Franco Leaf
5 Agosto 2021
in Generale
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Dalibor Rohac per National Review

Anche prima della presidenza di Donald Trump, gli Stati Uniti raramente venivano citati come modello di buon governo.

Dalla cronica polarizzazione allo stallo politico, dall’indebolimento del ramo legislativo all’orribile bilancio delle vittime della pandemia, non mancano motivi di pessimismo nei confronti dell’America.

Tuttavia, un Governo Federale che possa comunque intervenire in tempo reale è senz’altro preferibile a nessun governo.

Basti pensare all’acredine mostrata nel recente vertice UE a Bruxelles, che martedì mattina ha finalmente partorito un modesto “pacchetto di ripresa” e un altrettanto modesto “budget comunitario” per il periodo 2021-2028.

Nonostante la partigianeria che lo caratterizza, a marzo il nostro Congresso ha approvato quasi all’unanimità il “Coronavirus Aid Relief and Economic Security Act” (CARES)!

Da allora, l’economia statunitense è stata sostenuta da un pacchetto di 2.200 miliardi di dollari, di cui 300 in pagamenti una-tantum destinati alla maggior parte degli americani, e 669 per il “Paycheck Protection Program”.

Inoltre, questo sollievo di breve termine è stato integrato dall’imponente iniezione di liquidità da parte della Fed, pari a diversi trilioni di dollari.

Le economie europee, nel frattempo, venivano lasciate a far fronte da sole agli effetti economici del Covid-19.

Alcune avevano la potenza di fuoco necessaria a sostenere le imprese in difficoltà e a evitare i licenziamenti, ma altre non ne erano provviste.

Il rapporto debito/Pil dell’Italia era superiore al 130pc anche prima che la crisi la colpisse.

In base all’accordo raggiunto lunedì sera, a partire dal prossimo gennaio l’UE fornirà un’ulteriore assistenza di 750 miliardi di euro ai paesi in difficoltà, finanziata in parte dall’emissione di debito comune.

Vista la reticenza di Paesi come la Germania a muoversi verso una vera e propria Unione Fiscale, l’accordo è stato salutato come una svolta storica.

I paesi dell’UE in difficoltà finanziaria, in ogni caso, potevano già accedere a finanziamenti a basso costo attraverso il MES — ma aggiungere ulteriori debiti allo stock esistente avrebbe potuto scatenare il panico finanziario.

Il pacchetto, comunque, potrebbe essere abbastanza buono da permettere all’Europa di cavarsela. Staremo a vedere.

Tuttavia, le prospettive di ripresa del Continente sono estremamente fragili, se si considera che una Sentenza della “Corte Costituzionale Federale Tedesca”, a maggio, aveva sollevato forti dubbi sui programmi di QE della BCE.

Se la CARES non venisse prorogata entro la fine di luglio — e se le serrate diventassero inevitabili anche in autunno — un altro analogo pacchetto sarebbe quasi certamente approvato negli Stati Uniti.

Ma è opinione comune che sarà possibile espandere ulteriormente il “pacchetto di aiuti” dell’UE — condizionato, però, dall’appoggio seppur riluttante degli Stati-membri in buona salute fiscale.

Ma, se anche l’opposizione di questi Governi fosse superata e l’espansione andasse avanti, la recrudescenza dell’euroscetticismo fra i loro cittadini sarebbe irrefrenabile.

In entrambi i casi si toccherebbe con mano lo stesso problema di fondo: la divergenza d’interessi fra gli Stati-membri dell’U.

Gli Stati Uniti possono anche essere politicamente polarizzati, ma agli americani non manca la consapevolezza di fondo che siamo parte di una stessa nazione.

In Europa, qualunque sia l’argomento in discussione, è probabile che i cittadini e i governi dei Paesi Mediterranei, dei “Paesi frugali”  e della regione di Visegrad abbiano opinioni molto diverse fra loro.

Visto che si basa sul consenso intergovernativo, l’UE non può fare molto di più che prendere decisioni all’ultimo minuto, preda del panico per la situazione di crisi.

Paradossalmente, la possibilità dei Paesi UE di fare da soli, invece che seguire la guida di Bruxelles, è stato un fattore che, seppur poco notato, ha permesso all’Europa di avere più successo degli Stati Uniti nella lotta contro il Coronavirus.

La maggior parte dei paesi UE ha chiuso le frontiere nei primi giorni della pandemia, sospendendo di fatto gli accordi di Schengen.

Anche se queste chiusure sono state nella maggior parte dei casi unilaterali (ma c’era davvero poco da fare nell’ambito del Diritto UE), sembra che abbiano avuto un qualche ruolo nel rallentare la diffusione della malattia.

Tuttavia, è impensabile che gli Stati Uniti applichino simili restrizioni agli spostamenti degli americani, nonostante gli sforzi dei Governatori per indurre le persone che arrivano da Stati molto colpiti ad autoisolarsi.

In questo caso particolare gli europei sono stati serviti bene dal fatto che l’UE non sia una vera e propria Federazione.

Bruxelles non poteva limitare il potere degli Stati-membri di chiudere unilateralmente le frontiere.

Ma le rigidità del mercato continentale, l’assenza di efficaci strutture federali e di una condivisa visione politica sono vere e proprie iatture in tempi di così gravi difficoltà economiche.

Quindi, nonostante la risposta un po’ pasticciata dell’Amministrazione Trump e di molti Governi Statali, non dovremmo sorprenderci se il Covid-19 finirà con l’avere un impatto più devastante in Europa che negli Stati Uniti, sul lungo termine.

*****

Link originale: https://www.nationalreview.com/2020/07/coronavirus-pandemic-european-union-structure-will-hamper-economic-recovery/

Scelto e tradotto da Franco

*****

Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun visibile contrassegno di copyright). In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

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