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Home » L’economia italiana ed EU post elezioni EUropee: e se ci aspettasse una profonda recessione? E se si nascondessero dati economici “troppo” negativi per evitare un voto di protesta? Ossia un futuro governo tecnico?

L’economia italiana ed EU post elezioni EUropee: e se ci aspettasse una profonda recessione? E se si nascondessero dati economici “troppo” negativi per evitare un voto di protesta? Ossia un futuro governo tecnico?

mittdolcino by mittdolcino
14 Marzo 2022
in Crisi del globalismo
- Leggere Disclaimer in fondo pagina
Nonostante gli sforzi, il deficit commerciale USA resta altissimo,  arricchendo gli esportatori seriali ed impoverendo gli USA: sembra arrivato il momento di fare qualcosa di concreto (verso una New Yalta)
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Da ingegnere prendo di norma gli economisti con le molle, visto che troppo spesso spiegano bene le cose solo “ex post”. Con una notabile eccezione, che poi è il mio macro-economista di fiducia: Fedele De Novellis di Ref *, un importante think tank di Milano che ho potuto apprezzare in vite passate. Il vantaggio di Fedele è di essere indipendente, oltre che persona squisita, che sa spiegare la direzione dell’economia senza bias. Con grande competenza e spirito di ascolto (vedasi LINK ad un suo interessante studio, recente).

Recentemente ho avuto indicazioni di attenzione da alcuni fondi londinesi, per cui ho deciso ieri di confrontarmi sulle previsioni economiche nazionali ed EU. Chi mi legge sa che – abbastanza incredibilmente – siamo stati tra i pochissimi a prevedere la di fatto recessione, diciamo crescita zero, a fine 2018. La nostra “call” era di febbraio 2018 (vedasi LINK).

Oggi ci troviamo a fare un’altra previsione fuori dal coro: stimiamo che la crescita economica italiana ed EUropea core a fine 2019 possa approssimarsi ad un pesante negativo, diciamo -1% o giù di lì per semplificare (Olanda esclusa). I motivi sono tecnici, con alcune estrapolazioni per valutare gli effetti macro degli eventi globali in corso (guerra commerciale aperta Cina-USA, dazi, inflazione in salita, soprattutto in Germania e prospetticamente anche in Cina, passando per una iniziale deflazione da eccesso di offerta, …).

Proponiamo di seguito una spiegazione, in pillole. Come vedete la crescita economica globale oltre che nell’EU è asfittica a livello globale, a partire dal commercio (primo fattore).

Il motivo è il rallentamento delle maggiori economie, dopo 11 anni di crescita ininterrotta, dal 2008. Va infatti ricordato come mediamente da inizio 1900 la durata media tra due grosse crisi finanziare è di 11 anni, dunque casca quest’anno (secondo fattore). Da ciò deriva anche la debolezza di alcuni soft data, fiducia e servizi (terzo fattore).

Senza contare che un crollo delle vendita ossia della produzione di auto sta alla base della recessione globale in preparazione (probabile), tenendo ben presente che il nord Italia è il principale terzista dei produttori auto tedeschi oggi in crisi sempre più conclamata. Senza ombra di dubbio i consumi ridotti di nuove auto sono ascrivibili alle incertezze sulle nuove auto elettriche, che restano a livello termodinamico, con le tecnologie attuali, una truffa di dimensioni ciclopiche, quanto meno in termini di mancata riduzione della CO2 grazie a tali nuovi veicoli elettrici unitamente all’enorme costo di sostituzione imposto per via legislativa alla popolazione, già stressata dalla crisi economica (ad es. le auto Euro4 a breve saranno abusive nei centri urbani con oltre 30’000 abitanti, ndr) .

 

 

Il quarto fattore è l’instabilità indotta ai commerci ad arte dagli USA che, da dopo la firma dell’accordo di Palermo sulla Via della Seta, hanno deciso di “agire sul campo”, visto che portare l’Italia a firmare con Pechino un accordo strategico significa che l’Impero USA è davvero in pericolo (ossia la firma italiana rischia di scatenare la terza guerra mondiale, speriamo solo commerciale). [Trump ha recentemente affermato che con lui al potere la Cina non sarà ai una superpotenza].

Il quinto ed ultimo fattore sta nel seeding inflattivo – nell’interesse USA, che ha un debito pari ad oltre il 100% del PIL, parlo di un PIL smisurato, il primo del mondo – derivante dal petrolio espresso in euro: si noti che che la crescita globale di produzione di petrolio deriva dalla crescita di offerta USA, che durerà al massimo fino al 2022-23. Ossia, per evitare di essere colpiti da una scarsità petrolifera globale gli USA devono innescare inflazione all’estero ora (…).

Chiaramente la Cina, colpita da un eventuale onda deflattiva conseguenze ai dazi ed alle tensioni USA, in tale caso passerebbe velocemente da un ambito deflattivo ad uno ossia inflattivo, da un eccesso di produzione ad una scarsità di materie prime ad esempio, di cui è il primo importatore mondiale (…). Il grand-piano USA sta tutto qui ed ormai i satelliti sembrano essere allineati.

La Cina è il paese più “sensibile” al commercio globale, soprattutto in termini di contrazione visto che deve dare da mangiare a 1.4 miliardi di persone…

 

Voi direte, ma cosa c’entra con l’Italia tutto questo? Diciamo che nessuno è in grado di comprendere le implicazioni di tale grand-piano, una prima assoluta post 1934. Possiamo solo stimare che nel caso ci sarà un forte effetto recessivo sulla Germania visto che Pechino è legata a filo doppio con Berlino, a livello di interessi economici. Sull’Italia il giudizio è invece sospeso. Di una cosa però siamo ragionevolmente sicuri: se come conseguenza della probabile esplosione del rapporto debito/PIL italiano – frutto di una eventuale recessione là da venire – dovesse nascere la “necessità euroimposta” di una pesante imposta patrimoniale sugli immobili (molto probabile), visto che il residuo di salita del PIL italiano degli ultimi mesi è stata dovuta alle costruzioni (vedasi grafico sopra), l’economia italiana rischia davvero di implodere.

All in all i rischi di discesa del PIL a fine anno sembrano molto maggiori di quelli che implicano una stabilità della view attuale. Resta il fatto che se un PIL verso -1% si concretizzerà – come noi riteniamo molto probabile – l’Italia vedrà esplodere il suo rapporto debito/PIL verso il 140%. Ossia verso il 160% se si considera solo il PIL ufficiale al denominatore, senza l’economia sommersa.

Da lì ad una mega imposta patrimoniale sulle famiglie pari anche al 25% dei risparmi privati sia nell’ordine delle cose, quanto meno se si decide di restare dentro la moneta unica.

In tutto questo ci sembra davvero impossibile che siamo solo noi e pochissimi altri ad evidenziare questi rischi: viene il dubbio che si stia attuando un filtro preventivo onde tenere la gente tranquilla, come il manzo che va al macello a suon di musica…

Salvini e la Lega – che da mesi non esprimono più i loro “pensieri economici”, in riguardo – dovrebbero iniziare a preoccuparsi: di non prendersi loro anche le colpe dei predecessori!

Mitt Dolcino


*Congiuntura.ref, direttore Fedele De Novellis, Anno XXVI, numero 9 (grafici tratti da tale studio).

*****

Le immagini, i tweet e i filmati (i contenuti) pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.

 

 

 

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