Redazione: quello che sta succedendo fra Stati Uniti ed Europa non è una sorpresa per i lettori di questo blog. Avevamo già scritto che, come conseguenza delle vicende afgane, ci sarebbe stato il rilancio del vecchio Quad (alleanza fra USA/India/Giappone/Australia), cui ora si è aggiunto l’AUKUS.
Sorprende che l’UE stia piangendo sulla sua marginalizzazione. Il fulcro della competizione globale è la regione indo-pacifica e, in questo senso, quante portaerei, quanti sommergibili i Paesi Europei possono schierare nelle acque di quegli oceani?
Inoltre, sul contratto miliardario fatto “saltare” ai francesi, dubbi e proteste c’erano sempre stati in Australia. Chi volesse, può leggere proficuamente questo pezzo o anche quest’altro, entrambi di Global Research.
Ma un segnale (e molto pesante) c’era già stato quest’estate, quando la gara per un’imponente fornitura (28 miliardi di euro) di Fregate all’Australia, era stata incredibilmente vinta dai britannici, le cui navi sono sollo sulla carta, ovvero in fase di mera progettazione — nonostante le italiane FREMM fossero nettamente in pole-position per qualità, prezzo, sperimentazione e condizioni di contorno.
Nell’occasione, nessuno in Italia ha protestato e, anzi, la recente “richiesta” statunitense di usare la base di Sigonella per inviare droni in Afghanistan è stata prontamente accettata.
L’articolo che oggi proponiamo parla della possibile (seppur relativa) indipendenza militare europea, sullo sfondo della creazione di una “Initial Entry Force” che gli americani vorrebbero concentrata sulle regioni che hanno abbandonato (dal Medio Oriente all’Africa e fino all’Ucraina) e che qualche ingenuo, invece, vorrebbe diventasse il nucleo di un’Unione Militare (sic).
“Vasto programma”, disse una volta De Gaulle …
Nel frattempo, qualcuno è tornato a parlarci (apoditticamente) di un’unione euro-asiatica da Valdivostock a Lisbona, altri di un’UE “quarto piede” del tavolo geostrategico mondiale mentre altri, invece, degli effetti di queste vicende sul Grande Reset di Davos (è saltato?).
Forse è un po’ presto per sbilanciarsi ma, da bravi cronisti, consigliamo ai lettori di allacciare le cinture di sicurezza. Forse, ce ne sarà bisogno.
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Andrew Korybko per One World Press (sintesi)
Le “grandi mosse” americane
I tre grandi eventi del mese scorso influenzeranno pesantemente la “politica di sicurezza” dell’UE:
a) il drammatico ritiro dell’Occidente dall’Afghanistan,
b) la formazione dell’alleanza militare AUKUS fra Stati Uniti, Australia e Regno Unito,
c) il ritiro dei sistemi missilistici Patriot dall’Arabia Saudita.
Il primo ha indotto i Leader dell’UE a proporre la creazione della “Initial Entry Force” (IEF) composta da 5.000 militari, che possa agire in situazioni di crisi come quella recente in Afghanistan.
Il secondo ha evidenziato che gli Stati Uniti sono disponibili a stringere accordi segreti alle spalle del loro “alleato europeo”, senza preoccuparsi di pugnalare alle spalle uno dei suoi membri più influenti (Francia), sottraendogli un imponente contratto con l’Australia per la costruzione di sommergibili.
Il terzo ha dimostrato che l’assistenza americana alla sicurezza dei suoi alleati non può più essere data per scontata.
Il fattore Cina
Ciò che lega questi tre eventi è l’ossessione degli Stati Uniti per il “contenimento” della Cina.
Per perseguire questo grande obiettivo strategico (e con un occhio alle risorse limitate su cui può contare) l’America non si fa troppi scrupoli a compromettere la sicurezza di alcuni dei suoi tradizionali alleati.
Questo spiega la decisione di ritirarsi dall’Afghanistan (nonostante le aspre critiche dei partner occidentali della coalizione) per dare priorità alla formazione di una nuova alleanza militare in Asia-Pacifico — abbandonando anche l’Arabia Saudita, nonostante i continui attacchi di droni e missili da parte dei ribelli Houthi dello Yemen.
Gli Stati Uniti, semplicemente, non possono operare su tutti e tre questi fronti con la stessa attenzione di prima, perché l’ordine mondiale unipolare sta svanendo, lasciando il posto a un modello multipolare nell’ambito del quale le capacità relative dell’America sono diminuite.
Questo è molto preoccupante per l’UE perché le sue politiche di sicurezza si basano sul presupposto che gli Stati Uniti le forniranno sempre un affidabile supporto militare attraverso l‘articolo 5 della NATO.
Nonostante l’America stia proclamando ai quattro venti che resterà fedele a quest’obbligo, a Bruxelles ci si chiede se Washington sia davvero sincera, alla luce dei tre eventi dell’ultimo mese.
Questi timori stanno influenzando il dibattito sulla graduale formulazione di una politica di sicurezza relativamente più indipendente in Europa.
Questo, naturalmente, è una prospettiva più facile a dirsi che a farsi per i colossali ostacoli logistici, politici e tecnici che sono coinvolti.
Ma è comunque una tendenza che merita di essere analizzata, anche se ci vorrà molto tempo prima che possa svilupparsi in modo tangibile.
Il problema della “difesa missilistica”
La “First Entry Force” è senz’altro un primo passo per soddisfare alcune delle più immediate esigenze di sicurezza previste dall’UE, ma il problema più grande è quello della “difesa missilistica”.
Finora, si presumeva che fosse assicurata dagli Stati Uniti, che hanno schierato missili in Europa per proteggerla dalle minacce provenienti dall’Iran e dalla Corea del Nord.
La Russia, però, ha sempre sostenuto che tale motivazione non fosse altro che una cortina fumogena: l’obiettivo reale era la riduzione della sua capacità nucleare “di secondo colpo”.
Mosca ha sempre sottolineato quanto sia improbabile che uno di quei due Paesi possa prendere di mira l’UE, ma anche gli Stati Uniti.
Sia come sia, due decenni d’incessante “guerra dell’informazione” hanno convinto quasi tutti i Leader UE che la “difesa missilistica” debba essere la principale preoccupazione per la sicurezza del Continente.
Di conseguenza, è diventata il “progetto di punta” della “politica di sicurezza” del blocco europeo, che è in corso di formulazione.
Nella loro mente, dopotutto, gli Stati Uniti sono diventati un partner troppo inaffidabile.
Il Presidente Joe Biden, in effetti, ha perseguito le strategie del suo predecessore, Donald Trump, per quanto riguarda l’Afghanistan e l’Australia — dimostrando che l’America non si preoccupa molto dei suoi alleati europei.
Nel confronto fra i due Presidenti, l’Arabia Saudita rappresenta l’eccezione visto che Trump era pienamente impegnato nella sua sicurezza, mentre Biden sta facendo marcia indietro, per perseguire presumibilmente un accordo regionale complessivo con i rivali iraniani del Regno Saudita.
L’importanza strategica del precedente saudita
Il caso saudita è davvero importante perché rafforza le preoccupazioni europee in relazione alle sue “difese missilistiche” — anche se i sistemi americani non sempre hanno funzionato a dovere.
Se la “difesa missilistica” deve diventare il “progetto di punta” per una “politica di sicurezza” relativamente più indipendente, allora i membri dell’UE dovranno impegnare enormi quantità di tempo e di denaro, perché le tecnologie europee sono molto arretrate.
Tuttavia, questa previsione potrebbe non scoraggiare i politici europei. Cinicamente parlando, gli ingenti investimenti potrebbero essere considerati come un qualcosa di positivo.
Ulteriori motivi
Se l’UE vuole essere unita, tutti i suoi membri dovranno impegnarsi nel progetto, che potrebbe migliorare in modo decisivo l’integrazione fra le burocrazie militari, diplomatiche e d’intelligence (il “deep state”).
Tutto sommato, questo progetto potrebbe pagare bene se l’UE migliorasse credibilmente le sue capacità tecnologiche diventando un esportatore-leader di questi sistemi.
Inoltre, gli investimenti potrebbero generare molti e ben pagati posti di lavoro per specialisti qualificati, che dovrebbero impegnarsi a fondo per apprendere i complessi dettagli della “difesa missilistica”, che è una scienza a tal punto delicata che nemmeno gli Stati Uniti sono stati in grado di perfezionarla, nonostante siano di decenni avanti all’UE.
Dal punto di vista strategico, qualsiasi mossa volta a garantire l’indipendenza dell’UE accelererebbe l’emersione di un Ordine Mondiale Multipolare, rafforzando le credenziali del Continente per diventare uno dei poli del nuovo sistema.
Allo stato attuale, la sovranità dell’UE è discutibile perché la maggior parte dei suoi membri è sottoposta al controllo degli americani — con la Francia che potrebbe essere l’unica eccezione (forse anche la Germania, per quanto riguarda il Nord Stream II).
Il condominio franco-tedesco potrebbe quindi diventare il “doppio nucleo” dei processi multipolari all’interno dell’UE, utilizzando l’obiettivo condiviso della “difesa missilistica” per farsi spazio nell’Unione.
Il problema polacco
Resta la preoccupazione che la Polonia (e l'”Iniziativa dei tre mari”) possa ostacolare quest’obiettivo, visto che il Paese è stato usato come un cuneo filo-americano per dividere l’UE fra parte orientale e occidentale.
L’inquietudine polacca, comunque, potrebbe essere mitigata dal fatto che l’America ha praticamente abbandonato il Paese.
Washington ha rinunciato alla maggior parte delle sanzioni relative al Nord Stream II senza informare Varsavia, continuando assieme alla Germania la guerra ibrida per spodestare il suo Governo nazionalista-conservatore.
Ma, se il partito al potere cadesse, come molti si aspettano, la Polonia verrebbe catturata dallo “stato profondo tedesco” che impedirebbe agli Stati Uniti di usarla di nuovo come un cuneo.
Questo suggerisce che la crociata ideologica di Biden contro la Polonia sia in realtà controproducente sul lungo termine, anche se gli strateghi americani non se ne sono ancora resi conto.
Il cosiddetto “problema polacco” potrebbe essere risolto anche senza cambio di regime, se Varsavia decidesse di liberarsi di Washington come partner primario per la sicurezza, dopo gli impegni pragmatici presi dall’alleato americano con Mosca.
Dal punto di vista della Polonia — e soprattutto del Partito al potere — Berlino non è certo migliore … ma Varsavia potrebbe scommettere sul fatto che sia meno rischioso dipendere dagli alleati regionali piuttosto che da quelli transatlantici.
Pensieri conclusivi
La tendenza generale è che l’UE si sia avviata con maggiore serietà in direzione di una “politica della sicurezza” (relativamente) più indipendente, dopo i tre eventi che hanno visto coinvolti gli Stati Uniti.
Sarà necessario molto tempo prima di raggiungere risultati tangibili, ma gli ingranaggi si son messi in movimento.
La IEF sarà probabilmente il risultato più immediato, mentre gli sforzi per realizzare i sistemi di “difesa missilistica” saranno più di lungo termine.
Guardando avanti, il percorso sarà lungo, difficile e costoso … ma l’UE potrebbe aver finalmente girato l’angolo psicologico in relazione alla propria sicurezza.
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Link: https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2227
Scelto e tradotto da Franco
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