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Home » Il “conservatorismo-progressista” di Trump

Il “conservatorismo-progressista” di Trump

Franco Leaf by Franco Leaf
5 Agosto 2021
in Generale
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F.H. Buckley per The American Conservative (sintesi)

Gli insignificanti “Never Trump” pensano che quando il Presidente lascerà la scena il GOP debba tornare ad essere il “vecchio partito di sfigati”: “Siamo noi i portatori delle idee repubblicane. Abbiamo il diritto di proprietà sul pensiero conservatore”.

Divisi al loro interno, l’unica cosa che li unisce è l’odio per Trump.

Sia a destra che a sinistra la politica americana è degenerata in una battaglia sulle persone e non sui principi.

Il che solleva la questione del dove “andremo a finire” quando Trump lascerà la scena.

La risposta arriverà solo quando accetteremo che i principi che hanno guidato la sua “campagna” debbano restare anche dopo di lui.

Insomma, che con Trump sia nato il “conservatorismo-progressista”.

Potrebbe sembrare un ossimoro, ma non lo è.

Edmund Burke avrebbe riconosciuto la necessità di perseguire politiche che guardino al futuro, ma conservando ciò che abbiamo imparato dal passato.

Così come Disraeli e, ovviamente, T.R. Roosevelt.

Fu così che nel 2016 la “campagna di Trump” decifrò il “codice elettorale” americano.

Prima di lui l’establishment repubblicano concepiva la politica lungo l’asse economico destra-sinistra — e il suo obiettivo era quello di occupare ogni casella a destra.

Ma Trump ha dimostrato che c’è in giro molto più di quanto un singolo asse economico possa catturare.

In una società di “linee di separazione” ce ne sono diverse … gli elettori possono essere divisi in base alle loro opinioni su una varietà di altre questioni: “senza classe” contro “società di classe”, “onestà” contro “corruzione”, “nazionalismo” contro “globalismo”.

Mettendo assieme tutti questi concetti, la nostra politica può quindi essere rappresentata lungo due assi, “economico” e “non-economico”.

Questi dividono gli elettori su quattro quadranti. Quello più consistente è economicamente di sinistra e socialmente di destra.

Questa massa di elettori, nel 2016, sono andati tre a uno verso Trump.

Tuttavia, il primo mandato di Trump può essere considerato una sorta di “rivoluzione incompiuta”.

La sua agenda è stata bloccata da una serie di accuse infondate e da un Congresso Repubblicano che ancora oggi non ha capito perché gli “americani dimenticati” lo abbiano sostenuto.

Ma i problemi non sono scomparsi e continueranno a definire la politica presidenziale americana, sia nel 2021 che nel dopo-Trump.

Questi sono:

— difesa del “sogno americano” (l’idea di un Paese in cui chiunque tu sia, ovunque tu viva, puoi comunque tirare avanti e sperare che i tuoi figli possano vivere meglio di te);

— attacco alla corruzione pubblica;

— nazionalismo americano.

Il “sogno americano”

Abbiamo sempre immaginato che l’America fosse il luogo dove tutti possono far carriera, il luogo dove “ad ogni uomo sarà garantita la possibilità di mostrare il meglio che c’è in lui”, per dirla con le parole di T.R. Roosevelt.

Barak Obama aveva consegnato il Paese alla “stagnazione economica”, seguita da una “ripresa senza lavoro”.

Tuttavia, seppe trasmettere agli elettori la sensazione che egli fosse dalla loro parte.

Al contrario, Romney si presentò come un capo in procinto di consegnarvi il “foglio rosa”.

La questione ebbe una profonda eco tra gli americani. La gente cominciò a pensare che eravamo immobili e disuguali.

I sondaggi mostravano che per gli elettori il “sogno americano” fosse una cosa del passato.

Rivelavano questo disagio a chiunque fosse disposto ad ascoltarli. Ma il vecchio Partito Repubblicano faceva finta di niente.

In un plotone d’esecuzione, in effetti, solo il condannato a morte non sente il rumore degli spari.

Ma, nel 2016, Trump si appropriò di queste rivendicazioni e vinse.

Un Partito Repubblicano che volesse ripetersi dovrà far propri i problemi della disuguaglianza e dell’immobilità sociale, dicendo agli elettori che sono state le politiche dei Democratici ad aver lasciato indietro milioni di americani.  

Corruzione

Quando Trump disse che avrebbe “prosciugato la palude”, tutti capimmo cosa intendesse dire.

Non erano solo i Clinton ad essere stati eticamente sfidati, ma anche “i politici che si preoccupavano solo dei propri interessi”, i lobbisti che sapevano come inserire la “scappatoia perfetta” in ogni Disegno di Legge, l’industria finanziaria che sapeva benissimo come fare cartello.

Fra gli addetti ai lavori c’erano anche i dirigenti dei media, i conduttori e i giornalisti di Washington, Los Angeles e New York City che facevano parte dello stesso fallito status-quo — e che oggi non vogliono che qualcosa cambi.

Prima di Trump, i Repubblicani avevano ceduto la questione della “corruzione” ai Democratici.

Elizabeth Warren basò su questo la sua campagna elettorale, spingendo i progressisti fra le braccia dei Democratici.

Il Partito di Trump dev’essere sia “progressista” che “conservatore”, deve strappare la questione dalle mani dei Democratici ricordando agli elettori che sono loro il “partito della corruzione”.

L’Amministrazione Trump si è trovata per le note vicende a non poter affrontare la questione nel modo dovuto, dando l’impressione di averla abbandonata quando ha licenziato gli Ispettori Generali.

Ma, nel prossimo mandato e nel dopo Trump, il Partito Repubblicano deve affrontare la questione chiudendo la porta girevole fra il Congresso e K-Street, mettendo in atto severe misure di riforma delle lobby.

Il “conservatorismo-progressista” dovrà riprendere l’appello di Roosevelt per liberare il nostro Governo “dall’influenza e dal controllo di interessi particolari”.

Nazionalismo

Trump ha costantemente trasmesso il messaggio che non dobbiamo dividerci sulla base della razza o del sesso. E’ questo è il significato del nazionalismo americano.

In altri paesi, il nazionalismo si basa su una cultura o una religione comune. Non in America.

Ciò che ci rende “americani” sono i valori liberali che si trovano nella “Dichiarazione e nella Carta dei Diritti”. Il nazionalismo americano è di natura liberale.

Ma i Democratici hanno abbandonato la nostra eredità ed è per questo che si lamentano del razzismo e del sessismo di Trump.

Perversamente, cercano di far passare l’antirazzismo per razzismo.

E allora, se davvero vogliono scavare quella buca, meglio star fermi e guardare.

I Democratici non sembrano preoccuparsi del fatto che le loro politiche danneggino i lavoratori americani.

Al contrario, Trump ha abbracciato gli elettori che avevano perso il lavoro prendendo di mira il globalismo.

Nell’accettare la nomina del suo Partito, disse che: “… la differenza più importante tra il nostro piano e quello dei nostri avversari è che il nostro metterà l’America al primo posto. L’americanismo, non il globalismo, sarà il nostro credo”.

Il nazionalismo ha una forza gravitazionale che sulle politiche del welfare tira a sinistra — ed è per questo che l’agenda di Trump è sia nazionalistica che progressista.

Non tutti se ne sono accorti, ma il nazionalismo ha assunto due forme molto diverse.

Quello verticale desidera la gloria del proprio paese, la sua preminenza sugli altri.

Il nazionalismo orizzontale, invece, poggia sul senso di fratellanza dei concittadini.

Questo, a sua volta, implica politiche di libero mercato che creino le condizioni economiche perché si generi lavoro, così come una generosa rete di “sicurezza sociale”.

Storicamente, i Repubblicani sono stati il Partito del “nazionalismo verticale” e i Democratici il Partito del “nazionalismo orizzontale”.

Ciò che è stato notevole nella vittoria repubblicana del 2016 è che, forse per la prima volta, un Candidato alla Presidenza ha corso su una piattaforma che ha unito i due filoni del nazionalismo.

Se la creazione di posti di lavoro rende “progressista” un “conservatore-progressista”, ciò che lo rende  “conservatore” è il pensiero che il Governo debba reprimere le rivolte anche con l’uso della forza, che la Polizia debba essere sostenuta e che niente di buono possa nascere dall’anarchia.

Un “conservatore-progressista” pensa che non si debba cadere nel buonismo … ma anche che la rabbia (seppur a volte giustificata) serva troppo spesso come scusa per usare violenza.

Queste idee devono restare anche dopo Trump. Il “conservatorismo-progressista” dovrà necessariamente informare le politiche di un Partito Repubblicano di successo. 

*****

Link Originale: https://www.theamericanconservative.com/articles/why-not-progressive-conservatism/

Scelto e tradotto da Franco

*****

Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun visibile contrassegno di copyright). In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

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